Dazi Usa e auto, esportazioni e importazioni da Italia ed Europa con gli Stati Uniti

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“Ingiustificata”. Così il presidente Anfia Vavassori giudica l’eventuale tariffa doganale per l’automotive. La bilancia commerciale è decisamente positiva per il nostro Paese e per il Vecchio continente




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I numeri sono chiari ma non dicono tutto, anzi. La differenza tra esportazioni e importazioni fra Italia e Stati Uniti oppure fra Unione europea e Stati Uniti produce lo stesso risultato. Anche se i volumi sono differenti, in entrambi casi il valore delle merci che dal Vecchio continente oltrepassa l’Atlantico per finire negli States è superiore rispetto ai beni che fanno il percorso inverso. Ovvero, esportiamo più di quello che importiamo. Questo vale anche per l’automotive, sia per quanto riguarda i veicoli che i componenti. In tempi in cui non ci sono tensioni è una buona notizia. Tuttavia con la minaccia di Donald Trump di mettere dazi sulle merci provenienti dalla Ue può diventare un problema. “Ci vuole tanto pragmatismo e buon senso. Il momento è interessante” dice Roberto Vavassori, presidente di Anfia, l’associazione confindustriale della filiera automotive. “Dal punto di vista tecnico eventuali dazi sono ingiustificati perché non vanno a colpire una situazione di dumping. I prodotti europei non vanno sostituire quelli americani” prosegue il presidente dell’Anfia.

italia

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Per quanto riguarda le cifre le ultime che riguardano un anno completo sono ferme al 2023. L’Italia ha esportato merci verso gli Usa per un valore di 67,258 miliardi di euro. Di questi 5,780 miliardi sono rappresentati da autoveicoli, rimorchi e semirimorchi. Gli Stati Uniti hanno fatto arrivare in Italia beni per 25,172 miliardi di euro: gli autoveicoli, i rimorchi e i semirimorchi importati hanno un valore di 405 milioni. Già da questi numeri è evidente come la bilancia commerciale italiana sia in positivo. Nel dettaglio la bilancia Italia-Usa pende dalla parte del Belpaese: per 1,052 miliardi riguardo pneumatici, componenti meccanici ed elettrici, infotainment e motori; 4,634 miliardi per le auto; 2,7 milioni per i veicoli commerciali. 

europa

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Anche la bilancia commerciale auto Europa-Usa pende dalla parte del Vecchio continente. Secondo i dati disponibili, resi noti dall’associazione dei costruttori Acea e relativi al 2022, veicoli per un valore di 37,708 miliardi di euro sono stati esportati dall’Europa verso gli States. Il percorso contrario è stato compiuto da mezzi per un valore di 16,896 miliardi. Appare chiaro che in caso di dazi eventuali chi avrebbe più da perdere, almeno nel breve termine, sarebbe l’Europa, non tanto per un rialzo dei prezzi ma per le ricadute ipotetiche su imprese e occupazione.

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Le barriere possibili però vanno a cozzare con il commercio globale che intreccia rotte e Paesi in maniera quasi indissolubile. Ad esempio ci sono ” veicoli appannaggio degli Usa – spiega Vavassori – che poi vengono importati in Europa. Difficile sciogliere il nodo gordiano”. Tra i tanti marchi è il caso anche di Mercedes, Bmw e Audi ma pure di un qualsiasi microchip montato su auto o moto che prima di arrivare a destinazione ha compiuto almeno un giro intero del mondo, se non due. In questo scenario i dazi appaiono come uno strumento, una leva, per raggiungere altri obiettivi che, per il Vecchio continente, come detto da più parti anche a Bruxelles, potrebbero essere un amento degli acquisti dagli Stati Unti di gas naturale liquefatto (Gnl) e armamenti.

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I collocamenti dell’industria europea all’estero sono forti non solo per quanto riguarda la produzione di auto ma anche per la componentistica. “Il Nord America – ha dichiarato lo scorso luglio l’associazione europea dei componentisti Clepa – rimane la regione preferita per gli investimenti europei. Per quanto riguarda i componenti automotive otto dei 10 investimenti maggiori sono stati fatti in Messico e negli Stati Uniti”. Ciò nonostante ci sono alcuni Paesi europei più esposti di altri: “I tedeschi hanno investito più dei francesi, degli spagnoli e degli italiani. Proporzionalmente abbiamo investito tutti”, spiega Roberto Vavassori. In termini di volumi l’impegno della Germania è però maggiore. 



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