Vogliamo ricordare anche noi l’indimenticato arcivescovo di Fermo con le parole di un sacerdote da lui ordinato
«Fu una vera sorpresa l’annuncio del suo nome come nuovo Arcivescovo di Fermo, nel giugno 1997: la notizia mi colse nel mezzo degli esercizi spirituali in vista del diaconato. Si diceva che avesse avuto una grande capacità di predicazione che gli era valsa la nomina di “Bocca d’oro” come il famoso padre della Chiesa. Di più non si sapeva… Accogliemmo con grande sorpresa ma con tante attese nel cuore il suo ingresso (settembre 1997). Mi presentai a lui come l’ultimo ordinato diacono… “fresco fresco”, mi rispose lui. Dopo qualche giorno mi ricevette prima della partenza per Roma per completare gli studi: il tavolo che ricordavo del suo predecessore così pieno di posta, pubblicazioni e documenti… era stranamente vuoto, segno del nuovo inizio. Quel primo anno del suo episcopato fu per me decisivo: a novembre persi mio padre e lui da buon padre comune venne nella mia casa a Montegranaro a benedire la salma e a celebrare la messa di trigesimo. La cena condivisa con la mia famiglia fu il segno eloquente di una crescente familiarità con tutto il popolo di Dio della sua diocesi. Fu lui ad impormi le mani per l’ordinazione sacerdotale, primo dei suoi ordinati durante il suo ministero episcopale fermano. Un mio parrocchiano un po’ sui generis (sempre partecipe alle celebrazioni diocesane) presente anche alla mia ordinazione, mi ricorda sempre un passo della sua omelia: “Sii uomo dell’eucarestia, ma ancora di più sii uomo eucaristico”. Dopo l’ordinazione mi chiese di rinunciare all’insegnamento di Storia della Chiesa al seminario per dedicarmi a pieno tempo alla pastorale e alla tesi di dottorato. Accettai senza capire fino in fondo. Preparò con cura e personalmente tuttavia il mio nuovo incarico pastorale: Responsabile della Pastorale giovanile e Catechistica di Vicaria, informando tutti i parroci, chiedendo consiglio. Fu un tentativo dignitoso e profetico, convinto che è il Signore che fa crescere e maturare qualche seme piantato nella Vicaria Valdaso. Non dimenticò la sua promessa di farmi completare gli studi per il dottorato: mi lasciò quattro mesi liberi per scrivere e revisionare il lavoro scritto, partecipò a Roma alla discussione della tesi, si complimentò, ma non cedette sull’insegnamento. Si dovette creare una reale necessità, per spingerlo a chiedermi di insegnare un corso presso l’Istituto Teologico. Nello stesso tempo pensò a me come parroco di due piccole parrocchie della Valdaso-Ortezzano e Monterinaldo: il primo ordinato, che lui stesso insediava in una parrocchia (ottobre 2004). Preparò accuratamente questo passo predisponendo il terreno, fermandosi a cena nella casa parrocchiale di Pedaso dove vivevo con il parroco. Ma senza preavvisi e senza formalità… come farebbe uno di casa. A gennaio 2005 mi chiamò al telefono (questa volta non per affidarmi incarichi pastorali) solo per sapere… come stavo e come avevo passato il primo Natale da parroco. Vale più una telefonata del proprio vescovo per sapere come stai che mille omelie sul sacerdozio. Chiusi la telefonata con una carica incredibile… quel gesto gratuito mi rivelò ancora di più la sua nobiltà d’animo. Mi confidò nella telefonata che durante l’Epifania aveva incontrato i suoi amici. Mi parlò di uno in particolare che gli rivelò che quello sarebbe stato l’ultimo incontro, in quanto gravemente malato: ma parlava di lui stesso? Questo non lo saprò mai. Un’altra più dolorosa sorpresa annunciava a fine gennaio 2005 la gravità del suo male e l’imminenza della morte. La neve abbondante caduta in quei giorni “gelava parole,troppo gelate per sciogliersi al sole”. Nella sua camera dove attendeva l’incontro con Colui che aveva servito e amato: il Signore Gesù, anche i volti più forti si scioglievano in pianti e rimpianti. Una lunga fila attendeva con pazienza il suo turno per abbracciare quel pastore e ricevere le ultime parole “d’oro”. Quelle che disse a me le ricordo bene e le conservo nello scrigno prezioso della mia memoria. L’abbraccio finale che mi ricordava quello scambiato in cattedrale al termine dell’ordinazione, fu un mescolamento di lacrime. Mi ringraziò e mi incoraggiò del bene che avrei potuto fare in seminario con il mio insegnamento: da quell’anno l’insegnamento ha accompagnato il mio ministero di parroco. La sua foto sorridente del ricordino fa parte delle immagini sacre che gran parte delle famiglie diocesane ha in casa e sono testimonianza che mons. Gennaro ha lasciato buon odore dietro di sé, fatto di parole gentili, di un abbraccio sincero, di aiuti sinceri a chi aveva bisogno. Certamente, Gennaro… tu sei con me… sempre».
Lunedì 3 febbraio 2025
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