Food Tech: Verona riferimento in Italia, ma gli imprenditori locali rispondono a metà

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Verona si conferma un punto di riferimento per l’innovazione nell’agroalimentare, ma il coinvolgimento delle imprese locali è ancora parziale. Questo il quadro emerso dalla presentazione del report “Food Tech in Italia nel 2024”, avvenuta nella sede di Confindustria Verona. L’evento, promosso dal Verona Agrifood Innovation Hub (VAIH) e curato da Eatable Adventures, ha riunito esperti, imprenditori e istituzioni per analizzare lo stato dell’agrifoodtech italiano e tracciare possibili sviluppi futuri.

Il settore del foodtech è in rapida trasformazione, trainato dall’innovazione tecnologica e dalla sostenibilità. Tuttavia, secondo il report, gli investimenti in startup del settore hanno registrato un calo del 38% rispetto al 2023, attestandosi a 103 milioni di euro. Alberto Barbari, Regionale VP Italy di Eatable Adventures, ha spiegato che questa diminuzione è dovuta principalmente alla difficoltà per molte startup di ottenere i finanziamenti necessari per l’internazionalizzazione e lo sviluppo su nuovi mercati.

L’intervento di Alberto Barbari.

Nonostante il calo degli investimenti, il numero di operazioni finanziate è aumentato (407 start up attive contro le 341 del 2023), segnale che indica la nascita di nuove realtà imprenditoriali. Barbari ha sottolineato come l’Italia presenti un forte squilibrio territoriale: il Nord, con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, domina il panorama dell’innovazione, mentre il Sud rimane indietro, pur rappresentando il cuore agricolo del Paese.

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Verona: una capitale dell’agrifoodtech, ma il tessuto imprenditoriale deve rispondere meglio
Secondo il report, il Veneto assorbe circa il 10% degli investimenti nazionali nel settore, con Verona in una posizione strategica. La città scaligera, già prima provincia italiana per il comparto agroalimentare, si distingue per iniziative di rilievo come il Verona Agrifood Innovation Hub e il programma di accelerazione nazionale SID, promosso da Cassa Depositi e Prestiti Venture. Quest’ultimo prevede un investimento di 15 milioni di euro in tre anni per supportare otto startup ogni anno.

Il pubblico presente in sala.

Tuttavia, il tessuto imprenditoriale veronese non risponde ancora pienamente alla sfida dell’innovazione. Barbari ha evidenziato la necessità di maggiori investimenti da parte delle corporate, che dovrebbero sostenere attivamente le startup locali.

Filippo Manfredi, Direttore Generale di Fondazione Cariverona, ha ribadito il ruolo chiave dell’ecosistema veronese per lo sviluppo dell’agrifoodtech. «Questo evento è un momento importante per fare il punto sulle tecnologie applicate all’agroalimentare in Italia. La nostra Fondazione, insieme a Unicredit e agli altri partner, sta lavorando non solo sugli investimenti nelle startup, ma anche sulla formazione e il coinvolgimento delle PMI nel processo di innovazione» ha dichiarato Manfredi.

Presente anche Filippo Manfredi, direttore di Cariverona.

Giovanni Paolino, Presidente della Sezione Alimentare di Confindustria Verona, ha sottolineato l’importanza dell’evento: «Verona è la prima provincia italiana per il settore agroalimentare e sta diventando un polo d’innovazione grazie a iniziative come la recente Fiera Agricola Tech o come l’appuntamento che ospitiamo qui oggi nella nostra sede. Tuttavia, dobbiamo spingere ancora di più sul fronte dell’innovazione tecnologica».

L’appuntamento ha confermato la necessità di una maggiore integrazione tra imprese e startup, affinché Verona possa consolidare il proprio ruolo di capitale italiana del foodtech. Se da un lato le infrastrutture e gli investimenti ci sono, dall’altro è necessario che il tessuto produttivo locale risponda con più convinzione alla sfida della trasformazione digitale e della sostenibilità nel settore agroalimentare.

Focus di approfondimento

Dove nascono le startup italiane?

Secondo le analisi di VAIH, le startup AgriFoodTech italiane sono concentrate prevalentemente nel Nord Italia, che ospita il 50% delle realtà attive: Lombardia (31%), Piemonte (10%) e Veneto (9,7%) sono in classifica insieme a Emilia-Romagna (11%) e Lazio (9,7%). Al contrario, il Sud Italia, fatica ad emergere nonostante il suo notevole potenziale agricolo, rivelandosi un ecosistema imprenditoriale ancora poco sviluppato.

L’identikit dell’imprenditore italiano e la morfologia dei team

I fondatori italiani di startup nell’AgriFoodTech si distinguono per un solido bagaglio accademico e tecnologico: il 38% possiede un dottorato di ricerca, mentre circa il 30% ha conseguito una laurea magistrale o un master. Il settore è guidato principalmente da founder con esperienze pregresse nell’imprenditoria (60%) e nell’agroalimentare (60%), un vantaggio che permette di affrontare meglio le sfide e di cogliere le opportunità del mercato.  Il 73% delle nuove realtà innovative viene lanciato da imprenditori tra i 25 e i 45 anni, mentre solo il 6% riesce a lanciare un’attività prima dei 25 e dopo i 56 anni.

L’ecosistema italiano, dunque, possiede un potenziale straordinario, ma per garantire una crescita sostenibile e decisiva, è fondamentale attrarre e formare nuove generazioni di talenti, così da infondere nuova linfa vitale all’ecosistema. Inoltre, secondo l’analisi del Verona Agrifood Innovation Hub, i team sono piccoli: il 74% delle startup è composto da 1 a 5 dipendenti e solo il 6% dispone di più di 25 risorse.

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Intelligenza artificiale, Biotecnologie e IoT:  i motori dell’innovazione Made in Italy

Le startup italiane si concentrano principalmente nei settori della produzione e trasformazione alimentare e dell’AgriTech, che insieme rappresentano oltre la metà delle attività. In particolare, nell’AgriTech automazione e robotica delle colture (38%) e nuovi sistemi di coltivazione (29%) guidano l’innovazione, mentre nella produzione e trasformazione alimentare l’attenzione è rivolta a prodotti innovativi (44%) e nuovi modelli di economia circolare (20,8%).

Tra i settori in crescita spiccano Logistica e Delivery (21%) – che mostra una forte centralità della categoria delivery&last mile (45%) e packaging (21%) -, seguiti da Retail e Horeca (17%), tecnologie per la Cucina e la Preparazione alimentare (3%) e, infine, Health Tech (2%) di cui fanno parte tecnologie per la nutrizione e la nutraceutica.

Il 77% delle startup sviluppa le tecnologie in-house, con l’intelligenza artificiale al primo posto (43%) per la sua versatilità e capacità di adattarsi a diversi settori, seguita da Biotecnologie (32%) e piattaforme digitali (30%). Tuttavia, solo il 15% delle innovazioni deriva da collaborazioni con università, evidenziando la necessità di rafforzare le sinergie tra ricerca accademica e imprenditorialità.

Crescono brevetti e registrazione di marchi, ma il 19% delle startup non utilizza forme di tutela

Il 75% delle startup tutela le proprie innovazioni attraverso brevetti, un dato in forte crescita rispetto al 40% registrato nel 2023. Anche la registrazione di marchi ha visto un incremento, raggiungendo l’82%, a testimonianza di una maggiore consapevolezza sull’importanza di proteggere la proprietà intellettuale. Tuttavia, il 19% delle startup non utilizza alcuna forma di tutela, esponendosi a rischi di imitazione e perdita di vantaggio competitivo.

Inclusività e scalabilità: le grandi sfide del futuro

Nonostante la crescita del numero di startup il report evidenzia alcune criticità: prima fra tutte una contrazione del numero di dipendenti pari al 27% (2995 risorse impiegate) dovuta principalmente alla chiusura di realtà nella fase di scale-up e a team di lavoro piccoli.

I grandi round di investimento, superiori a un milione di euro, sono in calo, mentre aumentano i round più piccoli, fino a 350.000 euro (nel 60% dei casi) e i cosiddetti “round mezzanini”. Questa tendenza riflette un approccio più prudente e strategico da parte degli investitori, influenzato anche dall’incertezza macroeconomica globale.

Cresce l’attenzione verso i progetti in fase pre-seed e seed, caratterizzati da requisiti di capitale più modesti e minore rischio per gli investitori. Attualmente, il 58% delle startup AgriFoodTech si trova nella fase seed, un aumento del 15% rispetto al 2023. Tuttavia, molte di queste realtà faticano a superare le fasi iniziali di sviluppo, e solo il 2,3% raggiunge la fase Serie B o successiva, evidenziando difficoltà nel processo di scalabilità.

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Inclusività ancora lontana dall’essere raggiunta. Infatti, solo il 23% delle startup è fondato da donne, e il 36% dei team è composto da quote femminili. Questi dati evidenziano la necessità di promuovere una maggiore inclusività e diversità nel panorama imprenditoriale italiano.



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