Bilancio e prospettive dell’agrifood tech italiano

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L’agrifood tech italiano sta vivendo una fase di trasformazione profonda, anche a fronte di un calo degli investimenti. È necessario formare nuove generazioni di talenti e potenziare le sinergie tra industria, università e startup

Foto di Taras Yasinski da Pixabay

Bilancio e prospettive dell’agrifood tech italiano

L’agrifood tech italiano è in piena trasformazione, come evidenzia il nuovo Rapporto sullo stato dell’agrifood tech in Italia elaborato da Eatable Adventures per il Verona Agrifood Innovation Hub, primo polo di sviluppo dell’agrifood tech italiano con il sostegno di numerosi partner, tra cui Fondazione Cariverona, UniCredit, Eatable Adventures, Veronafiere, Comune di Verona, Confindustria Verona, Università di Verona.

Eatable Adventures si pone come ponte di collegamento tra innovazione e opportunità con l’obiettivo di promuovere il cambiamento sostenibile nell’ecosistema alimentare globale.

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Meno investimenti

Dopo aver segnato veri e propri record nel 2023, per il 2024 il Rapporto evidenzia un calo significativo degli investimenti nell’agrifood tech italiano che si sono fermati a 103 milioni di euro.

Tra le cause si individua una tendenza generale a diminuire i finanziamenti, dovuta anche a una maggiore cautela da parte degli investitori.

La prudenza degli investitori, tuttavia, non si limita al perimetro italiano, ma riflette una tendenza più generale, anche se meno rilevante rispetto all’Italia: -19% in Europa e -7% a livello globale.

Eppure le tecnologie avanzate – ad esempio intelligenza artificiale, biotecnologie e Internet of Things – trovano nell’agroalimentare il terreno ideale per svilupparsi e accelerare quella innovazione che apre la strada alla sostenibilità.

L’interesse per il settore è dimostrato dall’aumento del numero di startup attive nell’agrifood tech: 407 nel 2024 rispetto alle 341 del 2023. Tutto farebbe pensare a un settore con buone potenzialità di espansione anche a livello globale.

La geografia delle startup

Il Nord Italia fa la parte del leone, con il 50% di startup attive. Le regioni più rappresentate sono Lombardia (31%), Piemonte (10%), Veneto (9,7%) ed Emilia-Romagna (11%).

Per il Centro la maggiore concentrazione di startup agrifood tech è nel Lazio (9,7%).

Contrariamente a quanto farebbe pensare il suo notevole potenziale agricolo, il Sud stenta a decollare probabilmente a causa di un ecosistema imprenditoriale ancora poco sviluppato.

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Chi sono gli imprenditori dell’agrifood tech italiano

Gli imprenditori dell’agrifood tech italiano hanno una solida preparazione alle spalle: il 38% possiede un dottorato di ricerca, mentre circa il 30% ha conseguito una laurea magistrale o un master.

Più della metà dei founder, generalmente, ha già acquisito esperienze in campo imprenditoriale (60%) e nell’agroalimentare (60%): esperienze che li rendono capaci sia di affrontare le sfide sia di cogliere le opportunità offerte dal mercato.

Il dato relativo all’età appare quasi scontato. Infatti, dietro al 73% delle startup agrifood tech ci sono imprenditori nella fascia di età 25-45 anni. Solo il 6%, invece, lancia un’attività prima dei 25 e dopo i 56 anni.

I team sono piccoli: il 74% delle startup è composto da 1 a 5 dipendenti, solo il 6% ne ha più di 25.

Si evidenzia, pertanto, la necessità di formare nuove generazioni di talenti per arricchire l’ecosistema e garantire la crescita del settore.

I settori più innovativi

Produzione, trasformazione e agritech sono i settori con il maggior numero di startup. Automazione e robotica (38%) e nuovi sistemi di coltivazione (29%) guidano l’innovazione; prodotti innovativi (44%) e nuovi modelli di economia circolare (20,8%) sono invece capofila nei settori della produzione e della trasformazione.

Crescono i settori Logistica e Delivery (21%) – con una forte centralità della categoria delivery & last mile (45%) e packaging (21%) – seguiti da Retail e Horeca (17%), Tecnologie per la cucina e la preparazione alimentare (3%) e Health Tech (2%) di cui fanno parte tecnologie per la nutrizione e la nutraceutica.

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Il 77% delle startup sviluppa le tecnologie in-house: l’intelligenza artificiale è al primo posto (43%) per la sua versatilità e capacità di adattarsi a diversi settori, seguita da biotecnologie (32%) e piattaforme digitali (30%).

Solo il 15% delle innovazioni deriva da collaborazioni con università. È quindi necessario rafforzare le sinergie tra ricerca accademica e imprenditorialità.

Cresce la tutela dei brevetti

Rispetto al 2023 (40%), cresce la consapevolezza della tutela dei brevetti che ormai è una regola per il 75% delle startup.

La registrazione dei marchi ha toccato l’82%, un dato che conferma l’importanza di proteggere la proprietà intellettuale.

Rimane però senza alcuna forma di tutela il 19% delle startup, che da un lato rischia le imitazioni e dall’altro la perdita del vantaggio competitivo.

Le criticità del settore

Una delle criticità più evidenti è la contrazione del numero di dipendenti, che attualmente sono 2.995 (-27% rispetto al 2023). Le cause sono da ricercare nella chiusura in fase di scale-up e nei team di lavoro piccoli.

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Gli investimenti superiori a 1 milione di euro sono in calo, ma aumentano quelli fino a 350mila euro (nel 60% dei casi) a testimoniare, come accennato in precedenza, l’atteggiamento più prudente e strategico degli investitori determinato anche dalle incertezze dello scenario globale.

I progetti in fase pre-seed e seed suscitano maggiore attenzione perché comportano requisiti di capitale più modesti e minore rischio per gli investitori.

Nel 2024 il 58% delle startup agrifood tech si trova nella fase seed (+15% rispetto al 2023). Tuttavia, molte di queste realtà faticano a superare le fasi iniziali di sviluppo: solo il 2,3% raggiunge la fase Serie B o successiva, evidenziando difficoltà nel processo di scalabilità.

Poche le donne: solo il 23% delle startup è fondato da donne e solo il 36% dei team è composto da quote femminili.

Prospettive future? Per diventare leader di settore a livello globale, l’agrifood tech italiano deve aprirsi maggiormente all’innovazione e consolidare le sinergie tra industria, università e startup.



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