In attesa del nuovo contributo sulle sedute per il 2025, arriva la nuova tranche del bonus psicologo 2024 da 1.500 euro per circa 3mila persone che non ne hanno usufruito lo scorso anno. Ma circa 1.300 terapeuti hanno rinunciato alla convenzione con l’Inps per paura di rimborsi che possono arrivare anche dopo un anno. Già domani o al massimo mercoledì, dopo l’ok della Corte dei Conti, dovrebbe arrivare in Gazzetta Ufficiale il decreto che sblocca i 5 milioni mancanti per il bonus psicologo dello scorso anno. A settembre, infatti, sono uscite le graduatorie con sole 3.325 richieste accolte su oltre 400mila domande, vista la prima copertura di 5 milioni.
Per gli altri 5, aggiunti con il decreto Anticipi per il 2024, si attendeva appunto un decreto di ripartizione delle risorse del ministero della Salute. Già questo mese, quindi, l’Inps potrà far scorrere le graduatorie, accogliendo altre circa 3.300 domande. Ad essere coinvolto sarà di nuovo, quasi sicuramente, solo chi ha un Isee inferiore a 15mila euro: riceverà subito l’aiuto da 50 euro per 30 sedute psicologiche.
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La rinuncia dei terapeuti
Quanto ai terapeuti, se con la versione del bonus 2022-2023, da dati dell’Inps e dell’Ordine degli psicologi, aderivano in 28.126 su 73.299, nel 2024 erano saliti a 33.274.
Nel corso dell’anno, però, sono scesi a 31.969. Oltre il 4%, 1.305 professionisti, hanno quindi rinunciato strada facendo.
Spesso a consigliare loro di fare così è stato il commercialista, visto che per il bonus precedente i terapeuti non hanno fatto pagare le sedute coperte dal contributo e hanno atteso i rimborsi anche per un anno e mezzo. Inps, ministero della Salute e Ordine degli psicologi hanno lavorato per semplificare le procedure, ma resta molto macchinoso il passaggio che prevede il trasferimento delle risorse dalle varie Regioni (che li ottengono a loro volta dal ministero dell’Economia) all’Inps.
La prima versione del bonus era partita a maggio 2022, ma le ultime risorse sono arrivate dalle Regioni solo a marzo 2024. Per il 2025 sono poi stati stanziati 9,5 milioni. Altri 6.300 voucher, insomma. Il decreto attuativo, che fa ripartire l’iter, è atteso per marzo/aprile.
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Quanto pesano i disturbi mentali sul Pil
I disturbi mentali costano all’Italia 20 miliardi l’anno, circa il 3,3% del Pil, e perdite complessive per oltre 63 miliardi di euro, legate alla perdita di produttività, all’assenteismo e alla disoccupazione di lunga durata. È quanto emerge dal rapporto “La salute mentale come motore della crescita socio-economica dell’Italia”, realizzato da Angelini Pharma in partnership con The European House. Oggi, in Italia, si investe il 3,4% della spesa sanitaria nazionale in salute mentale; se il Paese aumentasse tali risorse fino a raggiungere il target del 5%, si registrerebbero benefici diretti e indiretti per 10,4 miliardi. Per ogni euro investito in salute mentale, il Sistema-Paese ne guadagna 4,7.
Il rapporto, oltre a fotografare l’epidemiologia dei disturbi mentali in Italia, esplora anche il ruolo della salute mentale nella crescita economica del Paese, calcolando il Roi, il ritorno sull’investimento, e indagandone gli impatti diretti e indiretti sulla produttività e sul mondo del lavoro.
«Guardando ai dati sulla prevalenza dei disturbi mentali in Italia, notiamo come questa si concentra in modo predominante nella popolazione in età lavorativa, con il 64,8% dei casi complessivi registrati nella fascia di età 20-64 anni» spiega Gabriele Ghirlanda, executive director global value, access & public affairs di Angelini Pharma. «Tuttavia – aggiunge – solo il 57,9% dei casi viene trattato. Questo quadro si traduce in costi elevati in termini di ridotta produttività, spesa assistenziale e sociale e spesa sanitaria diretta, per una cifra complessiva di circa 63,3 miliardi».
Dallo studio emerge che i numeri sui disturbi mentali sono anche sottostimati, come suggerisce l’ampio divario tra le Regioni italiane in termini di accertamenti, dal momento che si passa dai 266,1 casi per 10.000 abitanti a Bolzano agli 84,8 della Sardegna. Il tasso di occupazione per le persone che manifestano problemi di salute mentale, infine, è pari a 42,7%, una percentuale che scende ulteriormente al 40,2% per gli individui con disturbi complessi. Si tratta di numeri inferiori anche di venti punti rispetto al dato della popolazione generale, elemento che evidenzia gravi disuguaglianze nell’accesso al mondo del lavoro.
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