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Credete nell’anima gemella?
Aristofane, nel simposio di Platone, narra che all’inizio eravamo esseri con quattro gambe, quattro braccia e due volti su un’unica testa. Eravamo forti e arroganti, tanto che un giorno tentammo di dare la scalata al cielo per spodestare gli dei. Zeus si adirò e punì la nostra arroganza dividendoci a metà.
Da quel giorno ognuno di noi è alla ricerca continua della sua parte complementare. Quando incontriamo la nostra metà siamo presi da una straordinaria emozione, colpiti dal profondo sentimento di affetto che proviamo e dall’affinità con l’altro.
Ci innamoriamo e non vogliamo più vivere senza l’altra persona, nemmeno per un istante.
Che cosa vogliamo? Essere un’unica anima, fino alla morte e oltre.
“Noi formiamo un tutto” dice Aristofane “il desiderio di questo tutto e la sua ricerca ha il nome di amore.”
Alla ricerca dell’anima gemella
Anche i più inguaribili romantici ammetteranno, però, che trovare l’anima gemella non è affatto facile, anche solo per una mera questione statistica.
Nel 1961 l’astrofisico Frank Drake formulò un’equazione per stimare la probabilità che esistano civiltà extraterrestri nell’universo. Nel 2010 Peter Backus, accademico dell’Università di Warwick, nell’articolo scientifico “Why I don’t have a girlfriend” (“Perché non ho una fidanzata”) applicò l’equazione di Drake per stimare la probabilità che potesse trovare la sua anima gemella a Londra. Il risultato? Una su 285mila (0,00034%). Eppure Backus alla fine ce l’ha fatta: nel 2012 è convolato a nozze. Fortuna, destino o altro?
Soulmates theory vs work it out theory
Quando guardate la vostra dolce metà che dorme accanto a voi, credete sia “the one”, “quella giusta”, oppure pensate sareste potuti essere felici anche con qualcun altro?
C’è chi crede che esista un solo partner amoroso predestinato (soulmates theory) e chi, invece, ritiene esistano molti potenziali partner con cui potrebbe stare bene e che il successo della relazione dipende dagli sforzi compiuti per farla funzionare (work it out theory).
Sposare la teoria dell’anima gemella oppure la teoria del “work it out” influenza quanto siamo soddisfatti della nostra relazione e può fare la differenza quando dobbiamo affrontare momenti di difficoltà (Franiuk et Al., 2004), poiché le convinzioni in merito possono influenzare la tenuta della coppia e la sua durata.
Il benessere relazionale
Le nostre convinzioni romantiche sembrano determinare quanto ci sentiamo soddisfatti della nostra relazione di coppia. Se crediamo nell’anima gemella e riteniamo di aver finalmente trovato la persona giusta, tendiamo a essere maggiormente soddisfatti della nostra relazione rispetto a quando stiamo con qualcuno che non pensiamo sia la nostra predestinata metà; in preda a bias, tendiamo a concentrarsi sui suoi punti di forza e virtù (idealizzandolo), sminuendone i difetti; ma se siamo alla ricerca dell’anima gemella e ci accorgiamo di stare con qualcuno che non ci completa, tenderemo, al contrario, a esacerbarne i difetti.
Se invece siamo convinti che il successo di una relazione dipenda dagli sforzi compiuti per farla funzionare, il nostro grado di soddisfazione relazionale è scarsamente influenzato dal grado di compatibilità che percepiamo di avere con il nostro partner.
Minacce alla relazione
Cosa succede quando abbiamo dubbi sulla nostra relazione o veniamo a conoscenza di informazioni negative che suggeriscono che la nostra storia potrebbe non avere un lieto fine?
Se riteniamo che la relazione dipenda dagli sforzi dei partner per farla funzionare, tenderemo a considerare i feedback negativi in maniera più equilibrata e ad affrontare i problemi in modo proattivo, vedendo i conflitti come opportunità per rafforzare il legame e far crescere la relazione. Chi, invece, sposa la teoria dell’anima gemella sembra essere più propenso ad abbandonarsi alla frustrazione se sorgono ostacoli, considerando le difficoltà come segno di incompatibilità: “se non funziona, significa che non è quello giusto”; questo atteggiamento può favorire il disimpegno dalla relazione di fronte ai problemi perché “non è destino che funzioni”.
Qual è la teoria più vantaggiosa?
Franiuk e colleghi hanno dimostrato non solo che le teorie relazionali influenzano il modo in cui viviamo una relazione, ma che è anche possibile passare temporaneamente da una teoria all’altra; il che può offrire dei vantaggi e può essere sfruttato nel lavoro terapeutico sulla coppia.
Passar sopra ai difetti di un partner può aiutare a ridurre al minimo le discussioni, aumentare la soddisfazione relazionale e creare spirali ascendenti di interazioni positive in alcune relazioni, ma può anche intrappolare le persone dentro relazioni disfunzionali quando una valutazione più realistica potrebbe portarle alla rottura.
Abbracciare entrambe le teorie in momenti diversi permette di fare funzionare al meglio le nostre relazioni o portarle a termine quando non è più il caso di mantenerle in vita.
Saper elicitare al momento giusto una teoria o l’altra potrebbe quindi essere la chiave per una relazione di successo.
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