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L’Italia deve riformare la normativa e la prassi che regolano le ispezioni e verifiche fiscali nelle sedi di aziende e luoghi usati per attività professionali. È il giudizio della Corte europea dei diritti umani, che ha condannato l’Italia per aver violato il diritto al “rispetto di domicilio e corrispondenza” della Italgomme Pneumatici e altre 12 aziende di Foggia e comuni vicini, in relazione alle ispezioni condotte dalla Guardia di Finanza o Agenzia delle Entrate nei loro locali. Secondo la Corte infatti le autorità hanno al momento un “potere discrezionale illimitato” su portata e condizioni delle verifiche, che possono implicare l’esame, la riproduzione e il sequestro di documenti contabili e scritture extracontabili.
Le ispezioni esaminate dalla Cedu sono avvenute tra il 2018 e il 2022, ma la Corte ritiene che le criticità siano dovute a un problema generale legato alle leggi e prassi in vigore, che “non forniscono sufficienti salvaguardie, perché la legalità, necessità e proporzionalità degli interventi non è soggetta a sufficiente scrutinio”. E ha respinto la difesa del governo, che aveva evidenziato come le verifiche puntino a combattere l’evasione discale e siano pianificate ogni anno in base alle linee guida dell’amministrazione fiscale e del ministero dell’Economia. Non solo: i ricorrenti, aveva sottolineato, avrebbero dovuto fare ricorso. Secondo i giudici “è cruciale” adottare specifiche misure per risolvere le criticità.
In primo luogo, dice la Cedu, il quadro normativo nazionale, se necessario attraverso le relative indicazioni di prassi amministrativa, dovrebbe indicare chiaramente le circostanze e le condizioni in cui le autorità sono autorizzate ad accedere ai locali e ad effettuare verifiche in loco e controlli fiscali nei locali commerciali e in quelli usati per le attività professionali. Nella sentenza i giudici evidenziano che i casi esaminati mostrano che il potere dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza di decidere sulla necessità, il numero, la durata e l’entità delle ispezioni e delle informazioni richieste e poi copiate o sequestrate non era regolamentato.
L’altra richiesta della Cedu è che la legislazione preveda che aziende e professionisti abbiano a disposizione un ricorso “efficace” affinché un giudice valuti se le autorità hanno rispettato i criteri e le restrizioni riguardanti le condizioni che giustificano le ispezioni e verifiche fiscali e la loro portata. La Corte specifica che la possibilità di fare ricorso non dovrebbe essere subordinata al fatto che le ispezioni e verifiche fiscali abbiano condotto a un avviso di accertamento fiscale, né debbano diventare disponibili solo quando il procedimento di accertamento fiscale è stato concluso. Se un contribuente ritiene che i pubblici ufficiali stiano agendo contro la legge, dovrebbe avere a disposizione “qualche forma di revisione vincolante prima che l’ispezione sia finalizzata”.
L’Italia è stata condannata a pagare 3.200 euro a ogni azienda che ha fatto ricorso a copertura del danno non pecuniario.
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