Il Tar del Lazio conferma lo scioglimento per mafia del Comune di Tropea

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Conferma, da parte del Tar del Lazio, dello scioglimento per mafia del Comune di Tropea del 24 aprile 2024 sulla scorta della relazione inviata dall’allora prefetto Paolo Giovanni Grieco. Nelle 29 pagine le frequentazioni degli ex amministratori con esponenti del clan La Rosa, gli affidamenti diretti a imprese vicine ai clan, le cene istituzionale luogo di “summit di pregiudicati” e il caso del cimitero


TROPEA – Il Comune di Tropea continuerà ad essere amministrato dalla commissione prefettizia: il Tar del Lazio ha infatti respinto il ricorso dell’ex sindaco Nino Macri, del vice Roberto Scalfari e dai consiglieri Caterina Marzolo, Carmine Godano, Greta Trecate e Francesco Addolorato contro lo scioglimento per mafia decretato il 23 aprile 2024 sulla scorta delle risultanze della commissione d’accesso inviata al Comune dall’allora prefetto Paolo Giovanni Grieco.

I MOTIVI DEL RICORSO CONTRO LO SCIOGLIMENTO PER MAFIA DEL COMUNE DI TROPEA DECISO DAL TAR

Nelle 29 pagine, i giudici amministrativi affrontano ogni aspetto della vicenda ritenendo infondati tutti i motivi del ricorso degli ex amministratori che lamentavano l’assenza di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata” deducendo inoltre che il provvedimento di scioglimento, “oltre a non indicare in maniera puntuale i condizionamenti e le collusioni non abbia tenuto in alcun conto l’intensa attività dell’amministrazione per contrastare il fenomeno mafioso”. Da ultimo, si evidenziava che nel corso della consiliatura guidata dal sindaco, “non solo non sarebbe emerso alcun complessivo quadro fattuale concreto univoco e rilevante atto a compromettere il regolare funzionamento dell’ente locale, ma si sarebbero anche concretizzate circostanze e risultati essi sì univocamente indicativi di una gestione efficiente, efficace e virtuosa della cosa pubblica e dunque di per sé del tutto incompatibili con gli infondati asserti riportati nella relazione ministeriale”.

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“LO SCIOGLIMENTO? UN PROVVEDIMENTO PREVENTIVO”

Prima di affrontare nel dettaglio la vicenda di Tropea, il Tar sottolinea che il provvedimento di scioglimento per mafia in generale “non è una misura di carattere sanzionatorio, bensì preventivo, ed è volto ad affrontare una situazione emergenziale al fine di salvaguardare l’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata” rilevando che per l’emanazione del relativo provvedimento, “è sufficiente la presenza di elementi indizianti, che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato”.

SCIOGLIMENTO CONSIGLIO COMUNALE DI TROPEA, IL TAR: “AMMINISTRATORI ASSOGGETTATI AL CLAN”

E in tal senso è avvalorata “l’ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata” e si segnala “l’esistenza di un collegamento, diretto o indiretto, degli stessi con la criminalità organizzata” desunta, dal Tar, da quattro elementi: “Il sostegno prestato dalla cosca La Rosa al sindaco Macrì  e alla sua lista in occasione delle elezioni del 21 ottobre 2018; l’esistenza di rapporti parentali tra esponenti delle locali consorterie e gli amministratori del Comune, a cui si aggiungono comprovate, plurime frequentazioni conviviali tra i parenti più stretti degli amministratori ed esponenti delle locali consorterie, interessati anche da reati associativi”.

Segnalato  poi, l’avvenuto acquisto, da parte di Macrì, di un’autovettura “formalmente intestata alla suocera di due esponenti apicali della locale criminalità organizzata, pochi giorni prima che la stessa fosse attinta da un provvedimento di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria; infine l’esistenza di analoghi rapporti e frequentazioni anche nei confronti di alcuni dipendenti comunali”.

LA GESTIONE DEGLI APPALTI E CARENZE NEI CONTROLLI DEL COMUNE DI TROPEA

Un altro elemento, consistente nelle “criticità dell’attività dell’ente locale rivelatrici dello sviamento rispetto al perseguimento dell’esclusivo interesse del bene pubblico a vantaggio delle consorterie”, è suffragato dai cinque macro-elementi indiziari:Nel settore della gestione di appalti e affidamenti diretti di lavori e di servizi di interesse pubblico, sono emerse gravi irregolarità, contraddistinte da affidamenti di servizi, artificiosamente frazionati, prorogati o duplicati e da procedure operative che, anche in violazione dei principi di rotazione e di concorrenza, hanno favorito continuativamente soggetti e imprese riconducibili o comunque contigue alle cosche ‘ndranghetiste che esercitano il potere criminale sul territorio di Tropea”.

In tale settore, il Tar rileva il “deciso intervento del vertice politico con una sorta di «sovrintendenza» sui lavori e sulle opere eseguite che attesta, oltre alla conoscenza da parte dello stesso primo cittadino delle dinamiche sottese a tale strategico ambito di attività, anche un’illegittima ingerenza dell’organo politico nelle attività di competenza dell’apparato burocratico”.

Denunciata inoltre la “sostanziale carenza di controlli nelle procedure oggetto di segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), in particolar modo in relazione ad attività extra alberghiere, che hanno favorito svariate strutture riconducibili a soggetti pregiudicati”. A questo si aggiungono “gli anomali ritardi da parte dei competenti uffici comunali nella repressione delle irregolarità urbanistiche ascrivibili a soggetti a vario titolo riconducibili o contigui alle consorterie criminali operanti nel territorio di Tropea e, in un caso, legati da stretti rapporti di parentela con uno degli assessori comunali”.

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SCIOGLIMENTO CONSIGLIO COMUNALE DI TROPEA: IL CASO DEL CIMITERO

Sempre nella sentenza che conferma lo scioglimento per mafia del Comune di Tropea il Tar riporta la vicenda relativa al custode del cimitero – riconducibile per rapporti parentali ad un assessore comunale – assegnatario dell’incarico “sebbene fosse stato deferito alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia per i reati di truffa e peculato e destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare per aver eseguito all’interno del cimitero estumulazioni non autorizzate al fine di riutilizzare alcuni loculi e destinarli ai defunti riconducibili a soggetti appartenenti alla locale cosca, nonché agli stessi amministratori comunali”. Il suddetto dipendente, Trecate, zio della consigliera Greta, prima della richiesta di rinvio a giudizio per truffa ai danni del Comune, ha anche ricevuto dall’attuale sindaco una benemerenza per “abnegazione al lavoro”.

“L’APPOGGIO ELETTORALE DEL CLAN LA ROSA” ALLE COMUNALI DEL 2018

Ulteriore passaggio nella sentenza del Tar concerne “l’appoggio prestato dalla cosca La Rosa a Macrì e alla sua lista in occasione delle elezioni del 2018” che emerge dalle risultanze delle indagini condotte dalla Dda di Catanzaro nell’ambito del procedimento “Olimpo” in cui un esponente di spicco dei La Rosa parlando con un avvocato “dichiarava espressamente che le persone a lui vicine avrebbero votato per Macrì e che sua moglie avrebbe votato, nell’ambito della stessa lista di supporto allo stesso, un altro candidato, poi è divenuto assessore per via delle relazioni di amicizia che li legavano”. A ciò si aggiunge la circostanza che tra i vari sottoscrittori della lista a sostegno di Macrì figurano anche “le sorelle di due soggetti affiliati alla ‘ndrina La Rosa”.

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Per i giudici, tuttavia, il mancato coinvolgimento del sindaco nelle indagini penali “è un dato non decisivo ai fini della verifica dei presupposti per lo scioglimento del Comune” e che il “palesato appoggio del clan possa poi interferire sull’amministrazione dell’ente, una volta che la lista vinca le elezioni”.

LE FREQUENTAZIONI “INOPPORTUNE” DEGLI AMMINISTRATORI

I giudici inoltre rilevano che la proposta del Ministro di scioglimento del  Comune “non si è affatto limitata a descrivere le relazioni parentali esistenti tra gli amministratori locali e soggetti vicini alle cosche mafiose, ma ha anche evidenziato la sussistenza di comprovati rapporti di frequentazione fra i parenti stretti di Macrì e di un assessore con i parenti di noti esponenti della locale criminalità organizzata” facendo riferimento a varie immagini che “appaiono ragionevolmente idonee a dimostrare la frequentazione e la convivialità di rapporti fra i parenti stretti di sindaco e assessore con i parenti di noti esponenti della locale criminalità organizzata”.

SCIOGLIMENTO PER MAFIA: GLI AFFIDAMENTI DIRETTI

Sotto la lente dei magistrati anche agli affidamenti diretti appannaggio dal 2019 “di tre imprese riconducibili alle cosche della “Locale di Mileto” e operanti, rispettivamente, nel settore della manutenzione della pubblica illuminazione, della rete fognaria e idrica, della refezione scolastica e della manutenzione stradale”.

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La Commissione di indagine ha riscontrato autonomamente nel corso dell’attuale consiliatura ben 61 affidamenti diretti, e per un corrispettivo complessivamente superiore a 450.000 euro, “in favore della prima impresa attiva nel settore della manutenzione della pubblica illuminazione”, quanto al servizio di refezione scolastica, per gli anni dal 2020 al 2024, sempre la Commissione ha rilevato l’affidamento dello stesso ad una impresa, la quale, aveva stretto con altre due imprese del settore una “strategia criminale posta in essere per abbattere la concorrenza attraverso un “cartello di imprese” e che il socio occulto dell’impresa in questione, fratello del titolare formale, è un imprenditore di riferimento della ‘ndrina di Paravati nel Comune di Mileto”.

Non fondate appaiono anche le censure sulla procedura di somma urgenza a seguito degli eventi atmosferici calamitosi che hanno colpito Tropea nel dicembre 2020 in quanto i lavori in questione sono stati in parte eseguiti da “soggetti intranei alla cosca La Rosa che non risultavano nemmeno dipendenti delle medesime imprese assegnatarie”.

“MILETO E TROPEA SONO SITUAZIONI DIFFERENTI”

E non colgono nel segno, secondo il Tar, i rilievi dei ricorrenti secondo i quali gli amministratori del Comune non siano stati coinvolti nelle indagini penali “né assume  alcun valore scriminante il fatto che con un recente provvedimento il Ministro dell’Interno abbia respinto la richiesta avanzata dalla Prefettura ai danni dell’amministrazione del Comune di Mileto, nel quale sarebbe maggiormente attiva la “Locale di ’ndrangheta” in quanto quello di Tropea e quello di Mileto sono tra loro differenti, così come sono evidentemente differenti gli indizi fattuali che sono stati posti alla base della valutazione di scioglimento compiuta per gli stessi”.

LE CENE ISTITUZIONALI NEL RISTORANTE “RITROVO DI PREGIUDICATI”

Ultimo riferimento anche al ristorante individuato per lo svolgimento di cene istituzionali “noto per essere abituale ritrovo di soggetti appartenenti alla locale cosca e utilizzato anche come luogo di incontri per meeting criminali”, e all’inadempienza da parte dell’amministrazione nel dare effettiva esecutività ad un’ordinanza di demolizione per abusi edilizi emessa nei confronti di un esponente apicale della ‘ndrina La Rosa.

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LE CONCLUSIONI E LA CONFERMA DELLO SCIOGLIMENTO PER MAFIA DEL COMUNE DI TROPEA

Andando alle conclusioni, il Tar del Lazio rileva che “le osservazioni sin qui svolte portano, così, a concludere che i quattro elementi indiziari citati nella proposta ministeriale valutati non atomisticamente, bensì nel loro complesso, gli uni alla luce degli altri, appaiono “idonei a supportare, in termini di plausibilità e ragionevolezza, la valutazione della permeabilità dell’attività dell’ente rispetto a possibili ingerenze e pressioni da parte della criminalità organizzata”; da qui la conferma dello scioglimento per mafia del Comune di Tropea.

La questione, tuttavia, non si chiude qui. Gli ex amministratori, infatti, potranno rivolgersi al Consiglio di Stato.



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