in Piemonte le iscrizioni volontarie sono calate del 70%

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Hakima, nome di fantasia, è una donna di 47 anni di origine marocchina che da diversi anni vive in Italia. Ha un cosiddetto permesso di soggiorno per “residenza elettiva”, riservato a coloro che pur non avendo un lavoro possono dimostrare la titolarità di una pensione percepita in Italia.

È il caso di Hakima che per la sua condizione di salute ha un’invalidità del 100% e riceve pertanto una piccola pensione: non ha diritto all’iscrizione gratuita al Servizio sanitario nazionale (Ssn) ma rientra tra le categorie di coloro che possono iscriversi “volontariamente” versando una quota che, fino al 31 dicembre 2023, era di 387,34 euro.

La legge di Bilancio del 2023 ha però fatto schizzare questa cifra a 2mila euro. Troppi per Hakima che, per riuscire a coprire il pagamento per il 2024, ha ottenuto una rateizzazione da 70 euro mensili fino al 2027.

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“A settembre scorso la signora si è sottoposta a un trapianto di rene ma ad oggi sono a rischio il prosieguo delle terapie farmacologiche in corso e le visite di controllo di cui necessita a causa della mancanza d’iscrizione volontaria al Ssn -spiega il suo avvocato Giovanni Papotti, del Foro di Torino-. Nel 2025 non ha potuto accedere a un’ulteriore rateizzazione, rimanendo così ‘scoperta’ e mettendo a rischio l’intero lungo percorso che, dopo anni di dialisi, le aveva consentito di sottoporsi a un trapianto. Un ricatto istituzionale inaccettabile: o paghi, o non ti curi”.

Quello di Hakima non è purtroppo un caso isolato. A fare luce sugli effetti delle nuove tariffe ci ha pensato il Gruppo immigrazione e salute (Gris Piemonte), braccio locale della Società italiana di Medicina delle migrazioni (Simm): nei primi sei mesi del 2024, in Piemonte, le iscrizioni volontarie sono calate di circa il 70%. Con gravi conseguenze.

“Interruzione di terapie, aumento degli accessi al Pronto soccorso, sovraccarico di richieste agli ambulatori gestiti dal Terzo settore, pericolo di ricorso e pratiche di autodiagnosi -sottolinea Federica Tarenghi, membro del direttivo del Gris-. Tutto questo ha una conseguenza diretta sulla vita delle persone ed è un extra costo inutile per il servizio sanitario perché la condizione dei pazienti, non adeguatamente presa in carico, si aggrava”.

Andiamo con ordine. Le persone straniere che devono iscriversi volontariamente al Ssn regionale sono principalmente coloro che hanno un titolo di soggiorno per “residenza elettiva”: significa che possono dimostrare di essere autosufficienti anche se non lavorano.

Più nello specifico, nel 2023 secondo i dati del Gris in Piemonte dei 3.811 iscritti con il versamento, ben il 68% erano studenti, seguiti da religiosi (7,16%), pensionati (5,2%), disoccupati e inoccupati (3,7%).

A partire dal primo gennaio 2024, come detto, per tutte queste “categorie” il costo di iscrizione è aumentato vertiginosamente: si è passati da 387,34 a 2mila euro per chi ha un titolo di soggiorno per “residenza elettiva”, spesso indigenti e in carico alle associazioni, per i religiosi, per il personale diplomatico, per i famigliari over 65 che hanno fatto ingresso in Italia per ricongiungimento. Per gli studenti stranieri l’aumento è stato del 370% con un importo che ora è di 700 euro. Infine, per chi vive un’esperienza di scambio alla pari (solitamente studenti ospitati in famiglia) la tariffa da 219,49 euro è salita a 1.200.

“Chi non riesce a sostenere questi costi non si iscrive ma ovviamente la malattia non sparisce -sottolinea Tarenghi-. Non potendo curare territorialmente determinate patologie, l’accesso al Pronto soccorso resta l’unica via di accesso alla cura che però è improprio: perché costa di più e non può garantire un monitoraggio per un periodo prolungato”.

L’aumento dell’importo di circa cinque volte ha messo in difficoltà anche le organizzazioni della società civile che aiutavano le persone a coprire i costi dell’iscrizione. “Molte iscrizioni volontarie di persone indigenti e malate erano pagate, per esempio, dal Comune di Torino -si legge nel comunicato del Gris- attraverso un progetto di ‘emersione anagrafica’ che coinvolgeva una trentina di persone senza dimora con gravi problemi di salute, da associazioni o gruppi di persone vicine al paziente, che raccoglievano la somma necessaria per garantire la prosecuzione delle cure: l’aumento dell’importo ha costretto a una netta riduzione del numero di beneficiari e/o a dirottare verso le iscrizioni dei fondi che sarebbero invece stati spesi in altri importanti progetti sociali”.

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Anche la necessità di versare il contributo una tantum è problematica. La dottoressa Tarenghi racconta il caso di uno studente straniero, suo paziente, sotto terapia per una patologia psichiatrica. Il versamento di 700 euro in un unica soluzione gli era impossibile, così si è rivolto al “privato” con visite specialistiche a pagamento e l’acquisto a tariffa piena dei farmaci.

“A conti fatti, probabilmente, spenderà più dell’importo richiesto per l’iscrizione ma in questo modo ha rateizzato i costi riuscendo ad affrontare la spesa. Ma è una situazione problematica e rischiosa. Soprattutto per le malattie infettive”, sottolinea Tarenghi. I pazienti Hiv positivi, per esempio, per cui il mancato accesso alla terapia antivirale ha un effetto primario sulla salute del paziente ma anche sulla collettività in termini di crescita della possibilità che la patologia si diffonda.

Venendo ai dati, prendendo in esame il periodo in cui si concentrano le iscrizioni che decorrono dal giorno del pagamento della quota e hanno valenza per l’intero anno solare, nel primo semestre 2023 si erano scritte 2.488 persone mentre l’anno successivo 860; nel secondo invece rispettivamente 526 contro 157.

Non è possibile sapere con certezza il numero di quelli che non si sono più iscritti perchè non ne avevano più necessità. Tuttavia diversi casi incontrati da medici e avvocati fotografano situazioni in cui il motivo economico è quello che genera il mancato rinnovo della copertura sanitaria.

In queste situazioni, per alcuni di loro, il dilemma è oggi se convenga rinunciare al permesso di soggiorno per potersi curare. “Se sei irregolare -sottolinea Tarenghi- hai la possibilità di avere un codice fiscale ad hoc, l’Stp (Straniero temporaneamente presente) che garantisce la possibilità di accedere a quei servizi sanitari negati invece a chi, avendo un permesso di soggiorno valido e una residenza, è costretto a dover pagare. Un cortocircuito”.

Il Gris chiede un intervento urgente che va dalla possibilità di frazionare la quota di iscrizione pagando esclusivamente i mesi in cui si usufruirà della copertura, prevedere l’iscrizione per un anno reale (12 mesi dalla stipula) e non per quello solare, fino alla rateizzazione del pagamento. “Oltre che la possibilità di includere le persone fragili in carico ai servizi sociosanitari -conclude Tarenghi- tra le categorie che possono avere l’iscrizione obbligatoria quando vi siano comprovate patologie croniche, invalidanti o a rischio di aggravamento senza trattamenti continuativi. È il minimo”.

Anche l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) è pronta a muoversi per vie legali. “Presenteremo dei ricorsi -conclude l’avvocato Papotti- perché riteniamo che non prevedere l’esonero di tale pagamento in determinati casi sia una palese violazione di diversi principi costituzionali. Primo fra tutti il diritto alla salute”.

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