«Contrari a un impianto così impattante»

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Il 27 gennaio il Comitato “Rinnoviamo Sarmato”, assistito dagli avvocati Giacinto Marchesi e Alessandro Massa del Foro di Piacenza, ha provveduto a notificare il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma per l’annullamento per la costruzione e la gestione di un impianto per la produzione di biometano da biomasse vegetali, sottoprodotti agroindustriali e reflui zootecnici con capacità produttiva pari a 500 smc/h nel Comune di Sarmato, in prossimità dell’abitato sarmatese».

«Si tratta di un atto legale dovuto al fine di riportare il paese, provato da decenni di disagi ambientali, di emissioni odorigene, di un’atmosfera con carichi inquinanti di Pm10 seconda soltanto a Piacenza (situazione quest’ultima che si protrae almeno dall’anno 2008 ai giorni nostri, come da dati certificati Arpae), a condizioni normali di vivibilità, di decoro e di decenza troppe volte ignorate e sottovalutate; l’atto è stato quindi depositato il 6 febbraio»

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«Come già ribadito più volte, il Comitato non è assolutamente contrario, in maniera aprioristica, alle energie rinnovabili; tuttavia permane la netta opposizione ad un impianto molto impattante che, anziché essere proposto in aperta campagna (come avviene per la pressoché totalità degli impianti per la produzione di biometano a livello nazionale) viene progettato a poche centinaia di metri dall’abitato, dalla Rsu Villa Maria Grazia, dal campo sportivo comunale dove giocano oltre 250 bambini e dalla Caserma dei carabinieri; ciò, senza considerare che nel territorio sarmatese è già presente un impianto di biometano che produce 500 smc/h».

«Il ricorso – scrivono  – è stato presentato con riserva di dedurre e produrre ulteriormente nel corso di causa eventuali motivi aggiunti in quanto le amministrazioni preposte non hanno provveduto a rendere disponibili, a dispetto delle disposizioni legislative e nonostante le reiterate richieste avviate dallo scorso mese di agosto, la documentazione progettuale dell’impianto – quest’ultima consegnata parzialmente – nonché i pareri degli enti coinvolti».

«A valle del provvedimento è stato organizzato un incontro aperto alla cittadinanza nella serata del 7 febbraio nei locali del circolo Famiglia Alpina Sarmatese, resi disponibili su gentile concessione del parroco don Walter, al fine di esporre gli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria. La riunione ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone a conferma, affermano dal comitato, della costante e crescente preoccupazione del paese sulle possibili ricadute conseguenti all’insediamento di un impianto così impattante per il territorio sarmatese».

«L’incontro – fanno sapere – è stato imperniato su alcune testimonianze portate da un abitante nel cremasco nonché dalla proiezione di brevi filmati, raccolti sempre da abitanti nel circondario cremasco, che hanno testimoniato gli estremi disagi sofferti dalla popolazione residente e conseguenti all’insediamento di impianti simili a quello proposto per Sarmato; inutile affermare che tali dichiarazioni hanno generato ancor di più preoccupazione degli intervenuti e non sono mancate le proteste soprattutto da parte di coloro che risiedono in prossimità del sito individuato».

In seguito è intervenuto il presidente del comitato che «ha evidenziato diverse peculiarità rilevate dalla lettura dell’Autorizzazione Unica Ambientale, tra le quali spicca la contraddizione intrinseca delle ben 174 prescrizioni che la società proponente il progetto dovrà osservare e che incidono sulla progettazione, sull’analisi dei rischi, sull’esecuzione dei lavori, sulle opere di compensazione e sul funzionamento dell’impianto e, non ultime, nei riguardi delle emissioni in atmosfera e di quelle odorigene».

«Riportando le risultanze dall’analisi della documentazione inerente il piano del traffico e le attività inerenti la consegna degli effluenti zootecnici che, cita l’Aua, “dovranno essere forniti prevalentemente da allevamenti posti a distanza non superiore a 5/10 km dall’impianto” è stato osservato che ben difficilmente questa prescrizione potrà essere osservata in quanto, nel raggio indicato le fonti di approvvigionamento dovrebbero interessare i comuni limitrofi  – che però risultano indisponibili per approvvigionare impianti limitrofi esistenti – ma che spazieranno anche oltre provincia presso Casatisma, Redavalle nel Pavese e Salvirola nel Cremonese (ben oltre i 5/10 km consigliati e tali da rendere l’attività ambientalmente ed economicamente non sostenibile); ulteriori dubbi sono stati avanzati nei riguardi delle attività di trasporto dichiarate di 312 d/anno (finestra temporale molto ottimistica in relazione alla disponibilità delle biomasse vegetali che risentono evidentemente della componente stagionale) nonché dal numero di trasporti giornalieri ipotizzati, che potrebbero subire variazioni in notevole aumento se svolte con mezzi di trasporto diversi da quelli pesanti proposti nel piano».

«Un accenno – prosegue il comitato – è stato altresì eseguito nei confronti della Vinca (Valutazione di Incidenza Ambientale) in relazione alla confinante Zona di Protezione Speciale che, secondo il comitato, non rispetterebbe i criteri della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” con particolare riferimento alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 3 che non si limitano a piani e a progetti interessanti esclusivamente l’interno di un sito Natura 2000; si rammenta che la Corte di Giustizia Europea ha sanzionato la Repubblica Federale della Germania e l’Irlanda per inadempienza alle disposizioni sopracitate così come non si è rilevato nella Vinca alcun riferimento alla ZPS, che deve la sua importanza comunitaria principalmente alla presenza del Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) segnalato come nidificante regolare nelle vasche Ex-Eridania, unico caso nella provincia di Piacenza».

«Un accenno, neppure troppo velatamente polemico,  – si legge nella nota – è stato fatto nei confronti dell’amministrazione comunale alla quale il comitato si è rivolto lo scorso 21 gennaio per richiedere:  analogamente all’adesione del comune alla campagna “R1pud1a”, promossa da Emergency per la quale si è provveduto ad esporne lo striscione dal palazzo Comunale, la stessa adesione anche alla Campagna “Biometano? Sarmato non lo vuole!”, con la possibilità di esporre lo striscione nella stessa sede, dando così un naturale segno tangibile di unione e determinazione nella difesa dei valori collettivi. Quando si pensa di rendere disponibile “tutta la documentazione” inerente il procedimento per il rilascio dell’Aua sul sito istituzionale del comune così come dichiarato sugli organi di stampa. E quando l’amministrazione riterrà di organizzare l’assemblea pubblica che il sindaco ha dichiarato di voler pianificare con Arpae per spiegare alla cittadinanza perché è stata concessa l’autorizzazione».

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«È seguito un breve ma appassionato scambio di vedute con alcuni interventi tra i quali quelli di un residente del Rione “Sacchello Vecchio” e di Anna Tanzi. In conclusione il presidente ha tenuto a precisare che il ricorso al TAR costituisce il punto di partenza di un percorso volto a portare a impedire la definitiva realizzazione dell’impianto di biometano nei pressi dell’abitato sarmatese».

«Non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a standard di vita notevolmente e ripetutamente al di sotto dell’umana soglia di accettabilità e non più tollerati dalla nostra comunità e lotteremo con tutte le nostre forze per riappropriarci della nostra dignità a mantenere finalmente aperte le finestre delle nostre (ad oggi deprezzate) abitazioni. Nel frattempo, prosegue la trasparente campagna di raccolta fondi, su base volontaria e senza alcun tetto minimo, promossa dal mese scorso con il fine di assicurare una adeguata copertura economica alle spese legali».



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