Maestri in Primitivo, 90 anni tra tradizione e innovazione sostenibile

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La cooperativa più antica di Puglia nasce nel 1932 a Manduria, raccogliendo l’eredità di una federazione di vignaioli ‘illuminati’, fondata quattro anni prima. L’idea alla base del progetto è tanto semplice quanto rivoluzionaria per l’epoca: unirsi per creare un polo centralizzato di trasformazione delle uve e andare oltre il sistema dei vecchi palmenti sparsi sul territorio.

La città del Salento sembrava il luogo perfetto per farlo, sia per la sua storia vitivinicola che per la sua posizione strategica (pur essendo in provincia di Taranto, è equidistante da Brindisi e Lecce). Oggi, dopo oltre 90 anni, quella stessa cooperativa gestisce 700 ettari di vitigni grazie al lavoro di 300 famiglie di proprietari. Dietro il nuovo nome dell’azienda, ‘Produttori di Manduria. Maestri in Primitivo’ ci sono loro. E c’è un vitigno, il Primitivo appunto, la cui popolarità è legata a doppio filo all’impegno della cooperativa.

“Nel 1974 vede la luce il disciplinare di produzione della Doc ‘Primitivo di Manduria’ e la spinta viene proprio dalla nostra cantina: la maggior parte dei firmatari erano soci”, spiega il direttore commerciale Giovanni Dimitri.

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I comuni che producono Doc sono in tutto 18, tra Taranto e Brindisi. Ma di che tipo di vitigno si tratta? Le prime notizie sulle sue origini ci portano in Croazia. Il nome lo si deve alla maturazione: tutte le fasi di crescita del Primitivo, dalla fioritura al cambio di colore, sono infatti precoci. Nel territorio di Manduria cresce su terreni rossi, ma anche vulcanici e calcarei, neri derivati da depositi alluvionali e persino su sabbie vicine al mare.

Il grappolo tipico è piccolo e allungato, spargolo, con acini rotondi. La buccia, delicata e piuttosto sottile, è per questo molto sensibile all’umidità e alle muffe. E poi, non è un vitigno produttivo: “Nella zona Doc ‘Primitivo di Manduria’ la sua resa media è costantemente al di sotto dei 9 mila kg di uva per ettaro previsti dal disciplinare”, aggiunge il direttore.

Mentre visitiamo la cantina, Dimitri fissa altre tappe fondamentali per la storia della cooperativa. “Il 1996 rappresenta una sorta di Rinascimento del Primitivo, essendo la prima annata in etichetta della produzione del Consorzio Produttori Vini (all’epoca era questo il nome del marchio, ndr), in cui si inizia effettivamente a imbottigliare Doc”.

Con l’incremento delle bottiglie a scapito dello sfuso, l’azienda prosegue quindi nel suo processo di evoluzione, guidato dallo storico presidente Furio Schiavoni, in carica dal ’95 al 2019. “Inizia una nuova era e nascono i nostri vini di punta, come il Lirica, l’Elegia e il Sonetto”. Il particolare il Lirica, tre bicchieri GamberoRosso e una serie di altri riconoscimenti internazionali, “è per noi un pilastro: da solo regge il 20% del fatturato sulle bottiglie, che nel 2024 si aggira intorno ai 10 mln di euro. Tra gli ordini che riceviamo non ce n’è uno che non lo contenga”. Il motivo? “Incarna l’idea che questa cooperativa ha del Primitivo, un vino che di per sé tende ad essere rustico, un po’ dolce, muscoloso. Il Lirica invece è equilibrato: ‘It’s different’, mi ripetono spesso al primo assaggio. E non ci potrebbe essere commento migliore”.

Ma la crescita dell’azienda non passa solo dal successo delle sue bottiglie. “La sostenibilità per noi è un impegno concreto. Nel 2018 abbiamo mosso il primo timido passo in questo senso, abbandonando per il Sonetto la bottiglia da 1,2 kg di vetro e sostituendola con una più leggera. Quello stesso anno siamo stati una delle prime nove cantine a ricevere la certificazione Equalitas”. Nel 2024 l’operazione di alleggerimento viene compiuta su un milione di bottiglie: “Ci permette di risparmiare 250 tonnellate di CO2 all’anno, che si sommano alla riduzione derivante dall’attività dell’impianto fotovoltaico della cantina”.

I Maestri in Primitivo sono presenti oggi in 48 Paesi, con la Germania come primo mercato estero, seguito da Regno Unito e Usa. “Solo nella provincia di Lecce – sottolinea Dimitri – il nostro fatturato è superiore a quello ottenuto sul mercato tedesco. Questo non è scontato e la dice lunga sul fortissimo radicamento dell’azienda sul territorio. Ricordo ancora quando venivo qui con mio padre a comprare il vino”.

Un radicamento testimoniato dal Museo della Civiltà del Vino Primitivo, ospitato nelle antiche cisterne vinarie dell’ottocentesca cantina. Le incrostazioni sulle pareti e l’odore intenso, che ci accompagnano durante la visita, raccontano una storia antica e fanno da sfondo a strumenti e suppellettili della tradizione. Qui, oltre ai tour guidati, è possibile partecipare su prenotazione alla degustazione di alcune delle etichette più apprezzate di Produttori di Manduria. Nel 2024 l’azienda ha ottenuto dal ministero delle Imprese e del Made in Italy il riconoscimento di Marchio storico di interesse nazionale. “E siamo tra le venti migliori cooperative d’Italia, assieme ad altri grandi compagni di viaggio”.

Negli ultimi anni, sotto la guida del presidente Pasquale Brunetti, al catalogo dei Produttori di Manduria si sono aggiunte diverse novità. “Aka, Alice e Zin sono vini nuovi e moderni: anche un’azienda storica come la nostra – sostiene Dimitri – deve tenere i piedi ben piantati nell’oggi”. La tradizione deve dunque pensarsi come un concetto dinamico. “Ciò che oggi è tradizione, ieri è stato innovazione: quando si smette di innovare si muore. E infatti, se non ci fossero state anche queste bottiglie di concezione moderna, le performance delle altre sarebbero state diverse”.

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