Sognare su una panchina di marmo, le notti dei senza tetto a Roma

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«Questo è un posto pericoloso?». C’è paura nelle parole e negli occhi di Adi, arrivato da Ancona a Roma in treno. È seduto da sette ore sul marmo di una delle panchine all’esterno della stazione Termini. «Sto aspettando un amico che ha promesso di venire a prendermi e ospitarmi a casa sua», dice il giovane senegalese che ha deciso di abbandonare la città marchigiana. Con sé ha un borsello e una busta di plastica, li tiene stretti sulle gambe: dentro c’è tutto quello che possiede.

I documenti, un paio di occhiali e una felpa sdrucita che forse gli sarà utile nella notte. «Sono certo che il mio amico sta arrivando», continua serio Adi, mentre resta aggrappato alla speranza di scorgere il volto di chi gli ha giurato di non lasciarlo solo.

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Piazza dei Cinquecento è avvolta dal vento. Un vento freddo che non smette di soffiare ed è nemico di chi come casa ha la strada. Più si fa buio, più scompaiono dalla vista i turisti, i taxi, la frenesia della quotidianità. Resta qualche volontario che distribuisce coperte e beni di prima necessità a chi aspetterà l’alba dormendo in un sacco a pelo o su cartoni lerci.

L’unità di strada di Legal Aid, sportello itinerante di consulenti legali, mediatori linguistici e comuni cittadini, a cadenza regolare e in maniera del tutto gratuita si muove tra le strade e i vicoli di Roma per intercettare chi ha bisogno di aiuto, specie sotto l’aspetto burocratico.

I volontari

«Al nostro sportello, che ha sede nel palazzo occupato dagli attivisti di Spin Time, arrivano in media cinquanta persone nuove a settimana. I loro problemi sono tra i più disparati. C’è chi lamenta, soprattutto tra i senza fissa dimora, di non essere ricevuto in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno, chi non riesce ad affittare un alloggio anche per questioni legate al razzismo, chi deve fare ricorso per la protezione internazionale e non vi riesce, chi ha difficoltà amministrative legate al decreto Flussi. A emergere è insomma un quadro impietoso: norme schizofreniche, abusi di potere e una burocrazia che complica l’accesso ai diritti per i migranti», spiega Simone, uno dei volontari.

Buboker Dumbuya è il presidente della sezione romana di Legal Aid. Ventinovenne, viene dal Gambia e vive in Italia da quasi dieci anni.

«Nel 2016 sono sbarcato a Lampedusa, dopo la prigionia in Libia da cui sono riuscito a scappare – racconta  – faccio il cameriere e il barista, divido un appartamento a Centocelle con un amico. Volevo aiutare chi mi ha aiutato e rendere mia nonna orgogliosa. Lei è rimasta in Africa da sola, mi piace raccontarle il mio impegno per gli altri e non le difficoltà che incontro. Quelle le tengo per me», dice.

Esquilino

Piazza dell’Esquilino. È qui che l’unità di strada si imbatte in Alaj, dal Mali. Classe 1990, Alaj non ha un posto dove dormire. Vive per terra, sui marciapiedi di Termini, insieme ad altri ragazzi. Dice che le nazionalità di chi è senza fissa dimora sono varie. «Ci sono anche molti italiani». Perché sì, l’onda della crisi ha colpito quella classe media che s’è ritrovata senza niente in mano. «Lavoro sulla Laurentina – dice Alaj – faccio il cameriere, ma non ho un contratto. Quello che guadagno non mi permette di affittare una stanza, nonostante i risparmi accumulati grazie al lavoro da stagionale nelle campagne di Rosarno e Foggia».

La prossima settimana Alaj si recherà allo sportello di Legal Aid: descriverà la sua situazione e i consulenti proveranno a garantirgli un letto in una delle comunità presenti nei vari municipi di Roma e a cui l’uomo non ha mai avuto la possibilità di accedere. D’altronde «secondo la normativa nazionale – spiega il gruppo – la richiesta di accoglienza deve essere manifestata al momento della presentazione dei documenti di protezione internazionale».

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L’Effetto Giubileo

Arrivati a piazza Vittorio, vero centro multiculturale della città, al gruppo si aggiungono altri volontari. C’è Ottavia, di Milano e che a Roma collabora al giornale di Spin Time, Scomodo, c’è Assana, 43 anni, dalla Guinea, anche lui tra i naufraghi di Lampedusa, l’isola dove qualcuno sui muri ha scritto che bisogna proteggere le persone e non i confini. Assana racconta di essere in Italia da quasi vent’anni, aiuta Legal Aid e la sua unità di strada.

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Si rende utile anche grazie alla sua conoscenza delle lingue, dal francese fino ai dialetti africani. «Lavoro in tribunale a volte, quando mi chiamano come interprete – dice – Roma è ormai la mia città, una città che accoglie e respinge insieme».

Una Roma che, secondo i volontari, nell’ultimo periodo, ha cambiato connotati. «La piazza – sottolinea Giovanna Cavallo, consulente legale di Legal Aid – è cambiata moltissimo: è militarizzata. Col Giubileo si tende di fatto a farlo sparire il povero, a toglierlo dalla vista di chi arriva e vuole ammirare la grande bellezza. Ma le tensostrutture predisposte dal Comune non sono una soluzione vera, a lungo termine: non accolgono tutti, non sono numericamente predisposte per farlo».

Legal Aid, a proposito di interventi giubilari, era presente anche nei momenti successivi allo sgombero delle tendopoli in viale Pretoriano, a settembre scorso. «Stiamo ancora sostenendo legalmente, grazie pure agli avvocati dello sportello e al servizio di gratuito patrocinio che svolgono, chi ha perduto tutto durante quello sgombero, chi ha visto gettare via le proprie cose, documenti compresi», dicono i volontari.

È sempre negli spazi ampi e verdi di piazza Vittorio, dove si vedono le nuvole volare da Santa Maria Maggiore fino ai Castelli, che il gruppo incontra una sua vecchia conoscenza: Ali, camerunese. L’uomo oggi ha una casa e un lavoro. Legal Aid lo ha aiutato nelle pratiche relative al rinnovo dei documenti. Nonostante questo Ali vive col timore che possa perderli. «Sono in regola – dice – ma non mi sento accettato in pieno. Quando cammino tra la gente sento sguardi di diffidenza».

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Un fatto che sempre secondo Giovanna Cavallo è «normale». «Esistono frontiere morali che si fa fatica ad abbattere», chiosa. Le saracinesche dei negozi accanto alla piazza scendono giù e sovrastano il rumore dei passi. Chissà se nella profondità della notte di Termini, Adi ha trovato finalmente il suo amico e con lui una casa lontano da casa.

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