Cronaca giudiziaria, persecuzione, morte (di Giancarlo Locarno) – NEOBAR

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Pasolini: Cronaca giudiziaria, persecuzione, morte. A cura di Laura Betti

Giancarlo Locarno

Questo corposo volume di quattrocento pagine è stato curato da Laura Betti, e pubblicato da Garzanti nel 1977, un libro indispensabile per chi ama l’opera e la figura di Pasolini. E’ suddiviso logicamente in tre parti, come suggerisce il titolo, la prima parte:

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Cronaca Giudiziaria”, riporta con dovizia di documenti e testimonianze il rapporto di Pasolini con la giustizia, ovvero l’elenco di tutti i provvedimenti giudiziari che l’hanno riguardato, si tratta di un elenco incredibile di denunce con conseguente processo in un periodo di tempo che va dal 1949 al 1975, dai quali peraltro è sempre uscito con l’assoluzione, anche se non sempre con formula piena.

Il primo provvedimento è quello relativo ai “fatti di Ramuscello”, Pasolini con due dei quattro ragazzi coinvolti, quelli con più di sedici anni, vennero accusati atti osceni in luogo pubblico, lui non nega ma dichiara:

di aver voluta tentare questa esperienza erotica di carattere e di origine letteraria accentuata dalla recente lettura di un romanzo di argomento omosessuale di Gide.

In primo grado vengono condannati e per Pasolini ha comportato la perdita del lavoro di insegnante e l’espulsione da partico comunista, e la decisione di trasferirsi a Roma.

Nel 1952 la cassazione assolve invece i tre imputati perché non c’era nessuna denuncia, e il prato in cui sono avvenuti i fatti era proprietà privata e non un luogo pubblico.

Pietro Mastroianni riporta l’elenco di tutte le udienze alle quali ha partecipato Pasolini nei vari processi, ed è un elenco lungo 19 pagine. Come se fosse un unico processo durato vent’anni. Parecchi di questi processi sono davvero incredibili:

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Nel 1961 Pasolini viene accusato di rapina a mano armata per aver minacciato con una rivoltella caricata con proiettili d’oro un barista di San Felice Circeo. Anche i carabinieri dimostrano di non credere all’accusa, perché Pasolini era agiato, viaggiava con la giulietta, non aveva certo bisogno di rapinare un bar, inoltre anche loro pensano che sia impossibile capire se una pistola è carica con proiettili d’oro. Il processo comunque avviene e dopo sei anni arriva l’assoluzione per insufficienza di prove, il ricorso contro questa sentenza per l’assoluzione piena non viene accettato.

Nello stesso anno viene accusato da un maestro elementare, il quale affermava di essere stato avvicinato da Pasolini, costretto a salire sulla sua macchina, poi minacciato, malmenato e derubato di un capitolo del suo romanzo manoscritto. Quindi di nuovo articoli su tutti i giornali per offrire l’immagine di un poeta delinquente comune. Poi il maestro confessa che si era inventato tutto, voleva avere pubblicità per le sue aspirazioni di scrittore. Pasolini viene prosciolto, sui giornali questo fatto appare con trafiletti pressoché invisibili.

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La seconda parte del libro, “persecuzione”, è costituita da un saggio di Tullio De Mauro: La stampa italiana e Pasolini. La tesi principale di De Mauro è che l’atteggiamento di Pasolini caratterizzato da “coerenza e umile accettazione di tutto intero il proprio essere” non poteva non suscitare “furore” e “rabbia” nel “ceto giornalistico italiano, organico e servizievole, per necessità di sopravvivenza”. Da qui deriva l’utilizzo del fatto di cronaca come un mero pretesto per gli attacchi personali contro una persona che si vuole mostrare oscena, omosessuale e comunista.

“La licenza di uccidere che di anno in anno, almeno dal luglio 1960, la stampa detta di informazione e i rotocalchi d’intrattenimento hanno rilasciato, può ora scattare senza timore che qualcuno si preoccupi di un Pasolini.”

Nell’ultima parte “l’esecuzione” compaiono tra gli altri scritti di Alberto Moravia, Francesco Leonetti, Franco Fortini e Andrea Zanzotto, ciascuno dà una sua interpretazione del rapporto di Pasolini con la società, la politica e la corruzione del suo tempo che sembrano tracciare una strada per la sua morte, che culturalmente appare come una vera e propria esecuzione. Leonetti esprime il suo giudizio storico-sociale sulla “liquidazione di Pasolini da parte dei sicari del potere borghese”. Carla Rodotà racconta le sentenze e mette in risalto i dubbi destinati a rimanere in sospeso e la mancanza di volontà nel proseguire le indagini. Tra le altre stranezze “emerge in modo importante” che al fatto fossero presenti altre persone, sulla macchina si è trovato un golf che non apparteneva né a Pelosi né a Pasolini, c’erano inoltre delle impronte di scarpe non appartenenti a nessuno dei due, emerge inoltre la logica liquidatoria della magistratura che ha preferito considerare il fatto come “una delle solite squallide uccisioni di omosessuali” che non meritava approfondimenti.

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Il volume si conclude con una poesia di Dario Bellezza, che in testa riporta anche dei versi di Pasolini:

Al sole

No, non a noi: tu manchi
a loro, che pure vivono a livelli
d’esistenza di sole, in pienezza,
e tra baracche e sterri,
prati zeppi di canne e d’immondezza,
sentono in questa disorientata brezza,
con altro cuore il tuo non esserci.

Io sono qui, nel loro
mondo (ma sempre al mio impoetico
livello d’uomo colto, come sopra
un muro che si sgretola):
col vero cuore sento che tu manchi, sole. (1)

Il sangue di un poeta, un cieco aedo
che vede di lontano, nell’infinito azzurro
la vita di quaggiù, e piangendo si dispera
di non farne più parte; la vita l’ha lasciato
vedovo e fulminato, gli evi futuri soli
splendono senza fine senza la sua ombra,
e si consola consolando noi vivi
provvisori alla sua triste dipartita
acherontea

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ignara della verità del tempo,
della musica razionale e gagliarda,
della ragione ragionante e mortale
causa di ogni sofferta persecuzione
che spera nell’ansia
di eternarsi in un soffio eterno
dimenticando però, compiendo
altro alto assassinio all’ingiusto misfatto. Disfatto ora
non teme più la vendetta dei veri morti,
cani assetati di sangue per tutti
i lunghi anni del suo martirio,
della sua pubblica crocifissione.
Ragazzi passano ancora, diversi,
ossuti nei loro americani pantaloni
non sanno più che ci fu un’epoca
titolata dal suo enorme nome di re.

Dario Bellezza

(1) Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo, 1961

In occasione del processo per l’accusa di rapina al bar del Circeo svoltosi a Latina è stata richiesta una perizia psichiatrica sulla personalità di Pasolini, che viene riprodotta nel volume, e che mi sembra interessante riportare di seguito.

Giancarlo Locarno



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