Se la banca ha un’anima è di territorio

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Anno Domini 1943. In Emilia il rombo della guerra inizia a farsi sentire: l’ingegnere Enzo Ferrari non è ancora quello delle Scuderie Ferrari. È appena uscito dall’Alfa Romeo ed ha fondato la AAC – Auto Avio Costruzioni: la guerra si avvicina, sceglie di spostare la produzione a Maranello. Servono soldi: che nessuna banca intende dargli, perché potrebbero arrivare i bombardamenti, distruggere tutto e nessuno restituirebbe. Troppo rischioso.

Non la pensò così il direttore della Banca Popolare di Novara. Stette ad ascoltare quel giovane ingegnere, non si limitò a controllare i numeri e calcolare le probabilità di riavere indietro il denaro. Ascoltandolo, rimase colpito dalla determinazione e dal progetto di Enzo Ferrari, gli concesse un prestito senza particolari garanzie. Quel finanziamento fu cruciale per permettergli di salvare l’impresa e realizzare le sue prime vetture, gettando le basi per il successo futuro della Ferrari. Il Drake, in segno di gratitudine, mantenne rapporti cordiali e preferenziali con la Banca Popolare di Novara per tutta la vita.

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L’intuito ed il territorio

Enzo Ferrari

L’intuito del direttore riconobbe le potenzialità del talento e quelle del settore delle corse. Capì che la guerra sarebbe finita e la gente sarebbe tornata ad appassionarsi alle sfide dei motori. Ci arrivò perché ascoltò ma soprattutto perché conosceva Ferrari, sapeva quanto valeva e dove sarebbe potuto arrivare. È quello che un algoritmo bancario non potrà mai sostituire.

Le banche popolari rappresentano proprio per questo un pilastro fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del territorio. La loro natura cooperativa, basata sul principio della mutualità e della vicinanza alle comunità locali, le distingue rispetto ai grandi istituti bancari. La Banca Popolare del Cassinate ad esempio ha affiancato la popolazione nella lunga fase della ricostruzione nel Dopoguerra; la Banca Popolare del Frusinate lo ha fatto nella complessa fase di passaggio cominciata negli anni 90.

Nella stessa settimana, i due istituti di credito ciociari mandano a dire al mondo bancario nazionale quanto sia ancora attuale il ruolo delle Popolari per lo sviluppo e la crescita. Anche in un periodo di home banking e di fintech.

BpF, via al bilancio

La direzione generale della Banca Popolare del Frusinate

Il Consiglio di Amministrazione della Banca Popolare del Frusinate ha approvato la situazione economica e patrimoniale al 31 dicembre 2024. In una nota firmata dal presidente dell’istituto di credito Carlo Salvatori, l’utile netto d’esercizio risulta pari a 19,3 milioni di euro, pari all’1,52% del totale attivo di Bilancio. Il margine di interesse si cifra in 38,9 milioni di euro. Le commissioni nette si attestano a 7.2 milioni di euro. Il risultato della gestione finanziaria è pari a 41,8 milioni di euro, le rettifiche di valore nette per rischio credito ammontano a 5,7 milioni di euro.

I costi operativi chiudono a 12,8 milioni di euro con un cost-income ratio del 26,90%. Inoltre i finanziamenti economici netti alla clientela raggiungono un totale di 780 milioni di euro di cui il 92% afferente al comparto dei crediti in bonis, il grado di copertura complessivo al 9%.

Numeri e legami

Carlo Salvatori (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

In calo le attività finanziarie con impatto sulla redditività complessiva e le Attività finanziarie al costo ammortizzato per effetto della naturale scadenza dei titoli in portafoglio connessa peraltro al termine delle operazioni di rifinanziamento Bce. Sul fronte della raccolta del risparmio la Banca Popolare del Frusinate rileva che la raccolta diretta da clientela è pari a 966 milioni di euro mentre quella indiretta al fair value si attesta a 104 milioni di euro.

Il patrimonio della banca, compreso dell’utile di periodo, si cifra in 136 milioni di euro, con un Cetl capital ratio e total capital ratio al 18,2% utile di periodo escluso. Il Roe al 17,11%.

L’approvazione del bilancio della Banca Popolare del Frusinate evidenzia il legame con le realtà imprenditoriali tradizionali del suo portafogli. In un contesto economico ancora caratterizzato da incertezze, la banca ha continuato a svolgere un ruolo cruciale nel sostenere risparmiatori ed imprese, vero motore dell’economia locale. Le iniziative di credito agevolato e il supporto a settori strategici hanno contribuito alla tenuta economica del territorio, favorendo investimenti e sviluppo occupazionale.

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BpC vicina alla cultura e alla comunità

Il valore delle banche popolari non si esaurisce nella loro funzione economica, ma si estende anche all’ambito sociale e culturale. La Banca Popolare del Cassinate ha tagliato in questi giorni il traguardo dei suoi 70 anni di attività. Cominciati con una geniale intuizione del senatore Pier Carlo Restagno che negli anni della Ricostruzione capì quale effetto leva avrebbe avuto una banca di territorio che conoscesse i suoi correntisti e potesse decidere sulla base dell’affidabilità personale, non quella delle formule matematiche.

Alla prima riunione costitutiva, pochi vollero metterci la faccia: prima della guerra Cassino aveva avuto un’altra esperienza di banca. Era finita male. Anche per questo, il senatore Restagno pescò dal fondo della sala “quel giovanottino, chi è?” e mise nel board un giovanissimo Donato Formisano, professione garagista, diventato il banchiere più longevo d’Italia.

In occasione dei suoi 70 anni di attività BpC è stata al centro di un Consiglio comunale straordinario ed ha organizzato un evento culturale con l’ex premier Enrico Letta. Iniziative con cui rafforzare il senso di appartenenza e identità della popolazione. Per sottolineare come una banca possa essere non solo un operatore economico ma anche un motore di crescita culturale e coesione sociale.

Un dialogo aperto con l’Europa

Vincenzo Formisano con Enrico Letta

Un lungo viaggio per comprendere, raccontare e progettare il futuro dell’Europa: è questo il cuore del percorso compiuto da Enrico Letta, raccontato durante la presentazione del suo libro “Molto più di un mercato” (per i tipi della casa editrice Il Mulino). Letta ha condiviso l’esperienza che lo ha portato a redigere il Rapporto sul futuro del mercato interno dell’Unione Europea, commissionatogli dalla Commissione e dal Consiglio UE.

Per redigere quel rapporto, da settembre 2023 ad aprile 2024 Letta ha attraversato l’Europa in lungo e in largo, toccando 65 città e partecipando a oltre 400 incontri. Non solo le grandi capitali ma anche le periferie e i piccoli centri: sono stati teatro di dialogo e confronto. Realtà diverse ed in apparenza distanti tra loro: associazioni di categoria, sindacati, imprese, cooperative, studenti e rappresentanti del terzo settore. Un’esperienza che ha fatto emergere la straordinaria ricchezza delle diversità europee, ma anche le sfide legate a una frammentazione normativa e identitaria che rischia di indebolire il progetto comunitario. «Mai ho avuto la percezione che queste differenze camuffassero incompatibilità» scrive Letta nel libro.

Al contrario, la diversità è la vera forza dell’Europa, a patto che venga valorizzata e non lasciata al servizio delle logiche nazionaliste che minacciano l’unità del continente.

Le sfide del mercato unico

Uno dei punti centrali della riflessione fatta da Enrico Letta dialogando con Cristina Tubaro nel corso dell’evento BpC riguarda i limiti strutturali del mercato unico europeo, nato senza integrare tre settori strategici: energia, finanza e telecomunicazioni. Questa lacuna ha reso l’Europa meno competitiva rispetto ai mercati globali. Letta propone una soluzione ambiziosa: la creazione di un’Unione dei Risparmi e degli Investimenti, che rafforzerebbe la competitività europea e permetterebbe di finanziare la grande transizione verde e digitale. «Investire nella transizione sostenibile non è solo una decisione economica, ma la scelta più strategica per assicurare all’Europa un vantaggio competitivo globale, preservando al contempo gli standard sociali di cui siamo fieri», sottolinea Letta.

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Tra le proposte più innovative, spicca l’introduzione di una “quinta libertà”: oltre alla circolazione di beni, servizi, capitali e persone, Letta auspica la libera circolazione delle idee, della ricerca e della conoscenza. Questo, ritiene, potrebbe rilanciare l’innovazione, mettendo la scienza e la ricerca al centro del progetto europeo e favorendo una crescita sostenibile e inclusiva.

Democrazia partecipativa

Enrico Letta

Parallelamente, Letta suggerisce l’istituzione di un “ventottesimo ordinamento”, un quadro giuridico unico per le imprese che operano a livello europeo, senza sostituire i diritti commerciali nazionali. Questa semplificazione normativa ridurrebbe gli ostacoli per le piccole imprese, spesso penalizzate dalle differenze legislative tra Stati membri.

Un tema ricorrente del libro è la necessità di rafforzare la democrazia europea attraverso forme di partecipazione più marcate e inclusive. Letta evidenzia come la democrazia tradizionale sia oggi sotto pressione, e che il futuro passi dalla capacità di coinvolgere i cittadini nei processi decisionali: «Dimostrare che la democrazia partecipativa rende l’economia più sostenibile e la società più forte è una sfida che non possiamo perdere».

Il ruolo delle piccole banche

Non poteva mancare una riflessione sul mondo bancario, con particolare attenzione al ruolo delle piccole banche di territorio. Letta ne sottolinea l’importanza strategica: «Non è eliminando i piccoli che si guadagna in competitività. Al contrario, il vero problema riguarda quei grandi operatori europei che non sono più sufficientemente grandi rispetto ai colossi americani e asiatici».

Le piccole banche, come la Banca Popolare del Cassinate, mantengono un legame profondo con il territorio e rappresentano un modello di sviluppo complementare a quello delle grandi istituzioni finanziarie. Il dialogo tra Letta, il Presidente Formisano e il Direttore Caramanica ha evidenziato proprio questa forza: la coesistenza tra grandi e piccoli operatori come chiave di successo per un sistema bancario europeo più equilibrato e resiliente.

Un modello da tutelare e valorizzare

Il messaggio che ne deriva. è che le banche popolari rappresentano un modello virtuoso da tutelare e valorizzare. Il loro ruolo non si limita all’erogazione di servizi bancari, ma abbraccia una visione più ampia di sviluppo sostenibile e inclusivo. Continuare a investire nel territorio, sostenere le imprese e promuovere la cultura locale significa gettare le basi per un futuro più prospero e coeso.

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