Toscana pioniera del fine vita. Ma non sarà “la Svizzera” d’Italia

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A un passo dal sì. A meno di stravolgimenti improvvisi, nelle prossime ore la Toscana diventerà la prima Regione italiana ad avere una legge sul fine vita. La prima Regione, cioè, a tradurre in pratica la sentenza della Corte costituzionale che ha reso possibile nel nostro Paese, ad alcune condizioni, il suicidio assistito. La Consulta aveva stabilito i famosi quattro paletti: può accedere al suicidio assistito chi ha una patologia irreversibile, con “prognosi infausta”, che gli causa sofferenze fisiche intollerabili ed è tenuto in vita da una macchina o da un “trattamento di sostegno vitale”. Dopo aver vergato i criteri, però, la Corte invocato una legge nazionale. Che da anni il Parlamento non è in grado di fare. Per ovviare questa inerzia, l’associazione Coscioni ha presentato leggi d’iniziativa popolare in varie Regioni italiane. Dopo che il Veneto non è riuscito nell’approvazione per un soffio – sono mancati alcuni voti della maggioranza sono mancati e ne è mancato anche uno del Pd – la Toscana si accinge ad approvare il testo. “Sono ancora in forse alcuni voti, ma la maggioranza c’è, dovremmo farcela senza problemi”, ci dice una fonte del consiglio regionale.

La Toscana è governata dal Partito democratico e il sì al provvedimento arriverà, oltre che dai dem, da Italia Viva e dai 5 stelle. Si era vociferato di un paio di cattolici Pd orientati diversamente ma, a quanto apprendiamo, uno dei due ha annunciato ai colleghi che voterà per il sì. Diversa la situazione nel centrodestra: Forza Italia e Fratelli d’Italia non daranno un voto favorevole. Da capire in che modalità si esprimerà il dissenso. La Lega, invece, ha optato per la libertà di coscienza. E sarebbero ben due (su sette) i consiglieri leghisti pronti al sì. Le riflessioni sono, però, in corso e non si può escludere che alla fine sacrificheranno la libertà di coscienza sull’altare della compattezza del centrodestra.

Bocciata la pregiudiziale di costituzionalità – se fosse passata, avrebbe bloccato la legge – non dovrebbero esserci ostacoli al via libera definitivo. Che arriverà, al più tardi, nella mattinata dell’11 febbraio. Cosa comporterà? Semplicemente una chiarezza, finora mai vista in Italia, su come si procede al suicidio assistito. Il testo è quello proposto ovunque dalla Coscioni, con qualche integrazione. Mette nero su bianco da chi deve essere composta la commissione che dà il via libera al suicidio assistito, quanti giorni devono essere impiegati per la valutazione e quali organi devono essere interessati. Stabilisce, inoltre, che la prestazione è gratuita. Che, cioè, il farmaco che aiuterà il paziente a porre fine alla sua sofferenza non dovrà essere pagato.

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Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale toscano, del Pd, spiega: “Lo scopo è quello di garantire un diritto individuale così come del resto la società stessa chiede da tempo. Quindi come istituzione abbiamo voluto fare chiarezza sulle procedure, sui modi e sui tempi che oggi ognuno affronta comunque a modo proprio. Da cattolico dico che in uno stato laico come il nostro debba esserci lo spazio di una mediazione legislativa a tutela di ciascun individuo e di ciascun orientamento. E la nostra speranza è che, dopo l’esempio della Toscana, arrivi il più velocemente possibile una norma nazionale”. 

Protestano i pro vita, sostenendo che in questo modo la Toscana diventerà “la Svizzera d’Italia”. Il riferimento è al fatto che in Svizzera il suicidio assisito è legale e alcune persone vanno lì anche dall’estero. Ma la legge che è in procinto di essere approvata non prevede quel modello. Potranno, infatti, accedere al suicidio assistito, ci spiegano due fonti che conoscono bene la materia, solo le persone che vivono e si curano in Toscana. Il criterio non è quello della residenza, ma del domicilio. Insomma, per accedere al fine vita, il malato deve essere già in cura in un’Asl regionale. 

Il fatto che in Toscana ci sarà una legge e altrove no significa che nel resto d’Italia non si potrà ricorrere al fine vita? No, la differenza è un’altra: ma chi vive in Toscana saprà con chiarezza a quali step andrà in contro, chi vive altrove no. Sarà in balia di protocolli più o meno estemporanei.

In linea di principio la sentenza della Corte costituzionale ha reso il suicidio assistito possibile ovunque sul territorio nazionale (alle condizioni che accennavamo). Il problema, però, è che in mancanza di una legge nazionale le procedure sono diverse da Regione a Regione. In alcuni casi, situazioni apparentemente molto simili sono state trattate in maniera diversa. Emblematico è stato il caso di Sibilla Barbieri, attrice e regista, costretta a ricorrere al suicidio assistito in Svizzera perché la Regione Lazio le aveva negato il via libera. La sua situazione clinica era molto simile a quella della signora Gloria, veneta, al quale la Regione non solo aveva dato il via libera ma aveva messo a disposizione il farmaco. E dal Veneto leghista arriva un’altra notizia oggi: poiché la legge è naufragata, Luca Zaia – favorevole al fine vita, nonostante nel suo partito, la Lega, molti siano contrari – tenterà la via del regolamento: “Lo vogliamo fare quantomeno perchè ci siano almeno tempi certi per le pratiche”.

Delle persone che in Italia, finora, hanno chiesto il via libera al suicidio assistito, undici hanno ottenuto il via libera. Cinque hanno proceduto .Tra coloro che erano in attesa c’era anche una donna toscana di 70 anni, anche lei di nome Gloria, che alla fine, non ottenendo una risposta, ha fatto ricorso alla sedazione profonda. La sua storia è emblematica delle difficoltà burocratiche che girano intorno al suicidio assistito. Difficoltà che l’approvazione di questa legge dovrebbe quantomeno ridurre. 



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