a giugno le tre tappe della Coppa Zinzi

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Era stata una bellissima storia, fatta di passione e colpi di pedale, su un percorso che non ammetteva soste ai battiti impennati del cuore. Il Giro della Campania aveva un copione prestabilito di circa 250 chilometri: partiva tra ali di folla da Piazza del Plebiscito e passava dal Vomero a Benevento, andando sul Vesuvio, poi per il valico di Chiunzi, Costiera AmalfitanaSalerno per finire a Napoli nel quartiere Arenaccia. Salite e discese ripidissime, percorsi disagevoli e strade panoramiche.

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Il Giro della Campania aveva un fascino unico, tale da coinvolgere, per esaltarne le leggende, fenomeni come Fausto Coppi e Gino Bartali. Tutto nacque nel 1911, come Torneo Ciclistico della Campania per intuizione e volontà dei giornalisti del Mattino, allorquando i pionieri del ciclismo si davano battaglia sullo sterrato, con biciclette pesanti come cancelli. Visse in altalena la kermesse, tra sospensioni e riprese, fino a quando divenne tappa fissa nel calendario dei pedalatori nel 1931. Poi negli anni ’50 e ’60 il Giro della Campania scrisse pagine memorabili, su strade finalmente asfaltate, con cavalli alati che percorrevano velocissimi il sentiero degli dei. Nel 1953 il campionissimo di Castellania tagliò il traguardo con cinque minuti di vantaggio, dopo 53 chilometri di fuga sulle montagne Agerolesi.

Il passaggio di Fausto Coppi all’Arenaccia

Di Bartali invece si ricorda un’impresa che oggi sarebbe impossibile da realizzare: nel 1940 cominciò ai Cangiani una volata di 25km che lo portò al traguardo con 4 minuti di vantaggio. Oggi in quel luogo sorge il fittissimo e intricato complesso di stradine del Rione Alto.  

Gli anni che seguirono furono di prestigio assoluto, finché nel 1977 il Giro della Campania arrivò perfino ad assegnare la maglia di campione italiano professionisti: la indossò Enrico Paolini, con Francesco Moser terzo al traguardo. Lo sceriffo del ciclismo nostrano avrebbe poi trionfato due volte in fila, nel biennio ’82-’83. La doppietta la firmò anche Beppe Saronni, in un albo d’oro impreziosito dai sigilli di Italo Zilioli, Franco Bitossi e poi ancora Roger De Vlaeminck, Franco Ballerini e Davide Cassani. La non brillante gestione organizzativa impose lo stop all’evento nel 1993 e il ritorno fu davvero fugare, una sorta di canto del cigno con le edizioni del 2000, Dario Frigo anticipò lo sfortunato Oscar Cavagnis e Rodolfo Massi (i campani Antonio Varriale, Domenico Romano e Crescenzo D’Amore furono quinto, sesto e ottavo), e del 2001, vinta dal russo volante Dmitrij Konyšev su Biagio Conte e Alberto Ongarato. Al traguardo l’arzanese Giuliano Figueras finì sesto.

Orbene, dopo un’attesa lunga un quarto di secolo, la prima settimana di giugno 2025 segnerà l’ingresso della gran fondo “Caserta Race Tour” nel calendario internazionale UCI, sesta tappa del MTB South Experience, ma soprattutto il ritorno in agenda del Giro della Campania riservato agli under 23. La Coppa intitolata a Domenico Zinzi, già presidente della Provincia di Caserta, avrà svolgimento in tre tappe, il 5, 6 e 7 giugno e restituirà alla Campania un pezzo di quella gloriosa tradizione cui avevano partecipato in passato i più grandi campioni della storia.

E può essere davvero il preludio ai ritorno in grande stile tra i professionisti.

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Il presidente della FCI Campania Umberto Perna nel velodromo di Marcianise

«E’ un momento d’oro per lo sport che rappresentiamo nella nostra regione. – ci dice con orgoglio il professore Umberto Perna, neoeletto presidente della Federciclismo Campania – Ci tengo pubblicamente a ringraziare Silvia Gazzola, dinamica organizzatrice degli eventi che arriveranno a giugno, a completare un programma già speciale per il Giro d’Italia, che il 15 maggio si inebrierà dei colori e della passione del lungomare di Napoli, ma anche del Giro Mediterraneo rosa che avrà partenza dall’isola di Capri. Non va dimenticata neppure la tappa del Giro-E, che invece ha scelto come Pompei per il via delle pedalate con arrivo a Napoli. Abbiamo il velodromo di Marcianise che ci invidiano in tutta Italia e una serie di altre strutture da riscoprire. C’è fervore ed interesse, dobbiamo necessariamente approfittarne per rafforzare la cultura della bicicletta: che è libertà, amore, rispetto per se stessi e per gli altri. Naturalmente per l’ambiente che ci circonda. Abbiamo il vento in poppa e non vogliamo in alcun modo tirare i freni”.





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