Ridimensionamento Pnrr in arrivo. Corsa al tesoro idroelettrico. Impatto del nuovo nucleare 50 miliardi

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Pronto il ridimensionamento del Pnrr: taglio di progetti, riduzione obiettivi, spostamento investimenti. Ai supplementari la partita delle concessioni idroelettriche italiane. Unimpresa: Il nucleare di nuova generazione avrebbe un impatto di 50 miliardi €. La rassegna Energia

La scadenza del Recovery Plan è più vicina e l’Italia dovrebbe accelerare la spesa del Pnrr a dismisura, fino a raggiungere oltre cinque miliardi di euro al mese. Il ministro Foti ha già pronta l’alternativa: eliminare i progetti irrealizzabili, ridimensionare gli obiettivi impossibili, spostare gli investimenti più lenti. La cruciale partita dell’idroelettrico italiano entra nel vivo. La maggioranza delle concessioni scadrà nel 2029, equivalenti a quasi 23 gigawatt assegnata dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano. L’Idroelettrico è un asset strategico: con 4.800 impianti, rappresenta la principale fonte di energia rinnovabile in Italia: a seconda della piovosità, contribuisce tra il 30 e il 40% (l’anno scorso anche di più) della produzione elettrica rinnovabile. Il nucleare di nuova generazione potrebbe generare oltre 50 miliardi di euro per l’Italia, il 2,5% del Pil e 117.00 nuovi posti di lavoro. Inoltre, l’energia nucleare potrebbe contribuire ad abbattere i costi dell’energia per le imprese, secondo un’analisi del Centro Studi di Unimpresa. La rassegna Energia.

PNRR, RIDIMENSIONAMENTO IN ARRIVO

“Via i progetti irrealizzabili entro la scadenza. Ridimensionamento degli obiettivi impossibili, spostamento degli investimenti a rilento verso altre fonti di finanziamento. Alla scadenza formale del Recovery Plan manca ormai meno di 18 mesi. Con l’arrivo di Raffaele Fitto alla Commissione europea e la delega alla sua attuazione, per l’Italia il problema politico di presentarsi alla scadenza senza rimediare una figuraccia si fa sempre più impellente. Il successore di Fitto al ministero degli Affari europei – Tommaso Foti – per raggiungere l’obiettivo di spendere le risorse chieste entro i tempi stabiliti ha davanti a sé una sfida quasi impossibile: accelerare la spesa ad un ritmo esponenziale, oltre cinque miliardi al mese. (…) se il Pnrr si fermasse qui, la media dei fondi già utilizzati – un terzo del totale – sarebbe la stessa della programmazione ordinaria dei fondi europei. Con un occhio al successo spagnolo, a Palazzo Chigi sanno cosa non ha funzionato del piano italiano: Madrid ha concentrato gli investimenti su meno obiettivi e concentrati verso il sistema produttivo. Il nostro Pnrr – nonostante i tentativi ripetuti di modifica – ha più di 260mila appalti. Una polverizzazione che avvantaggia i piccoli interventi sul territorio e i Comuni, meno le imprese. Basti qui citare il caso del progetto Transizione 4.0, sei miliardi a disposizione per l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni”, si legge su La Stampa.

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“Sia come sia, nell’ultima revisione dovrebbe essere fatto ciò fin qui evitato è stato evitato: tagliare i fondi ai Comuni manifestamente incapaci di rispettare la scadenza di metà 2026, quantomeno come data ultima per l’apertura dei cantieri. Così come nell’ultima revisione, ci sarà anche un aggiornamento delle opere pubbliche finanziate direttamente dallo Stato, a partire da quelle ferroviarie, che pure vanno meglio di altre ma restano sotto al 40 per cento della spesa potenziale. Foti a questo giornale ha citato il caso dell’enorme investimento sulla galleria dei Giovi fra Piemonte e Liguria, nel quale sono stati trovati giacimenti di gas in sette dei dodici punti di scavo. (…) E’ sempre più probabile che l’anno prossimo Bruxelles conceda un allungamento dei tempi fin qui concordati per l’intero piano. Non una proroga secca (che dovrebbe passare dal voto del Consiglio europeo), più probabilmente uno strumento giuridico che permetta di evitare contestazioni e permetta di considerare come finite opere in buon stato di avanzamento”, continua il giornale.

IDROELETTRICO, QUANTO VALE PER L’ITALIA

“Italia contro resto del mondo. La partita finale per tenersi (o strappare) le centrali idroelettriche, che sono il vero tesoro energetico del Paese, entra nel vivo e questa settimana si capiranno quali sono gli schieramenti. In campo ci sono la big Enel, e gli altri maggiori concessionari come A2a, Alperia, Edison, Dolomiti Energia e Cva, che detengono complessivamente oltre il 70% delle dighe. Dall’altra parte, gruppi e fondi stranieri interessati a mettere le mani sulla nostra acqua, l’unica tra le fonti rinnovabili a essere «programmabile». E qui nelle due gare bandite dalla Regione Lombardia sono già scesi in campo gruppi del calibro di Eph (in consorzio Slovenské elektrárn in cui Enel è socio di minoranza) che fa capo al miliardario ceco Daniel Kretinksy ed è presente in Italia con il gruppo Ep Produzione, che gestisce centrali a gas. Ma anche la svizzera Bkw e il fondo australiano Macquarie. Alla gara stanno partecipando anche società italiane come tra gli altri le multi-utility Acea e Ascopiave. (…) Per ora si tratta di due piccole concessioni già scadute, le centrali di Codera Ratti-Dongo e Resio, che valgono 23 megawatt, poca roba. Ma in futuro potrebbero calare da Oltralpe anche i tedeschi o i norvegesi e fondi internazionali in partnership con piccoli operatori industriali. Perché la posta in gioco è molto alta. La stragrande maggioranza delle concessioni scadrà nel 2029. E qui si tratta di quasi 23 gigawatt, vale a dire 23 mila megawatt. Per chi se ne intende, è tanta roba. Ed è tutta gestita in regime concessorio, assegnata dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano. L’Idroelettrico è un asset strategico: con 4.800 impianti, rappresenta la principale fonte di energia rinnovabile in Italia: a seconda della piovosità, contribuisce tra il 30 e il 40% (l’anno scorso anche di più) della produzione elettrica rinnovabile. (…) E di investimenti c’è bisogno, per ammodernare e rendere più efficienti gli impianti: servono 15 miliardi complessivi per ammodernare e rendere più efficiente un parco impianti che ha oltre 40 anni, ma in alcuni casi arriva anche al secolo di età. Lo hanno scritto nero su bianco le associazioni che riuniscono gli stakeholder del settore, insieme ai sindacati Cgil, Cisl, Uil e ad associazioni come Fondazione Symbola e Kyoto Club, nel Manifesto «Uniti per l’Idroelettrico italiano»”, si legge su L’Economia de Il Corriere della Sera.

“Ma qual è il problema? Che le concessioni andranno tutte e gara, con bandi internazionali. E l’Italia, dove già le concessioni hanno una durata tra le più basse d’Europa (30-50 anni), sarà l’unico Paese europeo dove questa grande partita per l’idro si giocherà con un campionato aperto al resto del mondo. La messa a gara era uno degli obiettivi della terza rata del Pnrr, che è stata già erogata. La partita non è soltanto economica ma anche politica, tra Roma e Bruxelles. Quindi, cambiare le regole del gioco non è così facile. Esclusa la richiesta di una «proroga» o di un «rinnovo», ora il mantra è la «riassegnazione» senza gara pubblica, ma a fronte di piani di investimento sul territorio. E in Parlamento proprio questa settimana arrivano i primi tentativi per tenere l’idro in mani italiane. Il primo è un emendamento al decreto Milleproroghe che si dovrebbe votare questa settimana e che congelerebbe le gare fino a dicembre. Altri tre emendamenti al decreto Emergenze, anche questo in calendario dei lavori parlamentari questa settimana, prevedono la riassegnazione basata su regole e criteri rigidi e a fronte di piani economico-finanziari presentati dai concessionari uscenti. Un emendamento presentato da Azione (non un partito della maggioranza) prevede di assegnare parte dell’energia idroelettrica a un prezzo calmierato per le aziende energivore. (…) Ma proprio a ridosso dell’inizio della partita in Parlamento, è intervenuto il ministro degli Affari europei Tommaso Foti che ha detto apertamente che con Bruxelles dobbiamo trattare e trovare un punto «di accordo». «Invece di stare in ambito normativo che sarebbe fatalmente oggetto di situazione di grande difficoltà per gli obiettivi del Pnrr, bisogna cercare di fare un discorso molto più diplomatico con la Commissione Ue per vedere quali possibilità ci possano essere”, continua il giornale.

NUCLEARE, UNIMPRESA: IMPATTO OLTRE 50 MILIARDI

“Il nuovo nucleare potrebbe generare un impatto economico di oltre 50 miliardi di euro per l’Italia, pari al 2, 5% del Pil, creando fino a 117.000 nuovi posti di lavoro. È quanto emerge da un’analisi effettuata dal Centro studi di Unimpresa, che evidenzia il potenziale strategico dei reattori di nuova generazione per la competitività del sistema produttivo nazionale. Con un mercato potenziale di 46 miliardi di euro per la filiera industriale italiana entro il 2050, il nuovo nucleare rappresenterebbe una leva chiave per abbattere i costi dell’energia per imprese grandi, medie e piccole, prosegue Unimpresa”, si legge su La Stampa.

“Il nuovo nucleare, secondo il rapporto dell’associazione, garantirebbe maggiore stabilità nei costi operativi, riducendo il divario competitivo con le imprese straniere. I nuovi reattori, sottolinea ancora Unimpresa, potrebbero essere collocati in prossimità dei distretti industriali, abbattendo i costi di trasmissione dell’energia e migliorando la sicurezza degli approvvigionamenti”, continua il giornale.



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