Rispondere alla furia anti-ambientale di Trump con le pale eoliche? Il re del vento è ancora più nudo

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difficile da pignorare

 


I progetti di Donald Trump spaventano chi si preoccupa per le sorti del pianeta, anche coloro che sono contrari all’installazione delle turbine eoliche. Che adesso sembrano ancora di più trasmettere solo un messaggio simbolico. E rendono ancora più lecito pensare che il gioco non valga la candela

Non ho difficoltà ad ammetterlo: noi che non veneriamo le turbine eoliche come le icone della salvezza del Pianeta, facciamo una certa fatica a riprendere le riflessioni sulle cosiddette energie pulite, dopo l’esposizione dei programmi del presidente Trump. Eppure proprio dai suoi propositi bisogna partire, tentando di capire quali conclusioni portare alla luce immergendoci in quel vergognoso coacervo di aggressivi, retrogradi, rodomonteschi annunci e provvedimenti, per isolare dal mucchio la drastica dismissione delle energie rinnovabili.

In realtà non ci rallegriamo, come qualcuno forse si immagina, quando Trump dichiara che le energie rinnovabili sono una truffa, che l’industria green è un imbroglio dispendioso e contribuisce a deprimere la competitività economica del paese, che i “mulini a vento” rovinano i paesaggi, si degradano in enormi cataste di spazzatura, servono solo a chi guadagna alle spalle dei cittadini, grazie agli incentivi statali ricaricati sulle bollette dei contribuenti.

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Non abbiamo detto noi le stesse cose, da anni? E allora perché non battiamo le mani? Non le battiamo perché queste accuse, per quanto tutt’altro che infondate, sono solo un tassello di un programma di irresponsabile crescita dei consumi (drill baby drill) che accelera la corsa della “nave dei folli” mondiale verso il baratro. Rappresentano un pericolosissimo segnale di via libera all’egoismo miope dell’oggi a scapito del domani. E qui vengo colto da un improvviso dubbio: non sarà che, spogliandoli del loro ipocrita mantello messianico, gli interessi sotterranei del green deal non siano poi, più o meno, la stessa cosa?

Lasciate che mi spieghi. Il progressivo riscaldamento del Pianeta è un fatto incontestabile. La diagnosi che va per la maggiore può essere accettata, seppure con qualche perplessità relativa all’importanza del Co2 nel rendere più rapido un processo “galattico” di fronte al quale qualunque sforzo umano sarebbe impotente. Il guaio è che le terapie individuate fanno acqua da tutte le parti: sono pannicelli caldi infantilmente ideologici, dietro ai quali si celano gli squali portatori di interessi privati e pubblici di enorme portata, del tutto estranei ai veri interessi nel tempo degli abitanti di questo pianeta e al loro benessere attuale e futuro.

Le trombe e le campane

Di fronte all’arroganza anti ambientalista di Trump la reazione “di pancia” di noi europei potrebbe fare il paio con la famosa frase del Pier Capponi: «Voi sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane». Vale a dire: «Tu metti al bando le rinnovabili, noi, per sventolarti in faccia impavidi la bandiera della via che abbiamo intrapreso, ne quadruplicheremo l’installazione».

Campane a stormo! Però… però immagino che ricordiate il dispetto che il marito cornuto fece alla moglie infedele. E qui il paragone, per quanto volgaruccio, calza a pennello.

Abbiamo cercato di dimostrare innumerevoli volte – e sempre censurati – l’inutilità della corsa alle rinnovabili caratteristica della politica europea in salsa Von der Leyen, in mancanza di un effettivo e analogo impegno planetario per mitigare l’effetto serra. Impegno che l’amministrazione di Trump ha avuto paradossalmente il merito di rinnegare esplicitamente, ma da tempo è assente dalle reali agende di troppe nazioni produttrici di gas climalteranti.

Quello che abbiamo intrapreso resta, ancora più di ieri (vorrei aggiungere: tragicamente più di ieri), soltanto un percorso di valore simbolico che ha la pretesa di dare il buon esempio e indicare una via d’uscita teoricamente efficace, qualora fosse universalmente messa in pratica. Forse questa orgogliosa (o presuntuosa?) posizione esemplare sarà resa più nobile dalle attuali dichiarazioni di Trump; più nobile, ma anche più patetica: l’esibizione muscolare di un nano nei confronti di un torvo gigante.

La leggenda consolatoria di Davide contro Golia non dovrebbe illuderci. Se c’è una cosa certa è che l’Ue non è un avatar di quel pastorello armato di fionda. Per non parlare dell’Italia. Ciò nonostante, emotivamente e da incorreggibile don Chisciotte, mi schiererei dalla parte delle scelte europee – per quanto suicide – se non fosse che il costo (non solo economico ma soprattutto culturale e esistenziale) di questo orgoglioso accanimento mi pare davvero troppo alto e conduce al radicale e irreversibile massacro dell’intero patrimonio paesaggistico italiano; paesaggio che la costituzione dovrebbe tutelare (articolo 9).

Un messaggio simbolico

Nel 2021 soltanto nell’Italia meridionale erano già in funzione quasi settemila gigantesche torri eoliche, alte fino a 250 metri, e oggi la quantità è ancora aumentata, mentre avanza la colonizzazione della Toscana e dell’alto Lazio etrusco, malgrado le crescente opposizione dei sindaci e delle popolazioni locali. Il vento intermittente che fa ruotare quella foresta di pale non contrasterà minimamente il vento che gonfia con forza sempre maggiore le vele della nave dei folli spingendola verso esiti disastrosi. Ma farà andare a letto i difensori a oltranza delle energie rinnovabili con la coscienza tranquilla, fiduciosi che la loro testimonianza varrà a commuovere qualche buon dio, risparmiandoci la fine di Sodoma e Gomorra.

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Qualora il vantaggio planetario si riducesse solo a questo messaggio simbolico ed esemplare non sarebbe lecito pensare che il gioco non vale la candela? Se il destino del Bel Paese sarà quello di trasformarsi comunque in un deserto soffocante, preferirei che le sue dune non fossero punteggiate dagli scheletri obsoleti di migliaia di pale eoliche: sinistre testimonianze di un gigantesco e non innocente equivoco pseudo religioso.

I lettori pretendono che dopo ogni denuncia venga additata una via d’uscita. Purtroppo questa risposta nessuno ce l’ha sotto mano. Bisogna cercarla tutti insieme, liberandosi da falsi miti, fantasie autoassolutorie e scorciatoie fallaci. Ma occorre comunque una cosa: il coraggio di guardare in faccia la realtà. Riconosciamo a Trump almeno un merito: ci sta costringendo a farlo.

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