Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 12 febbraio 2025 – AlessioPorcu.it

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 12 febbraio 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 12 febbraio 2025.

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TOP

MAURIZIO CASASCO

Maurizio Casasco (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

La politica va letta in due modi: quello per cui si prendono le dichiarazioni dei suoi rappresentanti e le si mettono in fila. Poi quella per cui, nel metterle assieme, ci si vede il quadro generale. E, con quello, tutte le strategie annesse che appartengono agli organismi deputati a fare politica: i Partiti. E la cosa più importante, in questo gioco di ombre concettuale che cova sotto una superficie piatta ma solo “per finta”, è la tempistica.

La capacità cioè di sollevare argomenti, affrontare temi e prendere iniziative esattamente al momento giusto. Maurizio Casasco ad esempio non lo ammetterà mai che, probabilmente di concerto con Antonio Tajani o in endorsement con la sua linea, ha replicato a Matteo Salvini, ma lo ha fatto.

Questione di timing
Matteo Salvini (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Recap: negli ultimi due giorni il ministro dei Trasporti-Infrastrutture e di tante altre cose in pectore è tornato su un tema che non ha certo lui in agenda istituzionale, ma che sta nell’agenda “cardiaca” di moltissimi italiani: le tasse. Quelle e le grane per chi non le paga. Perciò ha proposto una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali.

Si tratta di un tema che sta nel Dna di Forza Italia molto più di quanto non stia nel petto della Lega. Ma Salvini ha Giorgetti al Mef ed una fame spaventosa di consensi, e tanto gli è bastato per “sconfinare”. A quel punto è intervenuto Casasco, che è deputato di Forza Italia e responsabile del dipartimento economia degli azzurri.

Ed ha detto: Forza Italia continua a battersi per il ceto medio, troppo a lungo abbandonato e dimenticato. Per questo riteniamo fondamentale e prioritario ridurre l’aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi fino a 60mila euro”. Capito il senso? Stesso tema ma metodo più praticabile, anche per dare un’immagine più quadrata dell’approccio alle noie erariali degli italiani.

E soprattutto per far capire ad essi che se c’è un Partito a cui “rivolgersi” quando lo Stato bussa troppo a danè quello non è certo il Partito di Salvini.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Proposta “sostenibile”
Maurizio Leo (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Per Casasco si tratterebbe di “un segnale concreto di attenzione verso milioni di famiglie e lavoratori italiani da tempo nel nostro programma economico”.

Poi l’appunto, quello delle ultime ore che fa capire come la politica vera sia quella di strategia, mai di tattica. “La nostra è una proposta seria e sostenibile, e come tutte le proposte economiche di Forza Italia realizzabile solo nel rispetto dei parametri europei”. Cioè secondo regole e binari che Salvini, andando a Madrid dai sovranisti, ha ribadito di esecrare.

Senza contare poi il problema delle risorse, che in ordine alla proposta del Capitano erano state già messe in casella dubitativa dal vice di Giorgetti, Maurizio Leo. “Le risorse necessarie potranno provenire non solo dal concordato fiscale, che nella legge di bilancio sono state considerate a zero euro, ma anche dal ravvedimento operoso, che scade il prossimo 31 marzo.

Leo sta con noi

Poi dall’aumento dell’occupazione e “dall’aumento dei contratti di lavoro. Il gettito aggiuntivo generato da questi strumenti ci potrà consentire di alleggerire la pressione fiscale senza mettere a rischio i conti pubblici. E la chiosa ha dato la cifra della stoccata al segretario leghista: “Forza Italia è da sempre il partito delle tasse giuste e del sostegno alle imprese, alle famiglie e ai lavoratori”.

“Per questo siamo pienamente in linea con il viceministro Maurizio Leo, convinti che la riduzione della pressione fiscale sia la chiave per rilanciare i consumi e la crescita economica del Paese”.

Colpito ed affondato.

MANUELA MIZZONI

Manuela Mizzoni

Il dato è tecnico, non ufficiale nel senso che ancora non c’è decreto in Commissione ma sì, il decreto in sé c’è: Manuela Mizzoni è destinata a diventare il nuovo Direttore Generale della Asl di Frosinone. Il foglio con la nomina è stato preparato, si attendono i nomi dei due manager che mancano per completare il nuovo mosaico regionale ( Tor Vergata e Sant’Andrea) per mandare il faldone in Commissione Sanità ed accendere la luce verde.

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Alla fine l’opera di Francesco Rocca è andata a massa critica e la provincia ciociara ha il suo DG su quello che tecnicamente è il fronte più caldo. Quale? Quello in cui in ballo c’è la salute dei cittadini e, assieme, la capacità della politica di indicare manager che siano bravi, oltre che graditi agli incastri di casella.

“Baucana” e brava
Carlo Mirabella

Mizzoni, già Direttore generale del Gruppo Ini, è la prima manager del territorio dai tempi del compianto Carlo Mirabella.

È del territorio che più non si può: nata a Frosinone è residente a Boville Ernica. E tutto di lei dice che sarà in grado di prendere quelle redini istituzionali ed operative al contempo che, nel complesso gioco ad incastri delle nomine Asl laziali, fanno capo e massa critica ad una combo difficilissima.

Quella per cui bisogna essere vocati alla mission ed ai pazienti e votati alle gestione di una macchina che è (anche) un grande blob gestionale. Nel quale il suo predecessore Sabrina Pulvirenti, ancora oggi in carica come Commissario, si è immersa senza riserve e senza risparmio di energie. Scoprendo e smantellando piccoli santuari, appianando tante grinze, tagliando e cucendo. Ma commettendo un errore strategico: ha ignorato le istanze della politica locale e scavalcato il deep state interno alla struttura. Che alla fine hanno presentato il conto: bravissima ma ora il suo lavoro è finito non serve più un Commissario ma un Direttore Generale ed i profili sono diversi.

Skillata, tanto: e manager dentro

Mizzoni è laureata in Scienze Economiche e Bancarie ha un master in Economia e Management Sanitario; a cui si aggiunge, in massa critica operativa, un corso di formazione manageriale per la direzione manageriale delle Aziende sanitarie. Direttore generale in carica all’Asp della provincia di Frosinone (l’azienda che ha assorbito gli Ipab) ed al Gal Terre di Argil. Dalla sua ha una marcatissima esperienza “bilocata”: cioè tra chi deve gestire e chi si deve interfacciare con la Regione. Il suo era uno dei nomi in pole. Pole vera, non di quelle che servono a bruciare caselle per preparare il terreno a professionalità terze.

Le tocca un compito arduo perché succede ad una battitrice libera con la mania del rapporto diretto col paziente, ma ha tutti i numeri per toccare quei traguardi. E tenere al contempo la bussola di un equilibrio che sta alla base della funzionalità di ogni organismo complesso.

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Abbiamo un DG.

CORRADO URBANO

Più forte della sfiga, più potente del passato che in teoria non torna mai. Perchè l’acqua passata non macina più allo stesso mulino. E perchè il rischio enorme era quello di fare la figura della minestina riscaldata. Mister Corrado Urbano, figura storica del calcio ciociaro, prima al Real Piedimonte poi al Cassino, a distanza di 13 anni è tornato sulla panchina del Venafro nel campionato di Eccellenza . E ieri ha alzato la Coppa Italia di categoria.

Urbano è un totem, un amuleto, l’antidoto con cui i molisani riescono a sognare. E vincere. Erano quattro volte che il Venafro perdeva la finale di Coppa, sfiorando ogni volta il trofeo che mancava da sempre nel suo ricco palmares. Il tecnico ciociaro ha guidato la formazione a centrare quel bersaglio per la prima volta in sessant’anni di storia calcistica.

Anche questa volta sembrava che la sfiga dovesse divertirsi alle spalle dei molisani. Li ha portati alla lotteria dei calci di rigore. Un incubo per il Venafro che lo scorso anno ha perso il trofeo all’ultima gara.

Con la Coppa Italia di Eccellenza, il tecnico ciociaro chiude un cerchio che era rimasto aperto da 15 anni. Anche in quella stagione 2008 c’era lui sulla panchina ed anche quella volta guidò la sua squadra ad un successo: la storica (perché l’ultima) promozione in Serie D, ma la Coppa riuscì solo a sfiorarla. Nei due anni successivi Urbano guidò il Venafro alla salvezza.

In campionato ora è quarto, ad un gradino dai play off. Gli appuntamenti con la storia non finiscono mai, quando sei più forte della sfiga.

L’uomo dei trionfi.

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FLOP

CARLO NORDIO

Il Guardasigilli Carlo Nordio

Adesso è stato sollecitato da Giuseppe Valditara per l’arresto in flagranza per chi aggredisce i docenti: tecnicamente se ne potrebbe discutere per gli over 18, ma non spetta ad un Guardasigilli agire in tale senso. Le sue hanno preso via via il tono di giustificazioni da pannicello, ed il vero problema di Carlo Nordio forse è un altro. Quello per cui l’attuale Guardasigilli forse non è un requirente prestato alla politica, ma un politico (di destra) sottratto per troppo tempo dalla magistratura. Della cui mission ha un’idea abbastanza chiara e per certi versi condivisibile.

Ma che non sfugge per nulla a quei toni iperbolici con cui una certa fronda partitica ormai mette in casella tutte le toghe. Insomma, il dato pare più crudo: il problema non è limitare le aberrazioni contro l’ordine, ma sostituire con un’Ordine draconiano tutto ciò che anche solo per un attimo può essere verniciato da aberrazione.

Lo “scudo penale”

Come nel caso del cosiddetto “scudo penale” per le forze di polizia, quello su cui si è esercitato anche il lessico di pregio di un gigante come il generale Vannacci. Per Nordio, e dopo una mezza retromarcia successiva ad endorsement neanche troppo velati, quello è stato un “termine improprio”.

E il ministro della Giustizia del governo Meloni ha argomentato. Così. “La legge è uguale per tutti, e se un poliziotto o carabiniere commette un reato c’è anzi un’aggravante specifica nel codice penale che è l’aggravante di chi commette il reato come pubblico ufficiale”. Perciò a suo avviso non c’è stato alcuno “scudo penale, ma è anche vero che viviamo una distonia”.

Il registro degli indagati
Polizia stradale controlli © Imagoeconomica / Paolo Lo Debole

Quale? La bibliografia ministeriale viene in contro al ministro. Distonia che io stesso ho denunciato in quei libri che continuo a citare. Da 25 anni l’istituzione del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia è un istituto fallito. E’ nato come garanzia nei confronti di chi è destinatario dell’atto e si è trasformato in una condanna anticipata. In una sorta di gogna mediatica e tante volte anche di compromissione di cariche in corso o addirittura di cariche elettive a cui si mira a concorrere”.

E’ vero, in parte è vero, ma siamo sicuri che la causa siano le carriere non separate delle toghe? “Sono atti dovuti: se un carabiniere spara è automatica l’iscrizione nel registro degli indagati perché ha diritto ad essere assistito, con un consulente, nel caso in cui si faccia una autopsia o una perizia balistica”.

Il marchio di infamia ex ante

E ancora: “Ciò è connesso al fatto che essendo iscritto nel registro degli indagati reca questa specie di marchio anticipato di infamia. Stiamo studiando un provvedimento che, senza essere scudo penale di cui non abbiamo mai parlato, possa coniugare le garanzie di una persona che possa avere un interesse a essere assistita in un’eventuale indagine, con il fatto che non venga iscritto in nessun registro degli indagati.

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Nordio ammette lui per primo: “Non è facile, la stiamo tecnicamente studiando, è una mia vecchia idea di 30 anni fa e cerchiamo di portarla a compimento”.

E non gli è venuto forse il dubbio che se la sua idea è così vecchia è forse perché la sua soluzione è inapplicabile?

Tra distonico e distopico è un attimo.



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