Congo, il supporto di Caritas alla popolazione tra guerra e instabilità

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La Repubblica Democratica del Congo sta vivendo una delle crisi umanitarie più gravi al mondo, caratterizzata da conflitti armati, violazioni dei diritti umani e instabilità politica. Il Paese è devastato da decenni di guerre, che hanno coinvolto gruppi armati e milizie locali, causando enormi sofferenze alla popolazione civile. Le violenze, l’insicurezza e la scarsità di risorse alimentari e sanitarie hanno portato a milioni di rifugiati e sfollati interni. Interris.it, in merito all’attuale situazione umanitaria nel Paese, ha intervistato il dott. Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’Ufficio Medio Oriente e Nord Africa di Caritas italiana.

RDC (@ Kudra Abdulaziz da Pixabay)

L’intervista

Dottor Cavalletti, come si sta connotando l’attuazione situazione nella Repubblica Democratica del Congo?

“La situazione nella Repubblica democratica del Congo è molto grave e mobile. Le informazioni che stiamo ricevendo dalle Caritas sul posto ci dicono che, la città di Goma, è totalmente controllata dai ribelli del movimento M23 e, dal punto di vista delle violenze e degli scontri armati, la situazione si è calmata ma, invece, sotto il profilo umanitario, è molto grave e mancano i beni essenziali. Le agenzie delle Nazioni Unite e le diverse organizzazioni, in molti casi, per motivi di sicurezza, avevano sospeso le attività e ciò ha aggravato la situazione generale”.

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Che pericoli si profilano dal punto di vista sanitario e umanitario?

“Sotto il profilo igienico, il quadro che si sta delineando, è molto pericoloso perché, molte persone, stanno bevendo l’acqua del lago Kivu e, nei giorni scorsi, c’erano dei cadaveri nelle strade. Tutto ciò, dal punto di vista sanitario, è molto pericoloso, soprattutto nelle aree dove si radunano gli sfollati, a causa del crescente rischio di epidemie. Invece, nelle aree extra urbane verso Bukavu, la prossima città che forse vorranno conquistare gli appartenenti all’M23, si stanno verificando scontri armati che provocano sfollamenti che cambiano la situazione umanitaria di giorno in giorno. Basti pensare che, alcune di queste persone, erano già sfollate in precedenza in quanto, nel Sud Kivu, c’era già una situazione di conflitto ma, ad oggi, sono di nuovo in fuga e, molti di loro, stanno ritornando nei loro villaggi rurali d’origine i quali, allo stato attuale, paradossalmente, sono diventati delle zone sicure, ma non hanno più nulla. Oltre a ciò, i civili subiscono, varie violenze dalle diverse milizie”.

In che modo e con quali azioni Caritas è impegnata a fornire supporto umanitario alla popolazione civile?

“Caritas è una delle poche organizzazioni presenti e operanti sul territorio. Innanzitutto, stiamo cercando di monitorare i bisogni della popolazione civile, grazie alla rete costituita dalle parrocchie, facendo delle visite nei luoghi dove ci sono gli sfollate. I principali interventi, attualmente, soprattutto a Goma, si sta operando sul piano della fornitura di acqua potabile, materiale igienico sanitario in un’ottica di prevenzione delle epidemie e conferendo altri beni di prima necessità, come ad esempio il cibo”.

© Paesaggio congolese (© Kudra Abdulaziz da Pixabay)

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione?

“Chi lo desidera, può aiutare l’azione di Caritas, andando sul nostro sito e facendo una donazione a supporto delle opere svolte nella Repubblica Democratica del Congo. Auspichiamo che, questo conflitto, si fermi. Papa Francesco, nei giorni scorsi, ha lanciato un grande appello alla comunità internazionale e alle parti coinvolte. Deve essere fornito alla popolazione civile un accesso sicuro alla fornitura dei beni di prima necessità. In seguito, tutti gli attori in campo, devono sedersi a un tavolo: occorre ricordare che, dietro al conflitto in atto, c’è un interesse enorme dovuto allo sfruttamento dei minerali e, dietro al gruppo ribelle M23, c’è il Ruanda, Paese alleato di molti Paesi europei. il quale rivende tali risorse sui mercati. La comunità internazionale, quindi, può far leva sul Ruanda affinché, la situazione attuale, si risolva in modo pacifico”.



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