L’Ue riprenda l’iniziativa. Se sul commercio occorre resistere, sul resto ha tutto l’interesse a negoziare: è questa l’arte nella quale eccelle il Vecchio Continente
L’Europa ha troppa esperienza di guerra per non sapere qual è il suo interesse continentale: la pace. I due conflitti mondiali l’hanno quasi distrutta, una sorta di suicidio. Eppure in questi tre anni l’Europa è stata spazzata da un vento bellicista all’antica, fatto di sciovinismi, nazionalismi e processi alle intenzioni, che le hanno fatto dimenticare una verità storica irrevocabile.
Alcuni dei promotori di tale torsione (Polonia, nordici e baltici), non hanno ancora elaborato una storia condivisa con il resto d’Europa e sentono di avere conti in sospeso, esprimendoli in forma vittimista. Ma la contesa sui dazi con gli americani ricorda improvvisamente agli europei il loro vero interesse e non è una novità.
Non solo commercio
È noto che il blocco occidentale non è mai stato un vero mercato unico: da sempre gli Usa hanno avuto da ridire sulla bilancia commerciale e messo dazi sui prodotti europei ogni qualvolta erano scontenti. Lo ha fatto pure Bill Clinton, il più filo-europeo di tutti i presidenti americani. Prima di loro i britannici opponevano il commercio del Commonwealth a quello con il continente e la Brexit è stata (forse) l’ultima riedizione di tale scelta. Ma il mercato unico europeo – costruito attorno al pivot dell’industria tedesca – è una forza potente che mette paura a tutti, americani inclusi: per questo Trump scatena le ostilità. L’Europa dovrebbe stare calma e reagire con composta fermezza: solo in questo modo alla fine avrà partita vinta.
Paradossalmente è un bene che sia in corso uno scontro su tale terreno, perché è l’unico sul quale l’Europa può vincere. Gli altri terreni sono quasi tutti a suo sfavore: quello della sicurezza come quello della geopolitica di potenza. L’unico altro terreno propizio è il multilateralismo ma per ora viene messo da parte e non si sa quando tornerà.
Gli imperi sono alla ricerca di un nuovo ordine: Usa, Russia e Cina si stanno studiando per vedere se riescono a mettersi d’accordo su un nuovo equilibrio globale. Molte cose sono cambiate dalla fine della guerra fredda ed i nodi vengono al pettine. Gli Stati Uniti vogliono restare soli al comando e non offrire a Pechino una coabitazione come fu il caso con l’Urss. La Cina vorrebbe invece essere considerata un condomino, mentre la Russia desidererebbe tornare ciò che fu.
Finché non sarà trovato un accordo strategico tra i tre imperi (che inizia con il reciproco riconoscimento), la stabilità mondiale resta a rischio. Alcune potenze medie potranno (e già lo fanno) approfittare per inserirsi in certi spazio vuoti, ma alla fine saranno richiamate all’ordine anche loro. Il solo vero problema che rimane ai tre imperi è cosa fare con l’Europa: un mercato troppo grande e troppo ricco per non tentare di addomesticarlo.
Ma gli europei sono tipi difficili: se è vero che non riescono quasi mai a mettersi d’accordo sulle strategie hard (difesa, energia e via dicendo), restano pur sempre maestri di tattica. Quasi tutte le piccole potenze europee furono imperi e hanno memoria storica di quel tipo di linguaggio. L’Europa è sempre una trappola per tutti. I cinesi hanno tentato di manipolarla con il commercio globale (via della seta) ma non sono riusciti e penetrarla veramente.
Gli Stati Uniti ora battono i pugni sul tavolo (magari prima lo facevano con più tatto): segno che non riescono ad avere ragione. I russi hanno usato lo strumento più antico, la guerra, con il solo risultato di far rinascere in Europa il nazionalismo più agguerrito (non solo i russi ma tutti gli europei sono maestri di nazionalismo!). Con l’Europa anche gli imperi hanno i loro grattacapi.
Che fare dunque? L’Europa dovrebbe riprendere l’iniziativa. Se sul commercio occorre resistere, sul resto l’Europa ha interesse a negoziare, cioè a offrire le sue idee per la trattativa sul riordino dell’architettura globale. Per avere successo è utile mettere in evidenza le contraddizioni tra imperi, parlando con tutti e liberandosi dalla camicia di forza delle passioni belliciste che limitano lo spazio di movimento sullo scacchiere mondiale.
Una patata bollente
È necessario includere tutti: non dovrebbe essere l’America a imporci la riammissione della Russia nel G8, dovrebbe essere l’Europa a volere un G9, Russia e Cina incluse, o addirittura un G10 con l’India. Solo il proporlo lancerebbe nel campo dei tre imperi una bella patata bollente. Rilanciare diplomaticamente, con il sorriso sulle labbra ma con fermezza, serve all’Ue per rimettersi in gioco.
Naturalmente ci vuole unità, quella coesione europea che oggi non c’è, rovinata da tre anni guerra e che va ritrovata. Si diceva in gergo: «Usa innovates, China replicates; Europe regulates». Se l’Europa desidera tornare alla funzione indispensabile di grande regolatore globale, deve prima fare politica con coraggio. Gli esclusivismi e gli egoismi (o ancor peggio le paure) possono solo condannarla a restare in un angolo.
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