sarà gestito dalle lavoratrici e dai lavoratori

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 Nel nuovo nome che mostrerà l’insegna di quello che prima era il bar Chantilly 2 di viale Strasburgo, a Palermo, c’è tutto: la storia del locale, la sua rinascita e l’orgoglio di chi ha lavorato per sottrarlo alle maglie dell’illegalità e farne un esempio da manuale di gestione virtuosa.

Si chiamerà Articolo 48, come l’articolo del codice antimafia che disciplina la destinazione dei beni confiscati, appena gli attesi finanziamenti che verranno stanziati dal Ministero delle imprese e del made in Italy arriveranno a destinazione e sarà possibile fare i lavori di ristrutturazione e acquistare le nuove attrezzature.

La Filcams Cgil del capoluogo siciliano ha seguito i nove dipendenti dal momento del sequestro del locale nell’iter necessario a rilevarne la gestione.

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“A fine 2019 è arrivata l’amministrazione giudiziaria e nel 2020 abbiamo immediatamente chiesto e ottenuto la regolarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori”, spiega Giuseppe Aiello, segretario generale Filcams Palermo. “Nel bar abbiamo trovato lavoro grigio e nero, dipendenti sotto inquadrati e sottopagati. È cominciata così l’emersione alla legalità”.

Al centro di tutto questo “la cosa più bella”, dice Aiello, la possibilità per i dipendenti del bar di mantenere il loro posto di lavoro, di continuare a fare il loro mestiere. Perché “è importante, nei casi di sequestro, nonostante le difficoltà legate a una gestione senza capitali, fare in modo che le attività possano andare avanti e che i posti di lavoro non vadano perduti”.

In questi cinque anni, per arrivare alla costituzione della cooperativa e passare alla gestione diretta del locale, le lavoratrici e i lavoratori hanno dovuto fare dei sacrifici.

“Abbiamo studiato insieme all’amministratore giudiziario una strategia per continuare a sopravvivere – racconta uno di loro, Mario Pittera, ora presidente della neonata cooperativa – e abbiamo rinunciato a parte dello stipendio, procedendo per acconti. Ognuno di noi deve ancora aver saldato alcuni stipendi pregressi, ma abbiamo tenuto duro perché il nostro obiettivo primario era mantenere il posto di lavoro”.

Tutto è nato da lì, dalla salvaguardia del posto di lavoro, “poi la cosa si è evoluta e siamo passati dal ragionare come dipendenti a capire come funziona fare impresa. C’è stata questa trasformazione, che abbiamo affrontato anche attraverso un percorso formativo”.

“Dallo scorso giugno il bar è stato chiuso e i dipendenti sono andati in Naspi – spiega Aiello – ma nel frattempo avevamo attivato in sede prefettizia la procedura per i beni confiscati da destinare alle cooperative dei lavoratori, che è andata a buon fine: una settimana fa è arrivato il decreto di assegnazione ai lavoratori, che hanno costituito la cooperativa”.

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Ad affrontare la nuova avventura è un gruppo solido di colleghi. “Un’altra cosa nella quale ci ha aiutato la formazione è stata proprio questa, unire nove persone perché possano ragionare in sintonia ed essere pronte ad affrontare questo progetto”.

È stato un percorso lungo, non facile ma, alla fine, alla soddisfazione per aver mantenuto i livelli occupazionali si somma l’orgoglio per aver compiuto qualcosa di importante, aver condotto un’impresa alla deriva verso la legalità e aver consegnato un modello virtuoso alla collettività.

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