Effettua la tua ricerca
More results...
Mutuo 100% per acquisto in asta
assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta
Credito congelato, rallenta la transizione energetica. Situazione più critica per le Pmi
Le imprese bloccano gli investimenti di fronte a una crisi di cui non vedono ancora l’uscita. Nel 2024 solo un’azienda su cinque ha chiesto nuovi finanziamenti per investimenti, scorte e circolante mentre più di una su due (il 54%) non ha fatto investimenti lo scorso anno né prevede di farli in questo. Che non ci sia ancora una prospettiva di uscita dalla stagnazione che vive anche l’economia veneta il dato che più colpisce tra quelli che escono da Finmonitor, l’Osservatorio su credito e tassi pubblicato venerdì da Confindustria Veneto Est, che a ottobre ha svolto un’indagine su un campione di 697 aziende manifatturiere di Treviso, Venezia, Padova e Rovigo sulle condizioni del credito bancario. In una situazione difficile, però, che pone anche un problema di dimensione delle imprese: le più grandi si mostrano più capaci di continuare ad investire.
La base dei dati
La base dati è servita ora per il doppio incontro di giovedì a Treviso della presidente di Veneto Est, Paola Carron, accompagnata dal consigliere delegato a fisco e finanza, Edoardo Billotto, e dal direttore, Gianmarco Russo, prima con le banche maggiori (Bnl, Banco Bpm, Credit Agricole, Intesa, Mps e Unicredit) e poi con quelle di credito cooperativo su politiche creditizie e condizioni di accesso al credito, tra calo dei tassi appena iniziato e il difficile quadro congiunturale. «La volontà di rafforzare la collaborazione e di continuare a concedere credito è un segnale importante dalle banche – sostiene Carron –. In questa fase sono cruciali gli investimenti nella transizione tecnologica ed energetica, per esser pronti quando il ciclo economico ripartirà», che aggiunge la richiesta al governo di semplificare Industria 5.0 e di «rendere strutturale la riforma del fondo di garanzia, estendendolo alle Mid-Cap».
Manca la direzione di mercato
Il punto concreto, oltre la lenta riduzione dei tassi alle imprese (il 4,53% medio a dicembre 2024 contro il 5,45% di fine 2023 rilevato da Cve), che allenta solo in parte le condizioni di offerta, è il clima di crisi di cui non si vede l’inversione che ferma le richieste di credito delle imprese per investimenti. Senza una direzione di mercato, e con patrimoni aziendali più solidi che permettono di affrontare da soli le esigenze ordinarie, senza dover chiedere prestiti bancari, comunque cari (spiega così il 25% delle imprese la mancata richiesta di sostegno bancario quest’anno), le imprese rimandano gli investimenti a tempi migliori. In gioco non paiono esserci più che tanto questioni di banche che chiudono i rubinetti: del 13% delle imprese che dice di aver chiesto di aumentare gli affidamenti nel 2024, il 76% dice di aver ricevuto quanto chiesto e solo l’11% dice di aver avuto risposta negativa; il 22% che dichiara di aver chiesto prestiti oltre a medio termine, poi, per il 95% sostiene di aver avuto quanto chiesto; solo il 2% dichiara una risposta del tutto negativa. Il punto sono le due fette dell’86% e del 77% che in banca non ci sono andate.
Le agevolazioni specifiche
La ricerca compie poi un affondo specifico sugli investimenti, chiedendo se si sono affrontati piani nel 2024: la risposta è no per il 63% delle imprese, mentre il 18% dice che si trattava di cosa trascurabile. Alla domanda successiva se nel 2025 ci sono piani, il 60% dice di no e un altro 15% aggiunge per importi contenuti. La ricerca chiede poi di specificare i motivi del no: per il 47% degli intervistati non ci sono progetti particolari in questo momento e un altro 24% aggiunge di essere in riflessione rispetto a contesto e mercati. Un altro 8,6% sostiene di esser in attesa di agevolazioni specifiche. Farebbe pensare all’attesa su operazioni come Industria 5.0; che per altro, verrebbe da dire, più di tanto, visto il contesto, non pare in grado di smuovere.
Il fattore critico
L’ultima slide della ricerca, che chiede per quali richieste di sostegno si ritiene di andare in banca quest’anno, riassume il quadro: il 47% risponde per nessuna, non essendoci esigenze al momento, a cui si aggiunge un 24,5% che dice di poter fare da sola. Solo il 10% pensa ad investimenti, mentre un 4,5% è alle prese con ristrutturazioni o riordini degli affidamenti e il 7,1% cercherà circolante. La questione però non finisce qui. Perché dall’indagine emerge anche un fattore critico, nelle fasi difficili come l’attuale, sottolineato da Billotto: «La propensione agli investimenti migliora con le dimensioni aziendali. È un dato importante che emerge dall’osservatorio. Il tema dimensione è una delle più grandi sfide: maggiore efficienza, attrattività per le persone, presidio dei mercati chiedono ormai la dimensione adeguata». E infatti, se filtrata attraverso la dimensione, le aziende che dicono di aver piani d’investimento nel 2025, sono il 22% tra quelle con ricavi sotto i 5 milioni, il 27% tra 5 e 10, mentre salgono, oltre il dato medio del 40%, al 45% tra 10 e 25 milioni, al 61% tra 25 e 50 e all’81% delle imprese oltre i 50 milioni di fatturato.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link