Di Umberto Trovato
Quando si chiude la parentesi terrena di un personaggio che ha lasciato un’impronta marcata nel suo territorio di appartenenza, è inevitabilmente tempo di amarcord. Una delle vecchie glorie del Giarre Calcio, ovvero Carmelo Spitaleri, ha lasciato la dimensione terrena per calcare celesti palcoscenici dal prestigio pari al suo calcio intriso di poesia. Ciò ha aperto una finestra su pagine di calcio siciliano dal sapore retrò che altrimenti sarebbero precipitate nel baratro di un corrosivo dimenticatoio.
Le gesta calcistiche di Spitaleri coincidono infatti con i prodromi e quindi con l’anticamera dell’epopea d’oro del Giarre. La purezza del suo talento appena sbocciato era una metafora dei primi vagiti di quel miracolo gialloblu divenuto poi fenomeno affermatosi su scala nazionale.
Gli anni d’oro del Giarre Calcio
Ecco che si riaccendono le luci su quel Giarre, il quale anche attingendo alle doti da prestigiatore di Spitaleri, muoveva i suoi primi passi per imparare a diventare grande. Allora il Presidente dei gialloblu era Stefano Garozzo, imprenditore edile che puntando sulla generazione d’oro di giarresi degli anni ’70, riuscì a centrare il salto in Promozione e a mantenere la categoria fino all’avvento del Presidentissimo Nello Guglielmino. Il 1977 fu appunto la stagione del balzo dalla Prima Categoria alla Promozione.
L’acquisto dell’attaccante Montalto permise al Giarre di incrementare la forza d’urto del proprio reparto offensivo. Quel Giarre guidato dal timoniere Francesco Calì, era un diesel. L’inizio fu un pò stentato ma poi i gialloblu iniziarono a macinare punti. Le vittorie contro il Mascalucia dei giarresi Josè Sorbello, Mario Marino, Francesco Rapisarda e contro il Licodia, lanciarono il club di via Olimpia, capace poi a fine campionato di vincere il testa a testa con il Gravina. Decisivo fu il trionfo del Giarre a Misterbianco per 2-3 e Spitaleri contribuì a quel successo siglando la rete del momentaneo 1-1 su rigore.
Il talento e l’eredità di Spitaleri
Proprio quella stagione consacrò la classe cristallina di Carmelo Spitaleri, raccontato dalle parole di Josè Sorbello, suo compagno di squadra al Giarre negli anni successivi. “Carmelo Spitaleri era un ragazzo in possesso di qualità a tuttotondo. Non era solo un bravo ragazzo ma anche un bravo medico, un bravo calciatore e un bravo cestista. Nel basket sapeva ben ricoprire il ruolo di playmaker. Inoltre era anche abile nel tennis. Melo, così lo chiamavamo, era molto legato ad eventi che aveva vissuto insieme ai suoi amici. Era un ragazzo perbene. Di quelli che avresti voluto avere nella tua vita e quindi accanto a te. Lui era una di quelle persone che dovrebbero stare accanto ad altre affinchè sappiano comportarsi bene. Con Melo ci conoscevamo da sempre. Quando eravamo al Giarre eravamo riusciti a formare un gruppo di ragazzi seri e anche di gente che amava stare insieme agli altri. I risultati che come gruppo riuscimmo a centrare, erano frutto di questa unitarietà di intenti”.
Lo sport come aggregazione
“La vittoria era una sola: quella di stare insieme e di riuscire ad ottenere il massimo degli obiettivi. Come tutti i ragazzi provenienti dall’Altair Giarre (centro importante per la pratica sportiva e con funzione socio-aggregativa, riconducibile all’oratorio festivo dei parrocchiani della chiesa Madre di Giarre ndr), Melo aveva rilevanti valori morali. Sul piano tecnico era un dieci naturale. Non era lui però che aveva chiesto la maglia numero dieci ma era la maglia numero dieci che era andata da lui. Noi compagni di squadra gli riconoscevamo questa maglia. Pertanto non era qualcosa di imposto da qualcuno ma un qualcosa che gli veniva riconosciuto dal “basso”.
Quanta emozione al funerale
“Melo Spitaleri aveva le caratteristiche del trequartista e pertanto si integrava perfettamente con il centrocampista Alfredo Longo. Lui era il classico rifinitore. Colui che inventava il passaggio e che calciava punizioni dal limite dell’area con il mancino disegnando traiettorie che si insaccavano all’incrocio dei pali. Melo era anche una persona che amava scherzare. Ricordo quando, nel periodo in cui indossavamo entrambi la casacca gialloblu, per prendere in giro mister Corrao ed ironizzare sulla sua cravatta, dopo che segnammo un gol lui gliela strinse intorno al collo. Melo fu anche capitano del Giarre dopo un periodo in cui lo fui io. L’altra sua capacità era quella di creare un amalgama tra i giocatori che venivano da fuori e noi giarresi/ripostesi (io, Mario Marino, Roberto Bonaccorsi etc.). Ho visto ragazzi di Taormina e di Catania presenti al funerale. Amici di sempre felici di aver giocato insieme a Melo. La sua forza era questa. Credere nell’amicizia e nel saper fare squadra attingendo a valori autentici. Adesso andrà ad unirsi a Vincenzo Di Grazia, altro calciatore facente parte di quella generazione di giarresi che seppe farsi rispettare in giro per la Sicilia”.
Il ricordo di Nino Lo Certo
Nino Lo Certo, ex centrocampista del primo Giarre del Presidentissimo Nello Guglielmino, ha invece ricordato che senza la proposta di Melo Spitaleri che però si era già legato al Paternò, lui non sarebbe andato a giocare a Giarre, città nella quale oltretutto continua a vivere da quarant’anni. Caloroso è stato l’abbraccio riservato a Melo Spitaleri in occasione dei suoi funerali sia da Giarre che da Riposto, città nella quale è stato sindaco e calciatore. E’ con questo cordoglio che la sua Jonia lo ha accompagnato verso prati celesti nei quali poter giocare senza fine.
Umberto Trovato
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