Gros-Pietro (Intesa Sanpaolo): “Italia ed Europa devono fare un passo avanti, e noi operatori finanziari dobbiamo incentivare investimenti per transizioni ed emergenze”

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Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo, in occasione del 31esimo Congresso Assiom Forex ha dichiarato: 

Signor Sindaco di Torino, Signor Governatore della Banca d’Italia, Signor Presidente di Assiom Forex, Autorità, Signore e Signori, Colleghe e Colleghi,

rivolgo un caldo benvenuto a tutte le persone partecipanti a questo 31mo Congresso Assiom Forex. Lo faccio a nome di Intesa Sanpaolo, che ha l’onore di essere Main Partner della riunione che si tiene quest’anno a Torino, la città in cui, nel gennaio del 1563, venne fondata la Compagnia di San Paolo, una delle radici storiche della Banca. Oggi Torino ne ospita, in Piazza San Carlo, la sede legale, e nel grattacielo di Corso Inghilterra una parte importante degli Uffici Centrali, compreso l’Innovation Center, al quale fanno capo molte delle attività innovative, anche nel campo dell’intelligenza artificiale.

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Viviamo grandi cambiamenti. Due mi sembrano epocali: il cambiamento climatico, che altera l’assetto fisico e biologico del pianeta, e l’evoluzione geopolitica, che modifica i ruoli del Nord e dell’Occidente del mondo.

Per affrontarli, disponiamo di capacità scientifiche e tecnologiche senza precedenti. Le dobbiamo mettere a frutto: un ruolo nel quale gli operatori finanziari eccellono, perché siamo abituati a valutare e gestire iniziative di lungo termine e a guidarle verso i risultati desiderati.

Sappiamo affrontare e superare anche momenti drammatici. In Italia lo abbiamo dimostrato durante la terribile crisi finanziaria che nel primo decennio di questo secolo colpì duramente soprattutto l’Europa, anche se non era nata in Europa. Per le banche italiane fu un periodo angoscioso: crisi di liquidità, eccesso di crediti problematici, livelli inadeguati di efficienza operativa, perdite di bilancio.

Venne creato l’acronimo PIGS, per designare Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, quattro Paesi dell’Europa meridionale considerati incapaci di affrontare i propri problemi finanziari. Quel termine è scomparso. In Italia, il contributo delle banche al risanamento, comprensivo della sistemazione dei concorrenti in difficoltà, e dei loro creditori e depositanti, è stato essenziale. È stato un successo, con effetti duraturi. Se oggi guardiamo alla classifica delle banche dell’Eurozona in termini di capitalizzazione di Borsa, ai primi cinque posti troviamo una prevalenza di ex-PIGS: due banche italiane, due spagnole, una sola banca francese, nessuna banca tedesca, né olandese, né di alcun paese tra quelli che si autodefiniscono “frugali”.

In Italia, oltre alle due banche italiane che fanno parte delle prime cinque dell’Eurozona, sono presenti in forze, con attive controllate locali, anche due grandi banche francesi e le maggiori banche di Spagna e di Germania. Una situazione che non si presenta in nessuno degli altri grandi paesi dell’Eurozona, nel cui ambito è l’Italia il mercato bancario più vivace e più aperto alla concorrenza.

Le banche e l’industria finanziaria italiana hanno saputo uscire da una crisi finanziaria devastante. Hanno superato il trauma della pandemia e affrontato con efficacia le conseguenze della guerra in Ucraina.

Oggi, l’Italia e l’Europa devono fare un nuovo passo avanti. E noi operatori della finanza possiamo dare un supporto sostanziale a realizzare gli investimenti necessari per superare le transizioni e per affrontare le emergenze. 

Possiamo contribuire anche alla valutazione degli obiettivi di quelle transizioni, e dei percorsi per raggiungerli. Evitando di investire risorse, e scardinare attività funzionanti, senza raggiungere i traguardi desiderati.

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Alcune delle problematiche che stanno emergendo in campo industriale, per esempio intorno alle transizioni nei settori ad alto consumo di energia, dimostrano che potrebbero non essere state considerate adeguatamente le dipendenze da fonti esterne, gli effetti sui prezzi degli input, nonché la realizzazione e la messa a disposizione delle strutture produttive, delle  infrastrutture di servizio e degli altri elementi necessari a far sì che tutti i protagonisti economici e sociali, o almeno la maggior parte di essi, si incamminino in direzione delle transizioni perseguite.

Prendiamo il caso dell’automotive, un’industria che a Torino tocca molte sensibilità. Il ritardo nel predisporre adeguate reti di ricarica per le batterie è uno dei fattori che non spingono gli utilizzatori ad abbandonare le auto con motore endotermico. Molti utenti non acquistano un’auto elettrica anche a causa dei limiti di autonomia, oltre che del maggior prezzo; ma neppure acquistano una nuova auto endotermica, temendo possibili futuri divieti di circolazione. Si tengono l’auto vecchia. Il che ha fatto cadere la produzione del nuovo e temporaneamente rivalutare i prezzi dell’usato. Un risultato paradossale, che si accompagna alla distruzione di una parte della ricchezza esistente – le capacità produttive inutilizzate – e a un ritardo nella transizione necessaria.

È possibile che non sia questo l’unico caso in cui si è guardato troppo e soltanto alla desiderabilità degli obiettivi, tracciando percorsi dei quali non si sono sufficientemente esplorate e predisposte le condizioni di percorribilità.

Noi operatori della finanza dobbiamo metterci in grado di agire come supporti, per evitare errori di percorso, non soltanto nei confronti dei clienti, ma di tutti gli stakeholder, ivi comprese le strutture pubbliche di servizio, amministrative e di governo. A tutti i livelli: locali, nazionali, sovranazionali.

Per farlo, dobbiamo investire nel paradigma dell’informazione, che è, e ancor più sarà, quello dominante nel XXI secolo. Gestiamo informazioni preziose relative ai nostri clienti e alle loro attività. Dobbiamo rendere utilizzabili questi dati per offrire servizi. Migliori, più efficaci, meglio accessibili in ogni tempo e da ogni luogo, più facili da usare, più ricchi di contenuti e meno costosi. Devono essere, per noi operatori finanziari, una priorità assoluta, mentre li stanno offrendo anche operatori non bancari, che gestiscono sempre più ampiamente servizi finanziari: le bigtech e le fintech.

Noi operatori finanziari europei dobbiamo investire nel paradigma dell’informazione, in persone e in tecnologie, sviluppando capacità operative al servizio della società e delle istituzioni. Dobbiamo farlo perché siamo i meglio attrezzati in termini di posizioni sul mercato e di capacità di investimento. Ma dobbiamo essere competitivi, in termini di tempi, di prestazioni e di costi. Per riuscirci, dobbiamo essere messi in condizioni di parità con gli operatori provenienti soprattutto dal sistema bigtech.

Non ci sarà parità finché gli operatori finanziari continueranno a essere obbligati a concedere alle bigtech accesso libero ai dati dei clienti consenzienti, senza alcuna reciprocità. Dati di immenso valore, che le banche europee raccolgono, verificano, aggiornano, custodiscono, e proteggono, sostenendo costi notevoli, vengono messi gratuitamente a disposizione di concorrenti che sono in prevalenza extraeuropei. Si concede così un vantaggio che indebolisce il settore finanziario, che al momento è, in Europa, quello maggiormente in grado di sviluppare il paradigma dell’informazione come sistema portante del funzionamento dei mercati.

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Senza dimenticare che abbiamo un tesoro, da difendere e valorizzare: il risparmio privato, che nell’Unione Europea ammonta a 33.000€bn (ABI, Com. Pres. 22/1/2025). Una fonte privilegiata, essenziale per contribuire a finanziare, accanto a quelle pubbliche, gli 800 miliardi annui di investimenti stimati necessari all’Europa per fronteggiare le transizioni da realizzare, e per organizzare una difesa comune. Anche da questo punto di vista, l’industria finanziaria è uno strumento essenziale, da salvaguardare e sviluppare.

I mercati, però, non aspettano: perciò, è ora di agire. Serviranno tre fattori, ben coordinati, che tocca anche a noi, operatori finanziari, mettere in campo.

Il primo fattore sono le persone, le loro conoscenze, e la loro capacità di avvalersene per sviluppare gli strumenti da offrire agli utilizzatori. Queste persone dobbiamo formarle, attrarle e trattenerle: offrire loro la possibilità di valorizzare e accrescere i propri patrimoni professionali, e allo stesso tempo garantire la compatibilità tra l’impegno professionale e il positivo sviluppo delle loro situazioni familiari.

Il secondo fattore sono le strutture operative. Più performanti, più efficaci nelle prestazioni, efficienti nel contenimento dei costi e dei consumi di risorse.

Il terzo fattore è un modello di società capace di assorbire i cambiamenti senza generare esclusioni né sofferenze sociali insostenibili, che bloccherebbero ogni transizione.

Sono convinto che abbiamo le capacità per mettere in atto tutti e tre i fattori enunciati, e raggiungere i traguardi ai quali tutti tendiamo. E in questa convinzione auguro a tutti noi una interessante e utile giornata di scambio e di riflessione.

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