Sassari. Inizio della Visita Pastorale nelle Parrocchie di San Vincenzo, Cristo Redentore, San Paolo e San Giovanni Bosco | Arcidiocesi di Sassari

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Sabato 15 febbraio, a Sassari, ha avuto inizio la Visita pastorale nelle parrocchie di San Vincenzo, Cristo Redentore, San Paolo e San Giovanni Bosco, con una celebrazione interparrocchiale presieduta dall’Arcivescovo Gian Franco nella chiesa di San Vincenzo.

 Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo Gian Franco Saba:

 «Iniziamo il cammino della Visita pastorale alle parrocchie di San Vincenzo, Cristo Redentore, San Paolo e San Giovanni Bosco, con l’invito a volgere lo sguardo al Signore e a riporre in Lui la nostra fiducia.

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Il profeta Geremia, rivolgendosi al suo popolo, indica quale sia la vera fonte di una vita fruttuosa e generativa, e quale invece sia la prospettiva che conduce all’infruttuosità. Queste parole possiamo riascoltarle anche per noi, non solo come singoli credenti, ma come comunità ecclesiali impegnate in un cammino di conversione pastorale, per un ritorno sempre più profondo alla Parola del Vangelo, cioè a Cristo, gioia e sorgente di gioia per la vita umana.

La Visita pastorale che accompagna il processo sinodale, che accompagna l’invito del Santo Padre Francesco a promuovere con rinnovato slancio una nuova stagione di missione per la Chiesa, questa sera è orientata concretamente dalle parole del profeta: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia“.

Nella tradizione ebraica, come sappiamo, la benedizione non è soltanto un dire bene con le parole, ma è una parola che diventa vita vera. Non è una parola teorica, astratta, ma è quell’azione di Dio che poi diventa fruttuosa nella vita. Questa Parola di Dio,che diventa fruttuosa nella nostra vita, è propria di chi anzitutto confida nel Signore.

Ecco, la Chiesa in questo momento è chiamata a confidare nel Signore. Ciascuno di noi è chiamato a confidare nel Signore e a fissare lo sguardo su Cristo, che è sorgente della fiducia. E qual è il frutto di questo atto di totale radicamento in Dio? Il frutto viene espresso attraverso la metafora dell’albero piantato lungo un corso d’acqua, contrapposto al tamerisco nella steppa. Quest’ultimo dimora in luoghi aridi, in terre saline, dove nulla può crescere. Così è la vita di chi non affonda le proprie radici in Cristo.

Al contrario, l’immagine dell’albero lungo il corso d’acqua che pian piano stende le radici è simile a chi genera una vita fruttuosa. È l’immagine dell’opera nascosta di Dio nella nostra vita, nelle nostre esistenze, che alimenta il cammino della Chiesa, il cammino di ogni uomo, di ogni battezzato, che ripone la sua fiducia nel Signore.

Il profeta Geremia è concreto poiché pone in rilievo che questo felice esito non è un’esperienza così lineare, è un’esperienza dove anche l’albero piantato lungo corsi d’acqua è esposto alle prove, alle fatiche, alle difficoltà. Egli dice che è simile a una situazione nella quale viene sì il caldo, ma le sue foglie rimangono verdi. Arriva anche la siccità, però è piantato nel corso giusto e quindi non smette di produrre frutti.

La Visita pastorale, attraverso l’azione del Vescovo, segno sacramentale di Gesù Buon Pastore, vuole annunciare a tutti che il Signore ci accoglie con braccia aperte. È un invito alla fiducia in Dio, a vivere con confidenza nel Signore nella concretezza della vita quotidiana dove ciascuno di noi vive e opera. Ed è un richiamo per la Chiesa a fondare la sua azione, la sua missione lungo il torrente d’acqua, questo corso d’acqua che è Cristo, Cristo crocifisso. Entrando nella Chiesa mi è stato porto il crocifisso da baciare. Questo crocifisso presenta il costato forato dalla lancia, dal quale sgorgò sangue ed acqua: è l’albero della vita dal quale l’acqua dello spirito di Dio, dello Spirito del Signore diviene sorgente di vita nuova per tutti. Entrando nella Chiesa è stato porto il crocifisso da baciare. Questo crocifisso presenta il costato forato dalla lancia dal quale sgorgò sangue ed acqua, è l’albero della vita dal quale l’acqua dello spirito di Dio, dello spirito del Signore, ecco, diviene poi sorgente di vita nuova per tutti. Dalla croce di Cristo nasce la vita nuova.

E quindi qual è la ragione di una Visita pastorale?

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Ancora prima di compiere atti amministrativi – l’abbiamo sottolineato tante volte, nei vari percorsi, e continuo a ribadirlo ancora in questa fase che volge alla conclusione della visita pastorale in Diocesi – è anzitutto ricentrare la nostra vita in Dio, ricentrare la nostra vita nel Signore. Le nostre comunità parrocchiali sono chiamate a ripensarsi in un tempo nuovo, in una nuova stagione, in una nuova geografia umana e antropologica. Non si tratta di disegnare cartine di confini, muri o appartenenze, ma di riscoprire le radici profonde che ci legano a Cristo, al quale siamo già innestati in virtù del Battesimo, dal quale e nel quale tutto il popolo santo di Dio riceve la grazia dello Spirito, dello Spirito della vita, della vita nuova.

La vera sfida è questa: ricentrarci su Cristo, riposizionarci in Lui.

Il Santo Padre, nell’Evangelii Gaudium, all’inizio del testo, ci invita a un incontro nuovo, rinnovato con Cristo. Questa prospettiva globale e generale illumina i nostri piani pastorali e le nostre azioni, liberandole da tutto ciò che potrebbe renderle sterili, come la salsedine che impedisce alla terra di dare frutto. Invece di diffondere aridità, siamo chiamati a far scorrere l’acqua dello Spirito, che ci permette di discernere con gli occhi della fede, non con la logica del mondo, non con l’occhio del mondo, non con l’occhio della carne, come ci ha ricordato l’Apostolo nella seconda lettura, ma con l’occhio di coloro che hanno lo sguardo fisso su Cristo, che è risorto dai morti.

La nostra speranza è in Cristo. Spesso, anche nella Chiesa, corriamo il rischio di riporre la nostra speranza in persone, mezzi o programmi specifici. Questi elementi possono essere strumenti utili, ma non devono mai diventare il fondamento, perché il vero fondamento è Cristo risorto.

In modo peculiare, rivolgendomi a queste comunità parrocchiali relativamente giovani rispetto alle parrocchie storiche del centro, desidero sottolineare che, pur riconoscendo l’opera preziosa dei bravissimi sacerdoti che ne sono stati i padri fondatori delle parrocchie di Cristo Redentore, di San Paolo, di San Giovanni Bosco, di San Vincenzo, siamo chiamati ad andare oltre le singole stagioni e le singole persone, per radicare la nostra vita in Cristo.

 Se la nostra speranza è in Cristo, possiamo scorgere l’aurora di un nuovo giorno, senza lasciarci sopraffare dall’oscurità e dalle difficoltà. È questa la beatitudine che oggi chiediamo al Signore: la beatitudine dell’uomo che si lascia guidare dalla legge dell’amore di Dio e in essa trova la sua gioia, meditando la Parola giorno e notte, come ci ha ricordato il Salmo responsoriale.

 Un altro elemento centrale della conversione pastorale è la preghiera e l’ascolto della Parola di Dio. Nel Cammino sinodale emerge sempre più chiaramente la sete del popolo di Dio di ascoltare la Parola, di sostare davanti all’Eucaristia, di riscoprire il giorno del Signore e la celebrazione dell’Eucaristia domenicale. Senza questo fondamento, anche le opere più belle rischiano di diventare motivo di divisione e di conflitto. E non leggiamo forse, anche nelle cronache, di quanti conflitti sorgano all’interno della Chiesa universale, a causa di differenze di opinioni o di schieramenti legati a figure di leadership? Questo non è lo spirito del Vangelo. Il Signore ci invita a orientare la nostra vita in Lui con determinazione.

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 Nel Vangelo di Luca, il brano delle Beatitudini ci mostra una folla che accorre da tutta la Giudea, da Gerusalemme, dal litorale di Tiro e Sidone.

Questa è la geografia di chi oggi arriva nella parrocchia: di chi c’è tutti i giorni, di chi partecipa alla messa domenicale, di chi non ha perso il radicamento nella comunità, di chi è nato in queste comunità, di chi la sente come una sua famiglia, ma anche di chi arriva dai litorali di Tiro e di Sidone, dalle terre lontane -potremmo dire – di chi noi definiamo forse straniero, di chi definiamo non del nostro contesto, di chi possiamo anche definire non un bravo cristiano, forse, avventurandoci in valutazioni che non competono neppure a noi, di chi ha bisogno di trovare delle braccia aperte di accoglienza per sentire quale è legge del Signore.

Beati voi poveri, beati voi affamati, beati voi che ora siete nel pianto, perché il Signore è la vostra ricompensa, il Signore pensa a voi, il Signore vi ama ed Egli prepara per voi la gioia: rallegratevi ed esultate.

Ecco da dove nasce la speranza: nasce dal messaggio di Cristo.

Ecco allora l’annuncio del Vangelo, della buona novella. Questo è il programma, questa è la missione per il rinnovamento di ogni comunità parrocchiale.

In questi giorni avremo la gioia di condividere le tante cose belle che già caratterizzano queste comunità. Con tanti di voi ci conosciamo molto bene, perché in questi anni stiamo condividendo il cammino sinodale con i percorsi del processo di rilettura dell’Evangelii Gaudium perché prenda un volto locale nella nostra Chiesa particolare Turritana.

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Siamo in cammino insieme in altre attività, in altri percorsi, ma in questi giorni faremo un focus specifico per queste nostre singole comunità. Condivideremo le cose belle, le gioie, sicuramente ci saranno anche delle sofferenze. Ci saranno delle imperfezioni, come ovunque, ma noi siamo chiamati a ricentrare la nostra vita in Cristo che oggi ci pone davanti a un bivio: seguire la via della terra arida, la via della salsedine, per essere infruttuosi, oppure seguire la via dell’albero piantato lungo corsi d’acqua per essere fruttuosi. Il discernimento pastorale dovrà passare attraverso questa scelta, a partire dal vescovo, dai presbiteri e da ciascuno di noi, di tutto il popolo santo di Dio».



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