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Molte donne non si sentono tranquille nell’uscire sole, la sera, ma quelle che si sentono in sicurezza sono sempre di più. È l’Istat a captare e misurare il progresso: tra il 2022 e il 2023 – ultimo dato disponibile – ha registrato un netto aumento del numero di cittadine e cittadini che si sentono molto o abbastanza sicuri quando escono a piedi ed è buio, rispetto al 2015-2016, biennio della precedente indagine. Detto questo, il senso di disagio resta decisamente più forte nella popolazione femminile.
Viste dall’Istat, le donne sono il doppio più propense ad avvertire pericolo quando escono da sole di sera – il 16,4 per cento contro il 7,4 per cento degli uomini – e sono quattro volte più numerose nell’ammettere di non uscire di sera per paura: il 19,5 per cento resta in casa, contro solo il 5,3 degli uomini, una differenza che pesa.
«C’è da mettere in luce, prima che il divario di genere, quello importante tra la sicurezza reale delle città e l’insicurezza percepita da chi le abita o le frequenta. Molto spesso le due dimensioni non sono speculari: voglio dire che la paura e il senso di minaccia avvertito non sono sempre specchio di un’effettiva pericolosità degli ambienti cittadini. Quanto ci si senta tranquilli dipende fortemente dalla narrazione dei media e credo che, al netto dei reali pericoli e di spazi che oggettivamente non sembrano progettati per comunicare sicurezza, siamo tutti chiamati a fare un esercizio di consapevolezza. Ne va della libertà di vivere la città, di godercela, di stare fuori dalle case» commenta Francesca Zajczyk, che ha insegnato Sociologia Urbana all’Università Bicocca e oggi presiede il Consiglio di amministrazione dell’Agenzia del trasporto pubblico locale del bacino di Milano, Monza, Lodi e Pavia.
Frizon, seduta-scultura di Tyréns architects e dell’artista Kerstin Bergendal nel parco di Årstidernas di Umeå, città svedese. Un progetto realizzato ascoltando i desideri delle adolescenti locali.
Diversi studi ipotizzano che, al fondo, è l’angoscia di subire una violenza sessuale a far nascere la paura di frequentare gli spazi esterni, che diventa sensazione di pericolo tout court. «La conosciamo tutte bene quell’apprensione costante e quella strategia innata per la sopravvivenza, il timore, camminando la sera, di avvertire passi alle nostre spalle, la prontezza di arrivare al cancello di casa già con le chiavi in mano... Quello che non consideriamo abbastanza è l’impatto che la paura ha sulla qualità della nostra vita, sul benessere psicofisico, persino sulla professione, considerato che per noi non è raro condizionare le scelte di lavoro anche alla tranquillità del percorso per arrivarci».
A parlare è Laura De Dilectis, psicologa trentenne che nella primavera del 2021 ha creato l’associazione no profit DonneXStrada, con la voglia di migliorare la sicurezza fuori di casa. L’ha fatto pochi giorni dopo l’omicidio, a Londra, di Sarah Everard, rapita, stuprata e uccisa da un poliziotto mentre tornava a casa a piedi, alle nove di sera.
Nel 2022, Laura De Dilectis ha costituito una start up, Viola, che ha lanciato ViolaWalkHome, un servizio su app in quattro lingue oggi attivo, oltre che in Italia, in alcuni Paesi europei: 24 ore su 24, chi deve spostarsi per strada e si sente vulnerabile può fare una videochiamata, farsi geolocalizzare e, quindi, stando al cellulare, farsi accompagnare a distanza da uno dei 200 volontari formati per questo. «Ci chiamano in prevalenza ragazze e donne tra i 18 e i 35 anni, da quella che esce presto la mattina per andare in stazione alla runner, a quella che rientra a casa sola dopo una serata con gli amici. Del resto, un’indagine internazionale di Ipsos (ricerche di mercato e sondaggi) dice che l’84 per cento delle donne del mondo ha subito almeno una molestia in strada».
Sui mezzi pubblici senza insidie
Metro, bus e fermate dei mezzi pubblici sono percepiti tra i luoghi in assoluto più insidiosi. Per l’8 marzo e i giorni successivi, alcune aree di Roma si vestiranno con le affissioni di “Mezzi per tutte”, una campagna contro le molestie sui mezzi pubblici che ha già toccato Bologna e Messina. “Il fischio lascialo al capotreno”, “La mano usala per fermare l’autobus”, “Gli occhi tienili sul finestrino” dicono gli slogan stampati sui manifesti, tutti accompagnati da un QR code: «Invitiamo chi è o è stata vittima di molestie, ma anche chi ne è testimone a contattarci, inquadrando il QR code: potrà rispondere a un questionario che consentirà di costruire una banca dati sul fenomeno delle molestie, con l’obiettivo di spingere le istituzioni e le aziende dei trasporti ad agire per renderli più sicuri» dice Arianna Vignetti, founder di Roadto50%, l’associazione che si batte per promuovere più donne nelle istituzioni e che ha lanciato la campagna.
«Noi vogliamo comunicare in modo netto che non è normale che qualcuno, sulla metro o sul bus, ci fissi o si appoggi intenzionalmente a noi, per non parlare dei palpeggiamenti. Niente di tutto ciò deve essere derubricato a sgradevole esperienza soggettiva: le molestie vanno riconosciute come tali, da chi le subisce come da chi le attua, in un ventaglio di responsabilità che comprendono anche la possibilità di denuncia penale» spiega Vignetti, che insieme a volontari e volontarie di Road to50% fa anche una appassionata formazione sul tema nelle scuole medie e superiori.
La libertà di non avere paura
Ma, allora, che faccia hanno le città sicure? E in che modo si possono pianificare soluzioni urbanistiche, e dunque giardini, vie, piazze che consentano alle donne di attraversarli e viverli in libertà, riducendo o, addirittura, annullando quella paura di essere aggredite che oggi le costringe a cambiare strada, passo, itinerario, marciapiede? Libere, non coraggiose. Le donne e la paura nello spazio pubblico è uno studio originale, un arsenale di dati, di esperienze sul campo, di proposte realizzato da Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, la prima ricercatrice indipendente e PhD in History of Architecture, l’altra architetta, ricercatrice urbana indipendente, docente in Urban Design e Social Design. Muove dal concetto che frequentare gli spazi pubblici, soprattutto di sera e di notte, non deve diventare una prova di coraggio, ma essere un atto di libertà.
«È una libertà preziosissima il non avere paura. Dal nostro punto di vista, progettare una città sicura per le donne e le minoranze di genere significa in primo luogo interpellarle per capire direttamente da loro quali siano i fattori che contribuiscono alla paura. Significa, poi, compiere uno studio minuzioso, di area in area, per capire l’intervento più opportuno da esprimere lì» spiega Andreola. «Da questo punto di vista Vienna rappresenta un modello davvero incredibile. È dagli anni Novanta che applica una prospettiva di genere su tutte le politiche e che non prende più una decisione amministrativa senza interpellare la cittadinanza attraverso progetti partecipativi e conseguente raccolta di dati».
L’intervento di illuminazione di Simona Cosentino in Piazza San Marcellino a Genova, parte del progetto Lighting for Genoa (Silvia Badalotti).
A Vienna, le ragazze cambiano la sicurezza
Florencia Andreola racconta che in trent’anni, a Vienna, sono stati disegnate 60 aree pubbliche che hanno cambiato il volto della città: si è lavorato sull’illuminazione, sulla conformazione dello spazio in modo che non includesse punti ciechi, strade senza uscita o ingombri visivi, sulla presenza di attrezzature rivolte a diversi gruppi di persone. «Una delle lezioni ormai acquisite è che c’è vero presidio della sicurezza quando il posto è vissuto in maniera eterogenea da gruppi diversi per età, genere, condizione fisica. I maschi hanno più facilità nell’appropriarsi dello spazio pubblico: se dentro quello spazio si immaginano attrezzature per il relax o lo sport che sono capaci di attrarre anche gruppi di ragazze, il luogo sarà automaticamente più vivibile. A Vienna sono state ridisegnate intere aree pubbliche e verdi sulla base di ciò che le ragazze hanno chiesto» racconta Andreola.
Gli stati generali della notte
In Svezia, anche la città di Umeå ha applicato alla pianificazione urbana una prospettiva di genere, vagliata secondo precisi indici. «Ora l’amministrazione sta lavorando per ridisegnare gli spazi più problematici, per esempio le fermate degli autobus» continua Andreola.«Ha condotto osservazioni sull’uso della luce che hanno dimostrato che, per paradosso, la luce diretta indirizzata su una fermata rende ancora più visibile chi vi staziona, così come crea, per contrasto, un’area buia appena fuori dal fascio di luce. S’è rilevato, dunque, che l’illuminazione deve essere progettata organicamente su un contesto esteso e che aprire bar e locali pubblici presidiati fino a tardi in prossimità delle fermate più frequentate le rende automaticamente più sicure».
A Genova il progetto Lighting for Genoa, che ha coinvolto diversi uffici comunali e 12 progettiste sotto la guida della lighting designer Stefania Toro, ha riqualificato le piazze del centro storico attraverso installazioni permanenti di luci per valorizzare il patrimonio artistico e creare, al contempo, una nuova percezione di sicurezza. A Bologna, il Comune ha creato una cabina di regia sull’Economia della notte che ha lanciato gli Stati Generali della Notte, un processo partecipativo aperto alla città:il primo passo è stato l’introduzione di bus notturni, che raggiungono anche alcuni Comuni limitrofi, e degli Street host ,operatori formati appositamente che accompagnano chi si sente vulnerabile nell’attraversare zone buie o deserte.
A Bolzano, invece, il Comune ha puntato sul primo soccorso, allestendo spazi dove trovare protezione immediata: si tratta dei Punti Sicuri, individuati dentro negozi e farmacie riconoscibili da un adesivo esposto all’esterno, i cui esercenti sono stati formati dal Centro antiviolenza Gea a riconoscere le situazioni di emergenza e a offrire aiuto adeguato, in attesa che entrino in campo le autorità competenti.
DonneXStrada ha generato sul territorio 700 Punti Viola, cioè esercizi commerciali che si offrono come luoghi dove una persona che ha paura può chiedere aiuto.«Lo hanno fatto gli oltre 200 negozi di proprietà Tim, alcuni punti vendita Carrefour, AdR Aeroporti di Roma e alcune sedi di Fincantieri. Hanno creduto nel nostro progetto per la sicurezza in strada delle persone anche le quattromila stazioni di servizio Enilive» spiega Laura De Dilectis, che sta ora lavorando sul progetto Safe Taxi, ovvero taxi di riferimento nel territorio che hanno la sensibilità e gli strumenti per accogliere persone in diverse situazioni di difficoltà.
Sicurezza in città: dove camminare senza problemi
Il progetto scientifico Step Up, Walkability for Women in Milan, finanziato da Fondazione Cariplo, si sta concentrando invece, con una prospettiva di genere, sulla camminabilità delle città, ovvero su quanto l’ambiente urbano sia adatto agli spostamenti a piedi. Attraverso l’analisi di dati quantitativi e qualitativi il progetto misura la camminabilità notturna percepita a Milano, identificando le aree problematiche e, quindi, le linee guida per migliorarle.
«Resta il paradosso che, nonostante i dati dicano che le città italiane sono oggi più sicure che in passato e che i crimini nello spazio pubblico colpiscono gli uomini in maniera maggiore rispetto alle donne, queste continuano a percepire una forte sensazione di disagio» commenta Florencia Andreola, che con l’Associazione di promozione sociale Sex&the City, di cui è cofondatrice,collabora al progetto StepUp, insieme alle fondazioni Transform Transport e Walk21 e alla struttura di ricerca TeMA Lab dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. «La mia attività di ricerca mi sostiene nel ritenere che questa paura sia anche costruita socialmente, ovvero favorita dall’idea che le donne, rispetto agli uomini, siano più “consone” allo spazio domestico piuttosto che a quello pubblico, e dunque a maggior ragione siano fuori posto, la sera, nelle piazze cittadine. Decostruire questo modello culturale è ora più che mai necessario, se si vogliono abitare città libere dalla paura». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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