i risultati di un test francese

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Qualche tempo fa, Il Fatto Alimentare ha pubblicato un articolo sulle performance di cottura delle padelle antiaderenti. In seguito, in redazione sono arrivati molti commenti di lettori e lettrici che chiedevano delucidazioni sulla presenza di PFAS. Il parametro, però, non era stato preso in considerazione nel test francese. Ora un’altra indagine d’Oltralpe, questa volta a cura della rivista 60 Millions de Consommateurs, si concentra proprio sulla ricerca di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche una famiglia che comprende migliaia di composti) nel rivestimento delle padelle, che sia di Teflon o di ceramica.

PFAS e padelle

Le padelle antiaderenti devono il loro successo proprio al rivestimento di Teflon, cioè politetrafluoroetilene (PTFE), che permette la cottura anche in assenza di grassi e facilita la pulizia. Il PTFE, però, in origine conteneva anche PFOA (acido perfluoroottanoico), sostanza chimica della famiglia delle PFAS considerata cancerogena per gli esseri umani dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Nel 2020 l’Unione Europea ha vietato la produzione e l’uso di PFOA. Di conseguenza, i produttori di padelle lo hanno sostituito con altre sostanze chimiche, ma quali? Inoltre, le padelle con rivestimento in ceramica sono spesso pubblicizzate come alternative “senza PFAS” alle classiche antiaderenti, ma quali sostanze si usano nella produzione?

Le padelle antiaderenti devono il loro successo al rivestimento di Teflon, che in origine conteneva anche PFOA, una sostanza della famiglia delle PFAS

I risultati del test

Per scoprirlo, la rivista francese dei consumatori ha messo alla prova 10 padelle antiaderenti e di ceramica, alla ricerca di 36 PFAS, tra cui il PFOS (acido perfluoroottansolfonico), il PFNA (acido perfluorononanoico) e il PFHxS (acido perfluoroesansulfonico), controllando anche la veridicità di claim come “senza PFOA” e “senza PFAS” presenti su quasi tutti i prodotti testati.

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La buona notizia è che nessun prodotto supera i livelli ammessi dalla normativa in vigore. Tuttavia, le analisi hanno rilevato la presenza di PFAS, spesso in tracce, in molti prodotti. Per esempio, il test ha evidenziato la presenza in quantità molto basse di 6:2 FTS (acido 6:2 fluorotelomersolfonico), una sostanza che presenta il rischio di possibili effetti nocivi sugli organi, in cinque padelle: Cristel Exceliss+, Le Creuset Les Forgées, Zuofeng, Aubecq Evergreen in White, e Greenpan Torino – Infinity.

Cucina: padella antiaderente con carne in cottura, mano che mescola con cucchiaio di legno
Molte padelle presentano il claim “senza PFOA” o “senza PFAS”

Preoccupa di più la presenza di 6:2 FTOH (6:2 fluorotelomeralcol) in quantità molto più alte nella padella in ceramica Beka Mandala, che contiene anche PFHxA a livelli vicini ai limiti che entreranno in vigore nel 2026, e altre sostanze sostanze fluorurate, nonostante il claim “senza PFAS”. Le padelle Zuofeng con rivestimento in granito, la Zanetti Pietra rara e la Espace Cuisine Professionnel Greblon Non-Stick C3+ presentano tracce di PFOA e altre PFAS, sebbene le aziende produttrici dichiarino il contrario. Infine, il prodotto a marchio Le Creuset contiene livelli molto bassi di PFPeA e PFHxA. L’unica padella a mostrare un’assenza totale di PFAS è quella a marchio Ikea, modello Hemkomst.

Non solo PFAS

Quando si utilizzano padelle antiaderenti, bisogna considerare che lo strato sotto il rivestimento non è fatto per entrare in contatto con il cibo e potrebbe dare origine a migrazione di metalli se esposto in seguito a usura. Nel corso del test per simulare la resistenza alla corrosione, la padella a marchio Beka ha mostrato la formazione di ‘bollicine’ sulla superficie di cottura, mentre quella a marchio Espace Cuisine Professionnel addirittura un distacco del rivestimento. La Beka, insieme alle padelle Aubacq e Zanetti, sono le sole che, nel test di resistenza all’abrasione, hanno mostrato graffi tali da mostrare il metallo sottostante. Insomma, oltre a considerare il tipo di padella da acquistare, dobbiamo anche fare attenzione a come le utilizziamo per allungare la loro vita e non esporci a rischi evitabili.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Fotolia

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