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PORTO VIRO – Quando la storia della Delta Group è iniziata, Giancarlo Scabin, che veniva da una famiglia di contadini, ogni mattina percorreva Donada in bicicletta e vendeva polli porta a porta. Nel cuore del Delta del Po il mondo contadino e quello della pesca si incontravano e non si separavano; campagna e fiume in una terra avara e sotto il livello del mare. In più di cinquant’anni l’idea di Giancarlo è cresciuta, si è trasformata prima in laboratorio poi in stabilimento; oggi è una grande azienda, la Delta Group Agrolimentare, e punta nel 2025 ai 100 milioni di euro di fatturato.


Il personaggio

Il presidente e amministratore delegato è Carlo, 50 anni, rodigino, il figlio più giovane del vecchio contadino. È anche vicepresidente di Confindustria Veneto Est. La Delta Group ha la sede principale a Porto Viro, il comune nato nel 1995 dall’accorpamento di Contarina e di Donada con un decreto che lo nomina città. La famiglia Scabin ha un altro stabilimento a Cartura, nel Padovano, e un’azienda agricola a Lugo di Ravenna. Trecento dipendenti nel settore agroalimentare con specializzazione nel comparto avicolo; la filiera è stata potenziata coll’acquisizione della padovana “Pollo dell’Avvenire”, che lavora prodotti freschi.

La produzione si divide tra il prodotto fresco (mercato nazionale e grande distribuzione) e quello surgelato (estero, soprattutto Est Africa, Germania, Spagna). Dalle fabbriche sul Delta escono decine di migliaia di polli al giorno, decine di milioni in un anno e la cifra spiega la forza dell’impresa. La Delta è anche sponsor della giovanissima squadra maschile di Volley di Porto Viro salita in pochi anni dalla serie D alla A2.

Carlo, lei è molto più giovane dei fratelli, è quasi una terza generazione?

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«Si deve tutto a papà Giancarlo e a mamma Graziella. Mio padre era partito da solo vendendo polli tra mercato e porta a porta. In poco tempo ha aperto un laboratorio a Donada proprio dove poi, a metà Anni Settanta, è nata l’azienda. Lo ha aiutato la mamma che ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella gestione: era il vero amministratore, gestiva gli equilibri e i tempi. Entrambi erano caratterizzati da una grande umiltà e da un grande senso del sacrificio. È stato lui a trasmettermi la fiducia, lo ricordo come una persona che stava attento al valore dei collaboratori. Ha lavorato più sulla fatica che sulla visione, in questo era figlio del suo tempo. Al momento giusto ha coinvolto i miei fratelli Massimo e Paolo, che erano molto più grandi di me. Erano anni di incremento in tutti i settori, di un vero e proprio boom per il Veneto. Nei decenni successivi c’è stato il consolidamento, ma era una realtà ancora prettamente familiare, costruita con l’apporto di operai storici».

Lei quando è arrivato in fabbrica?

«Sono entrato a metà degli anni 90, dopo il diploma, ma in fabbrica ci ho passato tutte le vacanze da bambino e da adolescente. Sono sempre stato attratto dall’aspetto commerciale, dal business in genere e così una volta dentro mi sono dedicato proprio alla parte commerciale. Sino a quando nel 2006 non c’è stato un vero e proprio cambio generazionale che mi ha portato a prendere in mano completamente la gestione dell’azienda dopo la risoluzione di una serie di situazioni interne non semplici. Ho iniziato a dare un’impronta diversa, passando decisamente da una mentalità ancora familiare a una prettamente manageriale. Avevamo qualche anno da recuperare rispetto alla concorrenza e bisognava inserire nuove figure anche per curare l’aspetto tecnico e produttivo. Era cambiata la visione con mercati nuovi e complicati: come quelli dell’Est africano che è diventato il nostro maggiore mercato di esportazione. Occorreva investire in tecnologia per garantire più sicurezza e qualità. Ho imparato dalla famiglia il senso di appartenenza, dote fondamentale quando devi trasmetterlo alle persone con le quali condividi quotidianamente il lavoro. Facciamo molta attenzione alle caratteristiche richieste in chi è al nostro fianco. Sono uno che dedica molto al lavoro, praticamente non ho hobby. Mi sveglio alle 4.40 del mattino e vado a correre, alle 6.15 sono già in macchina per andare in fabbrica. Rincaso alle 20.30, se non sono in giro per il mondo. Abito a Mogliano, sono padre di Leonida Maria e di Ave Sophia, di 10 e 7 anni. Adesso ho un’agenda ancora più intensa con incontri territoriali e istituzionali legati al ruolo confindustriale».

Quali obiettivi avete come Delta Group?

«Dobbiamo continuare la crescita attraverso un piano industriale: tra il 2025 e il 2028 abbiamo quasi otto milioni di investimenti per trasformare la sede e ci prepariamo per nuove acquisizioni, sempre nel settore. Stiamo concludendo un importante investimento in Arabia Saudita. Saranno anni intensi, il mondo cambia velocemente, noi abbiamo bisogno di crescere, correre e consolidare solidità e sostenibilità. Prima il cambiamento era lento e prevedibile, oggi è imprevedibile. L’aspetto meno positivo è che è andato a scapito dei rapporti umani e delle relazioni. Per stare sul mercato devi garantire la qualità e badare al prezzo. Noi forniamo polli interi e anche tutto quello che riguarda il prodotto preparato in diverse forme: per la grande distribuzione, gli hotel, i ristoranti. Il pollo intero ha il canale gastronomia che in Italia è un mercato in crescita. Oggi il pollo è servito anche nel fast food».

Il momento attuale del mercato avicolo?

«Sta mandando segnali positivi, il consumo è in costante aumento. Parliamo di un alimento sano, accessibile a chiunque e che si presta a facilità di preparazione. Non ha preclusioni in tutto il mondo. Negli Usa il consumo è quattro volte il nostro, in Medio Oriente cinque volte! Non ci sono né barriere, né confini. Per stare al passo col cambiamento dobbiamo avere continuamente informazioni dei mercati. Oggi devi essere un’azienda internazionale, prestare attenzione a molte cose, anche al cambiamento dei gusti delle nuove generazioni e ai mutamenti all’interno dei vari paesi».

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Lei ha un ruolo importante in Confindustria Veneto Est, quale è la situazione del Polesine?

«Abbiamo l’obiettivo della Romea Commerciale per garantire sicurezza, portare infrastrutture e attivare l’interesse degli investitori. Altro obiettivo è incentivare il turismo: abbiamo una risorsa unica che è il Parco del Delta del Po. Un altro progetto è legato alle Zone logistiche semplificate, sull’area Rovigo-Venezia. Bisogna riportare a incrociare la Romea Commerciale con la strada per il mare per servire tutta l’area. Il problema che stiamo riscontrando è che occorre creare i presupposti attraverso l’università perché i giovani trovino lavoro. Oggi qui in Polesine i margini di crescita ci sono, altre aree sotto questo aspetto sono già sature, non la nostra. Il turismo ha enormi margini, ma in tutto questo occorre il cambiamento di passo, trovare la disponibilità a livello istituzionale e la consapevolezza di fare insieme. Perché il Polesine si riprenda occorre cambiare la mentalità senza rinnegare mai il senso di appartenenza. Le zone grigie esistono, in questo momento c’è il problema dei pescatori davanti a una crisi epocale, traumatico per loro il problema del granchio blu. Ma è una terra in cui è stato tramandato il senso importante di andare ogni giorno al lavoro. Prima di tutto, però, bisogna saper garantire il lavoro».

 





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