ASIA CENTRALE Il Tagikistan rischia di perdersi nella nuova Via della seta

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I tagichi si ritengono i principali eredi delle vie commerciali dei secoli lontani, della “prima globalizzazione eurasiatica” della storia. Ma oggi secondo il politologo Abdugani Mamadazimov sono costretti a rincorrere i vicini mentre il mondo intero guarda all’Asia Centrale come a un’area cruciale dei collegamenti tra Oriente e Occidente.

Dušanbe (AsiaNews) – L’importante politologo tagico Abdugani Mamadazimov ha espresso una domanda accorata, in un intervento pubblicato da Asia-Plus: “Quando finalmente il Tagikistan raggiungerà i suoi vicini, per trasformarsi in un Paese di transito regionale?”. Egli infatti osserva che “nella regione più giovane del mondo”, appunto l’Asia centrale, stanno avvenendo dei cambiamenti decisivi, considerando che proprio in questi Paesi nascono ogni anno oltre due milioni di nuovi bambini, e che quindi tra 10-15 anni la popolazione complessiva supererà i 100 milioni di abitanti. Questo farà dell’Asia centrale “una zona economica molto attrattiva per tutti i Paesi più importanti e sviluppati del mondo”, che già ora cominciano a investire somme sempre più consistenti per il suo sviluppo, e il Tagikistan rischia seriamente di rimanere ai margini di queste luminose prospettive.

Come sottolineano tutti i commentatori, il fattore principale del futuro sviluppo è la realizzazione di grandi progetti di infrastrutture logistiche, a livello nazionale e regionale. Si moltiplicano gli itinerari che offrono alternative a quelli sempre meno accessibili a nord e a sud, come quello Cina-Kirghizistan-Uzbekistan o la ferrovia “Transafghana” Termez-Mazori Sharif-Kabul fino alla frontiera del Pakistan, o una nuova linea tra Kazakistan e Cina, fino al gasdotto Tapi (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) e molto altro. In tutto questo il Tagikistan, che pure vanta un’alta qualità delle sue autostrade moderne, rimane molto indietro nello sviluppo di nuovi progetti, soprattutto quelli ferroviari.

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Con grave ritardo e “complicazioni burocratiche di stile sovietico”, come osserva Mamadazimov, è stata approvata in Tagikistan la “quarta strategia nazionale di industrializzazione accelerata”, che senza adeguate strutture rischia di rimanere soltanto una lista di buone intenzioni impossibili da realizzare. Sono stati iniziati con un certo successo i lavori delle tratte Kurganteppa-Kuljab e Vakhdat-Javan, che permettono di completare la rete ferroviaria meridionale unendola a quella centrale, ma senza l’ulteriore innesto a quella settentrionale non si arriva a rendere efficace l’intero sistema. Si rimembrano i sogni del politico e storico sovietico Ustoda Bobodžon Gafurov, che nel 1946 aveva presentato a Stalin il progetto di una grande ferrovia Taškent-Samarcanda-Pendžikent-Ajni-Dušanbe, che si prolungasse poi in varie altre direzioni, di cui però non si fece nulla.

Per realizzare finalmente le tratte ferroviarie nelle provincie montane servono grandi investimenti, attirando partner veramente interessati, a cominciare dalla Cina. Per questo è stato preparato un piano ambizioso per la visita di Xi Jinping in Tagikistan dello scorso anno, con una linea che dalla città cinese di Kashgar attraversasse il Pamir settentrionale per giungere fino a Dušanbe, con diverse reti che coinvolgano il nord dell’Afghanistan passando anche da Samarcanda, per giungere fino alla Turchia e all’Europa. La dimensione delle rotaie dovrà essere compatibile con tutte queste direttrice, Iran compreso, e costituirebbe il percorso ottimale e più breve per congiungere la Cina all’Europa, attraverso l’Asia centrale e il Medio oriente.

Per non “perdere il treno” della nuova Via della seta, che riporterebbe il Tagikistan ai tempi gloriosi dell’antica Corasmia e Sogdiana, è fondamentale la scansione della “economia temporale”, come insiste il politologo tagico, nella rapidità di costruzione che porti davvero a offrire un’enorme risparmio di tempo nei trasporti su tutte queste direttrici, senza dover attraversare mari, laghi e grandi fiumi, nei 500 chilometri terrestri che il Tagikistan può offrire affiancandosi a una distanza analoga dell’Afghanistan. I tagichi si ritengono i principali eredi delle vie commerciali dei secoli lontani, della “prima globalizzazione eurasiatica” della storia, e oggi sono costretti a rincorrere i vicini: lo scorso anno la bilancia commerciale tra la Cina e l’intera Asia centrale ha sfiorato i 100 miliardi di dollari, dei quali meno di 4 miliardi riguardano il Tagikistan, a fronte dei 24 miliardi del più piccolo vicino settentrionale, il Kirghizistan, il cui presidente Sadyr Žaparov è stato invitato quest’anno a Pechino, per firmare nuovi contratti miliardari.





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