Aziende under 35, negli ultimi 10 anni la Puglia ha perso il 28% delle imprese. «Tutta colpa della burocrazia»

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di
Franco Lella

Dal 2014 al 2024 le aziende pugliesi condotte da giovani sono diminuite di 13.500 unità

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Abbandonata l’idea del posto fisso, sembrava che i giovani fossero più propensi a mettersi in proprio. Ma non è così. Ogni anno diminuiscono in Puglia le imprese guidate da under 35, nonostante l’ottimismo scaturito dall’exploit territoriale di alcuni settori, come la ristorazione ed il turismo, che faceva ben sperare. I dati sulla nati-mortalità delle imprese giovanili nella regione sono chiari e dimostrano la profonda trasformazione del tessuto imprenditoriale, spinta anche dal calo demografico della nostra società.

Dal 2014 al 2024 in Puglia, tra chiusure e superamento della soglia di età degli amministratori, le attività guidate da under 35 sono diminuite di 13 mila e 500 unità, portando il numero complessivo delle imprese giovanili pugliesi a 33 mila (nel 2014 erano 47 mila). Ciò significa una perdita del 28% contro una media nazionale del 24%. In altri termini al netto dei nuovi ingressi di imprese under 35, la Puglia nell’ultimo decennio ha perso ogni anno 1.350 imprese guidate da giovani.




















































A dimostrarlo dati e cifre alla mano è un rapporto Unioncamere dal quale si rileva che il fenomeno è diffuso un po’ ovunque, ma con evidenti e significative differenze tra le diverse regioni. Secondo Unioncamere nell’ultimo decennio nel Paese la ritirata di giovani imprenditori under 35 è di 135 mila attività in meno. Facendo le dovute proporzioni, in base anche al numero assoluto di imprese under 35, le maggiori contrazioni nel decennio si registrano in Lombardia, Campania, Puglia e Sicilia. A livello settoriale, invece, anche in Puglia a pagare il prezzo più alto sono i comparti tradizionali come il commercio, le costruzioni e il manifatturiero. Secondo Unioncamere la marcata riduzione del perimetro ha innescato una sensibile ricomposizione settoriale dell’imprenditoria giovanile. Infatti si registra una crescita nelle attività che riguardano i servizi alle imprese, il turismo e l’agricoltura.

Per il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, «la nuova mappa settoriale dell’impresa giovanile mostra chiaramente una maggiore presenza in settori che richiedono competenze specializzate e promettono maggiori margini di innovazione. I giovani che oggi scelgono di fare impresa puntano – ribadisce Prete – su attività dove il valore aggiunto della competenza e della tecnologia rappresenta un fattore distintivo e competitivo. Questa trasformazione suggerisce la necessità di politiche mirate che, oltre a facilitare l’accesso al credito e la fase di avvio, supportino i giovani imprenditori nell’acquisizione delle competenze necessarie per operare in settori ad alta intensità di conoscenza e innovazione».

Ma sono in molti a sostenere che occorre prima di tutto semplificare quelle procedure che ancora oggi frenano il fare impresa e che sono vissute come un fardello troppo pesante soprattutto dai più giovani che vogliono mettersi in proprio. Non a caso ben 7 imprese under 35 su 10 vedono nella burocrazia l’ostacolo maggiore all’utilizzo delle risorse del Pnrr.
È difficile dargli torto visto che l’universo della burocrazia pesa sulle imprese come un macigno. L’eccessivo numero di adempimenti, di permessi, di autorizzazioni, di lungaggini amministrative, sono l’espressione di una farraginosità operativa burocratica i cui costi vengono scaricati sulle imprese e scoraggiano i giovani ad assumere il timone delle aziende.

Da uno studio della Cgia di Mestre, sulla base dell’analisi dei dati elaborati dall’Istituto Ambrosetti, emerge che la cattiva burocrazia ha un costo annuo in capo alle imprese italiane di 57 miliardi di euro. Ed anche in questo caso a livello territoriale le imprese del Sud risultano le più penalizzate. Nella classifica regionale, infatti, tra le prime top ten relative al costo annuo della burocrazia sulle imprese troviamo la Campania (3,5 miliardi), la Sicilia (2,9 miliardi) e la Puglia (2,4 miliardi). Ovviamente, sia a livello regionale che provinciale, risultano maggiormente penalizzate quelle realtà territoriali dove è maggiore la concentrazione di attività economiche che producono ricchezza e dove la pubblica amministrazione è meno efficiente.

In altri termini sembra essere proprio l’oppressione burocratica con i numerosi e tortuosi adempimenti amministrativi a far passare la voglia, soprattutto ai giovani, di avviare un’attività imprenditoriale. A volte la complessità delle norme e la loro proliferazione sembra sfuggire al controllo degli stessi organi legislativi, che probabilmente non hanno idea della reale necessità di tali norme e, soprattutto, dell’impatto che hanno sulla vita di ogni giorno.

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