Il presidente della Comunità del Veneto: “Chiediamo di riconoscere la Palestina perché possa esistere”

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Dopo che vi abbiamo raccontato dell’operazione umanitaria nell’ambito della quale in questi primi giorni di febbraio 2025, il Governo italiano si è portato a casa da Gaza una quindicina di bambini bisognevoli di cure, uno dei quali, Ahmed Aid, ospitato all’Ospedale Universitario di Padova ed operato nel reparto di Pediatria diretto dal professor Giorgio Perilongo, abbiamo cercato di completare il quadro della vicenda, anche attraverso il coinvolgimento della Associazione Comunità Palestinese del Veneto che ha sede a proprio a Padova.

Il presidente, Khaled Al Zeer (nella foto di copertina) – qui in Italia da 40 anni, sposato ed insegnante di Elettronica e Telecomunicazioni all’Istituto “Meucci-Fanoli” di Cittadella – si è prestato volentieri per fare il punto su questa iniziativa umanitaria.

“L’arrivo di Ahmed – attacca il nostro ospite – è il completamento di una richiesta di soccorso, partita un anno fa e della quale il ragazzino, purtroppo, aveva perso il primo treno, per così dire. Delle sei famiglie che facevano parte del gruppo da noi individuato, infatti, grazie anche all’attenzione avuta da parte del presidente Zaia, erano già arrivate ad ottobre 2024, 2 ragazze ustionate, una di 5 ed una di 16 anni di età”.

Sono dunque continui questi contatti?

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“Sono continui i contatti e disperati gli appelli, sia da parte di chi ne ha direttamente bisogno, che di chi a Gaza rimane. Pensi che per una delle mamme qui al seguito dei figli da curare, una volta mi ha chiamato il marito pregandomi di prendermi cura della sua famiglia. Mi stava chiamando nel mezzo della distruzione più totale, dalla quale neppure lui sapeva se sarebbe uscito o se sarebbe stato inghiottito di lì ad un minuto o poco più”.

Anche Ahmed è qui con la mamma ed i fratelli, vero?

“Certo, con i fratelli che sono due gemelli e la mamma, Omahmed, come semplicemente si dice da noi, che si sta occupando dei suoi figlioli dal vostro Ospedale. Siamo andati a trovarlo Ahmed e si è schernito come è naturale per un bambino della sua età; per rispetto non ho insistito nell’invadenza della visita. Lui però, quasi a ringraziarci, ci ha cantato alcune canzoncine  in palestinese”.

Ora, ci è stato comunicato che il bambino sta meglio…

“Si, ed io approfitto per ringraziare in questo caso l’équipe del professor Perilongo, il quale ha colto che mentre ci si occupa delle ferite esterne, sono molto più profonde, esistenziali, quelle che la guerra può lasciare nell’animo di un bambino o di un anziano”.

Crede di poter fare, Kahled un ragionamento sul percorso di pace che sembra, anche se faticosamente, partire?

“Potremmo anche provarci, ma non senza partire però da una considerazione che vorrei facesse: sui 360 kmq di Gaza –  tanto è vasta lungo il mare, l’enclave palestinese in Israele – sono state scaricate 100.000 tonnellate di bombe.

Il Comune di Venezia di kmq ne conta 400 ed ha un decimo degli abitanti della “Striscia” che ne conta quasi 2 milioni e mezzo.

La prima bomba atomica aveva un potenza pari a 20.000 tonnellate di esplosivo.

Ecco, un ragionamento lo possiamo fare se lei, a qualunque cosa volesse chiedermi, o a qualunque risposta si aspettasse da me, farà questa tara”.

Gaza, controesodo verso il niente

Mi lascia poco spazio, caro Kahled, poiché anche io, in famiglia, quando vedo alla televisione quel che resta del vostro territorio, guardo esterrefatto mia moglie, pensiamo ai nostri figli, e quasi ci vergogniamo per la fortuna che abbiamo, a dispetto di quelle situazioni.

“Ecco, vede – incalza Kahled -la richiesta di pace, viene ricacciata in gola anche a voi proprio da quelle immagini che io considero una gigantesca ingiustizia. Non ci sarà pace senza giustizia e non ci sarà giustizia senza il nostro Stato”.

Ci perdonerà, però non ci viene più tanto facile il trasporto per l’una o per l’altra parte.

“Beh, noi chiediamo che anche l’Italia, come hanno già fatto altri 149 Paesi, voglia riconoscere la Palestina come Stato. Voi dite che non potete riconoscere una cosa che non c’è. Noi vi chiediamo di riconoscere la Palestina perché ci sia. E che anche l’Italia si dimostri all’altezza della sua storia”.

“Dal punto di vista umanitario – conclude il nostro interlocutore – non avete eguali, ma dal punto di vista della vostra tradizione e cultura millenarie, ultimamente mi pare che stiate …scantonando”.

Dove con scantonando, chi scrive sintetizza l’invito di Khaled Al Zeer a distinguere bene da iniziative e proposte di pace che tali non sono, se prescindono dal loro riconoscimento ed indugiano attorno alle tesi della controparte e di chi la supporta.

 

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