La carne di pecora sarda rappresentava una risorsa sottovalutata, spesso relegata alla produzione di latte o destinata a un mercato di nicchia. Con il progetto VALPESA, acronimo di “Valorizzazione della pecora sarda”, si puntava a trasformare questa materia prima in prodotti innovativi come hamburger e arrosticini. La presentazione dei risultati si teneva presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, dove esperti del settore e rappresentanti istituzionali discutevano le potenzialità di questa nuova filiera. La ricerca si basava su un approccio scientifico, analizzando il benessere animale e le caratteristiche nutrizionali delle carni. Francesco Forma, a capo della storica azienda Forma Srl, spiegava come fosse necessario creare una forte sinergia tra allevatori, trasformatori e distributori per garantire un prodotto di qualità. L’idea di fondo era quella di migliorare la qualità della carne attraverso un’alimentazione specifica durante la fase di finissaggio in stalla, ottenendo così un prodotto più tenero e dal sapore equilibrato.
Un nuovo metodo per valorizzare la carne ovina
Il finissaggio si rivelava un passaggio chiave per trasformare la pecora sarda in un prodotto adatto al consumo moderno. Gli animali, solitamente destinati alla produzione di latte, risultavano troppo magri per un’adeguata resa in macellazione. Attraverso un’alimentazione mirata e l’integrazione con vitamina E, era possibile migliorare il pH della carne, aumentandone la conservabilità e la stabilità ossidativa. Anna Nudda, docente presso il Dipartimento di Agraria, sottolineava come questo processo potesse incidere positivamente sulla qualità complessiva della carne, rendendola più adatta alla produzione di prodotti innovativi come hamburger e arrosticini.
La ricerca dimostrava che solo gli animali con un determinato Body Condition Score potevano essere sottoposti al finissaggio con successo. Questo metodo, sviluppato nell’ambito del progetto VALPESA, permetteva di ottenere carni con una maggiore tenerezza e un sapore più delicato. I test di assaggio condotti su un campione di consumatori mostravano una chiara preferenza per i prodotti ottenuti con questo metodo rispetto a quelli tradizionali. L’adozione di queste nuove tecniche consentiva di superare i limiti stagionali della produzione ovina, garantendo una disponibilità costante di carne di alta qualità per la GDO e i piccoli produttori.
L’importanza della filiera e il ruolo delle istituzioni
L’evento di presentazione coinvolgeva numerosi rappresentanti del settore agroalimentare. Il prorettore alla Ricerca dell’Università di Sassari, Giuseppe Pulina, introduceva i lavori, evidenziando il ruolo centrale dell’innovazione nella filiera agroalimentare sarda. L’assessore all’Agricoltura della Regione Sardegna, Gianfranco Satta, ricordava come il progetto fosse finanziato attraverso il PSR 2014/2020, sottomisura 16.1, destinata alla ricerca e sviluppo nel settore agricolo.
Il professor Gianni Battacone, del Dipartimento di Agraria, spiegava come la valorizzazione delle carni ovine potesse garantire un maggiore reddito agli allevatori e ampliare l’offerta di prodotti disponibili sul mercato. La pecora sarda, storicamente allevata per la produzione di latte, veniva ora inserita in un percorso di trasformazione che ne esaltava le potenzialità gastronomiche. L’obiettivo era creare un sistema sostenibile, capace di generare valore aggiunto per l’intera filiera, dalle aziende agricole ai consumatori.
Verso una nuova identità per la carne di pecora sarda
Uno degli aspetti più innovativi del progetto riguardava la possibilità di sviluppare un marchio distintivo per la carne di pecora sarda, sulla scia dell’agnello di Sardegna IGP. Secondo Antonio Lorenzoni, CEO di LM Consulting, le ricerche di mercato evidenziavano un crescente interesse per prodotti di qualità con un forte legame territoriale. I consumatori cercavano sempre più spesso carne certificata, con una provenienza chiara e una filiera trasparente. L’idea di una certificazione IGP per la pecora sarda poteva quindi rappresentare un passo decisivo per l’affermazione di questa nuova categoria di prodotti.
L’incontro si chiudeva con un dibattito tra allevatori, esperti di settore e rappresentanti delle associazioni di categoria. Battista Cualbu, di Coldiretti, e Giuseppe Patteri, di Copagri, sottolineavano l’importanza di creare un sistema produttivo integrato, capace di rispondere alle esigenze del mercato. Alessandro Mazzette, direttore del Consorzio di Tutela dell’Agnello di Sardegna IGP, evidenziava come il modello adottato per l’agnello potesse essere applicato anche alla carne di pecora sarda, garantendo qualità e riconoscibilità ai prodotti derivati.
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