Il centro ex Sprar veniva utilizzato come luogo di stoccaggio e ripartenza delle partite di stupefacente, nonché di reclutamento di migranti nigeriani. L’operazione internazionale, da Valona alla Spagna, dei carabinieri
Il centro Sprar (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, ora Centro di Accoglienza Straordinaria) in via della Riserva Nuova, a Villaggio Falcone, era la base di un grosso giro di spaccio di droga che arrivava dall’Albania con la complicità di personaggi della malavita nigeriana. Il centro per i migranti veniva utilizzato come luogo di stoccaggio e ripartenza delle partite di stupefacente, nonché di reclutamento di migranti nigeriani (titolari di permesso di soggiorno provvisorio in attesa della definizione del loro status). Poi la banda diffondeva la droga in tutta Roma facendo viaggiare gli spacciatori a bordo di mezzi pubblici.
I reati e gli arresti
È quanto hanno scoperto i carabinieri della compagnia Parioli che hanno arrestato 27 persone – 20 in carcere e sette ai domiciliari – nel corso di un’operazione coordinata dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia della Capitale, che ha consentito di documentare come una banda albanese importava ingenti quantitativi di marijuana direttamente da Valona (Albania), poi smistata, grazie all’alleanza con organizzazioni di matrice nigeriana, in ambito nazionale ed europeo. Fra i reati contestati, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione, porto di armi da fuoco, intestazione fittizia di beni in concorso mediante induzione in errore di pubblici ufficiali. Alcuni degli arresti, eseguiti oggi a Valona (Albania) e nella provincia di Barcellona (Spagna), sono stati effettuati in collaborazione con le polizie albanese e spagnola, grazie al contributo della Direzione Centrale della Polizia Criminale – Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e Interpol.
All’indagine hanno collaborato anche gli uomini della Direzione Centrale Servizi Antidroga. L’operazione è scattata nel 2018 con l’indagine «Tibus», dal nome del capolinea dei bus regionali che partono dalla stazione Tiburtina a Roma dove sono stati fermati decine di corrieri della droga per lo più nigeriani, e proseguita quella attuale che ha preso in considerazione il biennio 2019 – 2021. I carabinieri hanno individuato due bande principali, a cui ne facevano capo altre sei: quella nigeriana, secondo gli elementi indiziari raccolti, si occupava di reperire e acquistare ingenti quantitativi di stupefacente del tipo marijuana, distribuendola sul territorio nazionale ed europeo, utilizzando per lo più soggetti molto giovani, incensurati e quasi tutti risultati in transito da centri di prima accoglienza e con lo status di “rifugiato politico”. Quella albanese, con particolare riferimento a Valona da cui sono risultati essere originari la stragrande maggioranza degli indagati, invece importava tonnellate di marijuana fatta arrivare in Italia con motoscafi molto potenti, fatta sbarcare in Puglia e trasferita a Roma su auto intestate a prestanome o noleggiate con nomi di comodo, fino all’ex Sprar.
Italiani come manovalanza di albanesi e nigeriani
Nel corso delle indagini è anche emerso come alcuni narcos albanesi abbiano estorto denaro ad acquirenti nigeriani accusati di pagare in ritardo le partite di droga. Non si esclude che i primi fossero anche in possesso di armi da guerra. In tutta l’indagine è emerso il ruolo marginale, di prestanome, senza fissa dimora, di alcuni italiani. Dal 2019 sono state arrestate ben 147 persone collegate a questo giro di droga con il sequestro di 900 chili di stupefacente e 90 mila euro in contanti.
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