due dipendenti della Farnesina ai domiciliari

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Avrebbero accettato soggiorni in alberghi di lusso, televisori, cellulari, orologi, investimenti immobiliari e voli aerei per agevolare le pratiche. I pm: «Approfittamento di persone in situazione di minorata difesa e scarse possibilità economiche». Un terzo dipendente è indagato a piede libero, in carcere due cittadini del Bangladesh: facevano da tramite

«Fratello, questo è Royal Safari. Ti porteranno al Sahara Resort. E avrai tutti i servizi Vip, inclusi cibo e alcol e un maggiordomo. È tutto pagato. Per favore, non pagare nulla». Il soggiorno in un albergo di lusso, televisori e cellulari di ultima generazione, Rolex, voli Roma-Dubai e altre utilità economiche sono quanto richiesto da due funzionari del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale guidato dal forzista Antonio Tajani per agevolare le pratiche di rilascio dei visti a cittadini extracomunitari.

Una rete corruttiva sventata dalle indagini coordinate dalla procura capitolina ed eseguite dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Roma. Oggi, mercoledì 19 febbraio, i due dipendenti della Farnesina, Nicola Muscatello e Roberto Albergo, sono finiti ai domiciliari, accusati di corruzione (un altro dipendente è indagato a piede libero). Per gli investigatori avrebbero «accettato utilità di vario tipo in cambio della loro agevolazione» burocratica.

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«Fatti – scrivono i magistrati nelle carte giudiziarie – di assoluta gravità, poiché pongono gli interessati a fare ingresso in Italia davanti alla costrizione del pagamento di somme esorbitanti non dovute, una condotta odiosa, grave, di approfittamento di persone in situazione di minorata difesa e scarse possibilità economiche, stringendo accordi granitici, consolidati, che non lasciano spazio di scelta alle vittime e che minano gravemente la trasparenza ed il buon andamento della pubblica amministrazione».

Chi faceva da tramite

Le misure cautelari eseguite nell’ambito dell’operazione sono state in totale cinque. In carcere sono finiti due cittadini del Bangladesh, Nazrul Islam e Hossain Md Baleyet Patwari, accusati a vario titolo di istigazione alla corruzione, corruzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato.

In pratica i due, di stanza in Italia, «chiedevano ai loro connazionali da regolarizzare ingenti somme di denaro, in parte in misura fissa e in parte in proporzione ai futuri guadagni lavorativi dagli stessi ottenuti nel nostro Paese». Una volta ottenuti i pagamenti, i due arrestati si facevano da tramite coi funzionari del Maeci che, come detto, in cambio di varie utilità, facilitavano le pratiche.

È, ad esempio, il 24 agosto del 2022 quando il dipendente del ministero, Albergo, scrive a Patwari. «Fratello ho bisogno di un iPad per domani, puoi comprarlo per me?». Qualche minuto dopo lo stesso Patwari risponde: «Domani lo compro». Ma Albergo quasi sollecita la richiesta, spiegando: «Devo lavorarci per gli appuntamenti on- line». E poi Iphone, computer e ulteriori dispositivi tecnologici, gioielli all’ultimo grido, viaggi extra lusso, persino investimenti immobiliari negli Emirati Arabi.

LA DENUNCIA

«Le indagini – scrivono i magistrati nell’ordinanza di esecuzione delle misure cautelari – traggono spunto dalle dichiarazioni rese da Andrea Di Giuseppe, componente della Commissione affari esteri della Camera dei deputati, poiché Nazrul Islam gli ha confessato di gestire l’ingresso illegale di bengalesi in Italia stringendo accordi con dipendenti dell’ambasciata».

Il 30 marzo del 2023, in altre parole, il parlamentare di Fratelli d’Italia Di Giuseppe denuncia quanto sa. «IsIam, a conoscenza del ruolo da costui svolto (cioè da Di Giuseppe, ndc) e dei suoi poteri, gli aveva chiesto di intervenire presso l’ambasciata d’Italia in Bangladesh, in particolare avrebbe dovuto intercedere con tale Roberto Albergo, al fine di favorire il rilascio di visti d’ingresso sul territorio italiano ai soggetti bengalesi segnalati da Islam; in cambio Di Giuseppe e Albergo, se avessero prestato il loro consenso, avrebbero ottenuto denaro e altre utilità», scrivono ancora i magistrati negli atti.

Dopo la denuncia, dunque, l’avvio delle indagini. E la scoperta che dietro a una delle tante conversazioni intercettate – «Il Rolex è ok?» – si nascondevano le fragilità di uomini e donne in cerca di futuro.

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