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Sono 230 milioni le bambine e le ragazze nel mondo ancora sottoposte alla pratica. A vietarla, leggi deboli e insufficienti

In Gambia hanno provato ad abrogare la legge che vieta le MGF. In Liberia lo hanno fatto. In Mali, nonostante i tentativi, non sono mai riusciti ad emanare una norma che le vieti. Eppure, secondo delle ricerche, questa pratica è una delle principali cause di morte tra bambine e ragazze in 15 paesi

C’era una volta una legge. Una legge che avrebbe dovuto proteggere milioni di bambine e ragazze nel mondo dalla violenza delle mutilazioni genitali femminili. Una legge che, nei documenti ufficiali, sanciva il diritto all’integrità fisica e alla salute.

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Ma nella realtà, nei sobborghi delle grandi città, nei villaggi, nelle aree rurali, quella legge rimane spesso solo inchiostro sulla carta. In alcuni paesi, non è mai nemmeno arrivata. In altri, rischia di essere cancellata.

Perché sradicare le mutilazioni genitali femminili, soprattutto in Africa, resta così difficile nonostante decenni di lotta?

Un problema persistente 

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono forse uno dei temi su cui è più difficile dialogare tra chi la pensa diversamente.

Se in alcuni paesi, come Mali, Guinea, Somalia, Gibuti, è un dramma che interessa la quasi totalità delle donne, in alcuni casi più del 90% di esse, per chi viene da diverse parti anche dello stesso continente o del mondo, si tratta di una delle pratiche più aberranti e ingiustificabili ancora in circolazione.

Eppure, non si riesce a sradicarla, in barba a tutte le campagne fatte per la sua eliminazione. Anzi, non mancano i passi indietro. 

Di fatto, le MGF continuano a rappresentare una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Oggi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 230 milioni di bambine e donne in 30 paesi dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia hanno subito questa pratica.

Più della metà di queste vive in Africa, dove le MGF rimangono una realtà diffusa nonostante il crescente numero di paesi che le hanno dichiarate illegali.

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Secondo un’analisi recente condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sarebbero circa 80mila le donne che hanno subito clandestinamente questa pratica. 

Il dramma è anche sanitario: uno studio del 2023 condotto sull’argomento da un gruppo di scienziati del Regno Unito, ha messo nero su bianco numeri sconcertanti. Si stima infatti che le MGF causino circa 44mila vittime l’anno in soli 15 paesi presi in esame, ovvero una morte ogni 12 minuti.

Per fare un paragone, sono cifre superiori ai decessi legati all’HIV/AIDS, alla meningite e ad altre malattie note. Le cause del decesso sono nella maggior parte dei casi emorragia grave, infezione, shock o travaglio ostruito.

A ostacolarne l’abbandono contribuiscono svariati fattori, in primis caratterizzati da pressioni culturali e sociali, che travalicano ogni sorta di confini nazionali o religiosi.

Non c’è discriminazione, la pratica attraversa tutte le religioni, dall’Islam al cristianesimo, passando per l’animismo. L’origine è molto probabilmente antichissima e secondo alcune fonti potrebbe risalire persino all’Antico Egitto. 

Le leggi ci sono, ma non bastano

Attualmente, sono 28 i paesi africani con una legislazione che vieti le MGF, ma la loro applicazione è debole. Secondo un’analisi dell’UNFPA, in buona parte dei casi queste leggi non vengono fatte rispettare. Le denunce sono rare e ancora meno frequenti sono le condanne. A volte, come in Gambia e Liberia, i governi hanno addirittura mostrato segnali di marcia indietro.

In Gambia, per esempio, la legge del 2015 che criminalizza le MGF è stata recentemente messa in discussione da leader religiosi e membri del parlamento, dopo la prima condanna significativa nel 2023 di tre donne per aver mutilato otto bambine.

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Questo ha scatenato un dibattito che ha portato alla proposta di abrogare la legge, anche se, nel luglio 2024, il parlamento ha votato per mantenerla. Il rischio di regressione, però, resta alto.

Un caso simile si è verificato in Liberia nel 2020, quando il governo ha tolto la criminalizzazione delle MGF dal nuovo codice penale, lasciando la questione alle singole contee. Una manovra che ha portato a una ripresa della pratica in molte aree del paese.

I casi critici di Mali e Sierra Leone

Il Mali rimane uno dei paesi africani a non avere una legislazione specifica contro le MGF, pratica a cui si stima sia stato sottoposto l’89% delle donne del paese. La quasi totalità. Non sorprende, se si considera che nel 2002, un tentativo di introdurre una legge contro le MGF è stato bloccato dai leader religiosi.

Anche nel 2009 e nel 2021 ci sono stati tentativi simili, ma il parlamento maliano non ha approvato alcuna normativa. Questo ha permesso che la pratica rimanesse diffusa e spesso eseguita in clandestinità, con gravi conseguenze sulla salute delle donne e delle bambine.

In Sierra Leone, il legame tra MGF e le società segrete tradizionali come il Bondo ha reso difficile qualsiasi tentativo di abolizione. Nel 2007, un emendamento per criminalizzare le MGF è stato rimosso dalla Child Rights Act prima dell’approvazione finale, lasciando la pratica legale nel paese.

Alcune iniziative locali hanno cercato di limitarne l’incidenza, imponendo divieti per le bambine sotto i 18 anni, ma senza una legge nazionale la protezione rimane insufficiente.

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Tra clandestinità e “medicalizzazione” 

Va ribadito però che la resistenza all’abolizione delle MGF non è solo una questione legislativa. In molti paesi, la pratica continua clandestinamente. In alcuni casi, le bambine vengono sottoposte alla mutilazione in età sempre più giovane per ridurre il rischio di essere scoperte.

Inoltre, si stanno sviluppando nuove tendenze preoccupanti, come la “medicalizzazione” della pratica. Significa che aumentano i casi in cui la mutilazione viene eseguita direttamente dagli operatori sanitari in contesti clinici.

Se da un lato questo la rende più sicura, dall’altro, oltre a legittimarla implicitamente, non risparmia comunque le ragazze dalla violenza e dagli effetti dannosi che porteranno con loro per tutta la vita. 

Conflitti, povertà e matrimoni precoci: il legame con le MGF

Un altro fattore che rende difficile l’eliminazione delle MGF è la loro connessione con le condizioni socioeconomiche delle comunità che le praticano. Nei paesi colpiti da conflitti o instabilità politica, come Sudan, Etiopia e Nigeria, le MGF spesso aumentano a causa della povertà estrema e della vulnerabilità delle famiglie.

Le bambine diventano “merce di scambio” nel sistema del prezzo della sposa, e le MGF sono viste come un prerequisito per un matrimonio vantaggioso.

Secondo un’indagine dell’UNICEF, circa 4 su 10 delle donne e delle ragazze sottoposte a MGF vive in paesi afflitti da guerre o crisi umanitarie, dove l’accesso ai servizi di protezione e alle campagne di sensibilizzazione è limitato. 

Segni di speranza

Esistono naturalmente anche esempi virtuosi nella lotta a questa pratica. L’esperienza di paesi come Burkina Faso, per esempio, dimostra che un forte impegno politico, insieme a strategie educative e sociali, può ridurre drasticamente la pratica.

Tuttavia, le resistenze culturali, la mancanza di applicazione delle leggi e la crescente pressione per reintrodurre le MGF in alcuni paesi costringono a tenere alta l’allerta. Il pericolo di regressione è reale.

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