Insinuazione ultratardiva del credito per restituzione del finanziamento pubblico

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Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4476 di ieri, intervenuta in tema di ammissione dei crediti al passivo fallimentare, ha chiarito che il disposto di cui all’art. 101 ultimo comma del RD 267/42, relativo alle domande c.d. ultratardive, deve essere interpretato nel senso che il creditore è tenuto a dimostrare non solo la causa esterna impeditiva della sua tempestiva attivazione, ma anche quella esterna, uguale o diversa dalla prima, che abbia cagionato l’inerzia tra il momento della cessazione del fattore impeditivo e il compimento dell’atto.

La richiesta di ammissione al passivo, venuto meno l’impedimento, non può essere presentata entro il medesimo termine (dodici mesi) di cui è stata provata l’impossibilità di osservanza, mentre è necessario che il creditore si attivi in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del procedimento (Cass. n. 11000/2022).

In relazione al caso di specie, il credito da insinuare al passivo aveva a oggetto un finanziamento pubblico revocato e, al riguardo, i giudici hanno, altresì, precisato che il provvedimento di revoca di tale finanziamento non ha natura costitutiva del credito, limitandosi soltanto ad accertare il venir meno di un presupposto ex lege.
Il credito, infatti, sorge come privilegiato ex lege dal momento in cui il beneficio viene concesso ed erogato, mentre la revoca del contributo rappresenta soltanto una condizione affinché si possa agire per il recupero del medesimo.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Non assume rilievo, invece, che i presupposti della revoca siano sorti anteriormente o successivamente al fallimento, nell’ipotesi in cui la beneficiaria, a seguito dell’erogazione – parziale o totale – del contributo non abbia, poi, destinato il finanziamento per lo scopo per cui era stato concesso.
La revoca del contributo resta, in verità, opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell’impresa beneficiaria (Cass. n. 4510/2018).

I giudici rammentano la posizione espressa dalla giurisprudenza in tema di formazione dello stato passivo fallimentare, secondo cui l’espressione “crediti condizionati” di cui all’art. 96 del RD 267/42 ricomprende in sé, quale categoria più ampia, anche i “crediti condizionali” ex art. 55 del RD 267/52 – inclusi quelli inopponibili al fallito in assenza di una preventiva escussione del debitore principale – giustificandosi, pertanto, l’ammissione al concorso con riserva per quei crediti che, pur essendo preesistenti, hanno una esigibilità collegata a un evento futuro e incerto realizzatosi in corso di procedura.

Il principio, affermato nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria – in un caso in cui era invocata, da un’autorità amministrativa, l’ammissione al passivo del credito correlato all’irrogazione di una sanzione pecuniaria, “condizionale” rispetto all’esito del procedimento accertativo dell’illecito – può trovare applicazione anche nel caso di specie, ove era stata verificata la sussistenza ab origine di una condizione ostativa alla concessione del finanziamento pubblico e, quindi, giustificativa della decadenza o revoca del contributo.

Non può essere condiviso, invece, l’orientamento secondo cui, nell’ipotesi di revoca, in forza di patologie attinenti alla fase amministrativa dell’erogazione del finanziamento, di contributi pubblici erogati direttamente a privati, la legittimazione dell’ente pubblico a proporre istanza di insinuazione al passivo sorge successivamente all’adozione del provvedimento in autotutela (di revoca) del contributo ex art. 9 comma 1 del DLgs. 123/98, che viene motivata osservando come solo in seguito all’adozione di tale atto diventa indebita l’erogazione già disposta in favore del privato e, conseguentemente, sorge il diritto alla ripetizione in capo all’ente pubblico.

L’indebito – e, quindi, il credito da restituzione – invece, sorge nel momento in cui vengono erogati i finanziamenti e, pertanto, deve essere fatto valere non a seguito dell’emissione del provvedimento di revoca, che non ha alcuna valenza costitutiva, ma dal momento in cui l’amministrazione ha acquisito conoscenza dell’indebito e, quindi, della sussistenza dei presupposti per procedere alla revoca.



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