Sentito, spettacolare e legato a riti arcaici e un po’ misteriosi, che passano anche per la tavola: così è Su Carrasegare, ovvero il Carnevale, in Sardegna. Le sue celebrazioni partono già dal 17 gennaio, con la giornata di Sant’Antonio che vede accendere fuochi nelle campagne e insieme uscire le prime maschere tradizionali, che tornano di paese in paese in festeggiamenti affascinanti. Dal Carrasegare di Bosa al rito dei Mamuthones e Issohadores di Mamoiada, dalla corsa equestre Sa Sartiglia di Oristano ai personaggi Bòes e Merdùles di Ottana, per finire con il grande mercoledì delle Ceneri di Ovodda.
La frittura: la base dei dolci di Carnevale
A musiche e sfilate si accompagna il repertorio dei dolci, del quale approfittare prima dell’avvento della Quaresima. Una miriade di interpretazioni e ricette che cambiano quasi in ogni famiglia, con un punto in comune: la frittura. Come anche in altre regioni italiane, l’inverno coincide con il momento della macellazione del maiale, e con la grande disponibilità, tra gennaio e febbraio, di strutto. Che si usava per friggere ancor prima dell’olio e che oltretutto andava consumato in fretta, per ovviare alle difficoltà di conservazione. In Sardegna, terra di pastori e casari, in realtà si utilizzava a volte anche l’ozu casu, ovvero il grasso residuo dalla preparazione del formaggio, poi lavorato in diversi modi. Il miele, altro ingrediente amato e abbondante, è ugualmente protagonista.
Ecco quali sono le ricette tipiche e interessanti del Carnevale in Sardegna, con declinazioni e ingredienti.
Meraviglias
Così si chiamano sull’isola i dolcetti che nel continente prendono il nome di chiacchiere o frappe (qui la tassonomia regione per regione). Si tratta anche in questo caso di sfoglie tirate sottili e poi tagliate in losanghe o rettangoli, poi fritte e spolverizzate di zucchero a velo. Sono conosciute anche come bugie.
Zippulas
Sono tipiche soprattutto del Carnevale cagliaritano le zeppole (o zippulas, sas tzipulas, frisgioli longhi o frisjoli), in sostanza delle frittelle di pasta lievitata cosparse di miele o zucchero. A seconda della zona, possono prendere diverse forme. Col nome di ‘frittura araba’ si indicano quelle lunghe e arrotolate a serpentello, ottenute facendo colare l’impasto direttamente in olio bollente e originarie del centro e del nord. Ma si trovano altresì tondeggianti o irregolari, anche profumate di zafferano, arancia o limone. Nell’impasto a volte si aggiungono patate o ricotta, per dare più morbidezza. Le zeppole sarde infine si trovano anche come bocconcini farciti di crema e ce n’è pure una versione salata, arricchita da formaggio o verdure.
Cattas
Un prodotto particolare, a base di semola rimacinata, a volte patate, poi acqua, lievito e strutto. Le cattas sono note anche come gatzas e gathas e hanno la particolarità di sposarsi non solo col dolce ma anche col salato. Il loro sapore neutro permette di farcirle infatti sia con salumi che di servirle con solo un po’ di zucchero a velo.
Orillettas
Origliettas, lorighittas, montogadas: molti nomi dialettali per un dolce che può prendere forme lievemente diverse. La base è all’incirca quella delle chiacchiere, anche se tradizionalmente si preparava con semola o farina di grano duro, mentre oggi più spesso farina 00. Servono anche uova, strutto, scorza o succo d’arancia, nonché acquavite o anice. In Gallura e nel Nuorese si trovano a fisarmonica, altrove a foggia di fiori o ruote, e una volta fritte sono sempre ricoperte di miele e guarnite con scorza di agrumi.
Acciuleddi
Gli acciuleddi sono dolci particolarmente graziosi, che si riconoscono per la loro forma intrecciata. Conosciuti anche come azzuleddhi o trizzas, si preparano con la pasta violada (o violada), un impasto di semola e strutto oppure burro. Una volta ricavati grossi spaghetti e formati a dovere, sono fritti e immersi nel miele caldo. Una specialità tradizionale specie in Gallura e nel nord della Sardegna.
Fatti fritti
Tra i dolci più diffusi del Carnevale sardo ci sono i fati fritti, italianizzazione del locale parafrittus. C’è chi li traduce anche con ‘frati fritti’, forse per il loro colore marrancio con linea bianca centrale o per la forma che ricorda una chierica monacale. Si tratta infatti di ciambelle molto soffici, la cui consistenza è data dalla doppia lievitazione e dalla presenza nell’impasto di strutto (oggi rimpiazzato dal burro). In alcuni paesi si aromatizzano all’arancia, al limone o all’anice, ma la forma con buco al centro resta la medesima.
Arrubiolus
Diciamolo subito: questa ricetta varia di famiglia in famiglia e le linee guida sono flessibili. Si trova anche come orrubiolus, rujolos o brugnolus, tutte accomunate dalla ricotta come ingrediente principale. Niente pasta violada o lievitata, ma delle ‘polpettine’ con anche zucchero, farina e scorza di agrumi. C’è chi aggiunge uova, zafferano e un goccio di acquavite, prima di procedere con la frittura e la canonica passata di zucchero e velo o miele.
Culurgiones de mendula
Un esempio di pasta ripiena, ma in versione dolcissima. Si tratta di ravioli di pasta fritti e quindi molto croccanti, bilanciati però da un ripieno friabile di mandorle aromatizzato al limone. Non manca il rivestimento di miele o zucchero a velo, mentre della farcia esistono varianti anche al cioccolato, ricotta e arancia oppure crema pasticciera.
Uvusones
Gli uvusones sono conosciuti anche come vuvusones, e sono tipici in particolar modo del centro della Sardegna. Se qualcuno li descrive come dei ‘babà alla sarda’ è per via dell’immersione in miele miscelato ad acquavite, appena dopo la frittura. La trama spugnosa di queste palline di pasta lievitata è l’ideale per assorbirli e diventare ancora più saporita.
Pinus
Riecheggia la pasticceria partenopea anche nei pinus (o opinus, pinu tesu o pirichittus), tocchetti di pasta lievitata, fritti e poi assemblati in mucchietti grazie al miele. Si decorano con praline di zucchero colorate, la mompariglia, e ricordano molto da vicino proprio gli struffoli campani.
La foto di copertina è di La Cucina di Pippi.
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