Piano pandemico, scorte di respiratori e cosa è cambiato in 5 anni: «Stavolta siamo pronti all’emergenza»

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Michela Nicolussi Moro

Chiarita la catena di comando, ora ci sono l’esperienza e canali speciali per reperire farmaci e macchinari subito. Le 37 esercitazioni nelle Usl

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È stata lei, quel 21 febbraio 2020, la prima a sapere che il Sars-Cov2 era arrivato in Veneto, dopo il rapido passaggio a Verona, il 23 dicembre 2019, di una coppia cinese poi risultata infetta e ricoverata allo Spallanzani di Roma. «Abbiamo due vostri campioni positivi al virus», scandisce al telefono il professor Gianni Rezza, allora direttore del Dipartimento di Malattie infettive all’Istituto superiore di Sanità. Appartengono a due «amici di carte» di Vo’ Euganeo, ricoverati all’ospedale di Schiavonia: Adriano Trevisan, 77 anni, che nella notte diventerà la prima vittima italiana del Covid-19, e Renato Turetta, 67, che si spegnerà il 10 marzo. Da lì è storia nota ma è sempre lei ad aver redatto, già il 27 gennaio 2020, il primo Piano di sanità pubblica per affrontare un mostro sconosciuto. Oggi Francesca Russo è ancora a capo della Direzione regionale Prevenzione, ma a cinque anni dallo scoppio di una pandemia responsabile di 27.191.249 contagi e 198.638 morti in Italia (2.868.852 casi e 17.607 vittime nel Veneto), tutto è cambiato.

A mani nude

Allora le Regioni si trovarono a combattere un nemico inarrestabile «a mani nude», con un Piano pandemico nazionale fermo al 2006. Forte di quell’esperienza, nel giugno 2022 il Veneto lancia il «Piano strategico operativo 2021-2023 di preparazione e risposta a una pandemia influenzale» e lo aggiorna ogni anno, perché definisce chi fa cosa in caso di emergenza e anche dopo, «per guidare il ritorno alle normali attività, tenendo conto di nuove ondate dell’epidemia». La catena di comando, che parte dal governatore e coinvolge Unità di crisi, Comitato dei direttori generali, Gruppo di coordinamento regionale Panflu, Comitato per l’emergenza di sanità pubblica, Gruppo operativo a risposta rapida presente in ogni Usl, Comitato tecnico scientifico e Task force operativa, è addestrato per far fronte a quattro fasi. La interpandemica, con la sorveglianza delle sindromi influenzali nel periodo-tipo, cioè autunno-inverno; l’allerta, con l’identificazione di un nuovo virus; la pandemica, con la diffusione nel mondo del patogeno; e la transizione pandemica, in cui i casi sono stabili, le misure di contenimento diventano meno stringenti e perciò si riprogrammano il recupero delle attività e le riaperture. 




















































La codificazione

«È tutto codificato — spiega Francesca Russo — anche l’approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale, farmaci e attrezzature mediche. Abbiamo istituito un Comitato di coordinamento comprensivo delle Direzioni dell’area Sanità e Sociale e nel gennaio 2024 la giunta regionale ha inserito tra gli obiettivi dei direttori generali le simulazioni. Ogni azienda sanitaria deve farne almeno una all’anno, partendo da un immaginario alert del ministero della Salute su una nuova minaccia pandemica e stabilendo rapidamente cosa fare e chi fa cosa». Dalla comunicazione alla popolazione alla preparazione degli ospedali, dalla governance al raccordo con la medicina territoriale e i farmacisti, dagli acquisti di tecnologia e farmaci allo screening e alla sorveglianza.

Le esercitazioni

Tre settimane fa a Montecchio Precalcino le Usl hanno presentato il lavoro fatto, cioè 37 esercitazioni tra 2023 e 2024, di cui 6 a livello regionale. «Il Veneto è la prima regione ad aver implementato un programma di Simex, Simulation Exercise — illustra Russo —. Servono a testare e migliorare la capacità di risposta del sistema sanitario in caso di nuove pandemie, potenziare il coordinamento tra i livelli operativi, garantire una risposta tempestiva ed efficace. Vogliamo organizzarne una che coinvolga anche le Rsa, la Protezione civile e altri soggetti estranei alla sanità». È in corso la formazione pure del personale degli Urp e degli Uffici stampa delle Usl e un loro rappresentante entrerà nella task force. «Oggi abbiamo scorte di mascherine, guanti, camici, calzari, scafandri, farmaci, macchinari, respiratori — completa la direttrice della Prevenzione —. Disponiamo di un programma informatico in grado di consentirci di controllare se i vari settori della sanità, come ospedali, medicina territoriale, farmaceutica, siano in linea con la programmazione». 

Gli animali

Al tavolo di coordinamento siedono anche rappresentanti degli Atenei di Padova e Verona, dei veterinari e dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, perché nel mondo 1,7 milioni di virus circolano fra mammiferi e uccelli e almeno la metà potrebbe infettare l’uomo. Responsabile di facilitarne la diffusione, distruggendo l’habitat naturale degli animali vettore e serbatoio. Emerge dal rapporto Ipbes, la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità.

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