Roma, il centro per migranti covo di stoccaggio della droga – Libero Quotidiano

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La mafia albanese e quella nigeriana alleate per gestire il traffico di droga tra Roma e provincia. Droga, peraltro, stoccata in un centro di accoglienza per migranti della Capitale, in via della Riserva nuova, nel quartiere Prenestino, e spacciata da rifugiati in attesa di permesso di soggiorno a giovani e giovanissimi. L’inchiesta della Dda, che ieri ha portato a 27 arresti, disegna uno scenario che allarma lo stesso giudice Anna Maria Gavoni. «Particolarmente inquietante», scrive il gip, «la circostanza che Johnson Olaye (uno dei narcos africani finiti in manette, ndr) si avvalga, per poche decine di euro, delle condotte di connazionali del Centro di accoglienza per rifugiati, da utilizzare come “corrieri” per smistare lo stupefacente». Carne da cannone da poter sacrificare senza troppi rimpianti e facilmente rimpiazzabile.

In totale sono stati commercializzati, dal 2019 al 2021, circa 500 chili di marijuana, importata dall’Albania su grossi motoscafi, messi all’ancora davanti alle coste pugliesi, e poi smerciata tra la Città eterna, Latina, Anzio e Nettuno. Sono state inoltre segnalate sortite finanche extraregionali (Genova) ed estere (Spagna), assicurate dai «pendolari» dello spaccio che hanno trasportato la droga su bus di ignare agenzie di viaggio. Un meccanismo e un’organizzazione perfetti che, nella ricostruzione degli inquirenti, appare come una sconfessione piena e addirittura imbarazzante della narrazione terzomondista di chi, come Angelo Bonelli (Verdi) e Nicola Fratoianni (Sinistra), ancora si ostina a non voler ammettere che l’immigrazione clandestina incontrollata rappresenta il più grande bacino di manovalanza a cui attingono i malavitosi.

 

È proprio il gip a parlare infatti di «joint venture» tra i due gruppi criminali (in totale ci sono 43 indagati), in parte già finiti sott’inchiesta nella precedente operazione “Tibus”, rivelatasi, tuttavia, non particolarmente incisiva nel debellare il fenomeno, considerato che diversi trafficanti, coinvolti nel primo procedimento, sono ritornati appunto a spacciare appena condannati e liberati. Agli atti ci sono decine di cessioni di “erba” riscontrate non solo dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche da un complesso e faticoso lavoro di pedinamento e riprese video ad opera della polizia giudiziaria, su cui il giudice Gavoni esprime parole di profondo apprezzamento. Si è scoperto così che, spesso, malgrado la «reciproca collaborazione», sorgessero fibrillazioni su tempi e modalità nel pagamento delle partite di stupefacenti da parte dei nigeriani.

Poteva capitare, infatti, che una delle fazioni africane non avesse i soldi per onorare immediatamente la fornitura di marijuana e, allora, i picchiatori albanesi (provenienti tutti dalla città di Valona) iniziassero un’asfissiante caccia all’uomo con intimidazioni e promesse di pestaggi. «Ho 10 cugini a casa mia, vedrai, nessun problema… io ti troverò e vedrete», dice ad esempio un narcos albanese a un acquirente che ha ritardato di qualche giorno la consegna del denaro. Nelle conversazioni spiate ci sono addirittura espliciti riferimenti a minacce di stupro da parte degli albanesi. «Io ti scopo, io ti ammazzo a te, ti giuro che ti ammazzo, stronzo», ringhiava un creditore. E ancora: a chi tergiversava nel versamento degli incassi dopo la giornata di “lavoro”, il capo della gang ricordava: «Io ti porto tutta Albania a casa… mo vedrai tu, ti giuro Dio». E se proprio non si riusciva a raggiungere un accordo sul piano di rientro, c’era sempre l’ultima carta da giocare: «Voglio soldi se no io brucio tutto voi». E i soldi, magicamente, arrivavano.

Nel Cara di Roma c’era invece il quartier generale della banda africana. Una collocazione non casuale, secondo il gip, anzi perfettamente in linea con la strategia del gruppo: massimizzare i guadagni e minimizzare i rischi. «L’assenza di inserimento sociale dei soggetti ospitati in strutture di accoglienza», scrive, «rende, dunque, facilmente arruolabili gli stessi ad opere di associazioni per delinquere». Con buona pace dei sinistri.

 

 

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