Incontro con Alexandra Marie Zofcin, la stilista americana di base in Toscana che unisce artigianalità, individualità e rispetto per l’ambiente contro l’utilizzo di fibre sintetiche nell’abbigliamento.
Alexandra Marie Zofcin è la designer dietro AmZ, un brand di abbigliamento su ordinazione e pezzi unici che unisce artigianalità e individualità. Il suo approccio alla moda si basa sulla creazione di capi che sembrano una seconda pelle, indumenti che raccontano una storia e si evolvono con chi li indossa. FUL l’ha incontrata per conoscere meglio il suo lavoro.
<<La moda è stata la mia passione fin da quando avevo 10 anni, ispirata da mia nonna, che per prima ha acceso in me l’amore per il design>>. Ho studiato Retail Merchandising in un’università americana e, durante i miei studi, nel 2015 sono venuta a Firenze dalla Florida per approfondire la mia conoscenza del fashion design. Quell’esperienza non solo ha affinato le mie competenze, ma ha anche consolidato il mio legame con questa città, che continua a influenzare il mio lavoro ancora oggi. Mi sono trasferita definitivamente in Italia nel 2023 e ho ufficialmente spostato il brand qui con me>>.
Con AmZ Alexandra Marie vuole sfidare il ritmo frenetico dell’industria della moda, offrendo un’esperienza più intima e consapevole. Ogni pezzo è realizzato in modo unico, garantendo che non ce ne siano mai due uguali. Per lei la moda non è solo ciò che indossiamo; è una forma di espressione, identità e arte.
Alexandra Marie, raccontaci del progetto “DentroFuori” di AmZ, attualmente ospitato a Firenze presso gli spazi di Chiasso Perduto.
<<DentroFuori, parte di un progetto in corso per dare vita alla visione dell’“atelier immersivo” di AmZ, è un invito a vivere la moda in un modo nuovo oltre lo shopping, entrando nel regno dell’arte, dell’identità e dell’espressione personale.
Al centro di questo progetto c’è l’esplorazione del rapporto tra interiorità ed esteriorità come l’abbigliamento non sia solo qualcosa che indossiamo, ma qualcosa che riflette e modella chi siamo. Ogni capo è progettato per essere fluido, versatile e genderless, lasciando spazio all’interpretazione e allo stile personale di chi lo indossa.
Lo spazio di Chiasso Perduto, in via de’ Coverelli 4 R in zona Santo Spirito, trasforma l’esperienza di acquisto tradizionale in qualcosa di molto più interattivo. È una fusione tra atelier ed esposizione, dove i visitatori possono immergersi nel processo creativo, anziché limitarsi a vedere il prodotto finito.
Grazie al contributo di quattro artisti incredibili – Sandra Miranda Pattin, Francesco Martini, Chiara Vanni e Francesca Morozzi – ogni capo viene arricchito con texture, gesti e segni unici, rendendolo davvero irripetibile.
Piuttosto che scegliere semplicemente qualcosa da acquistare, DentroFuori invita a interagire, esplorare e connettersi con la moda in modo più personale. È un progetto in continua evoluzione che stimola il dialogo tra arte e moda, tra il capo e chi lo indossa e, in definitiva, tra tutti noi.
Vorrei che le persone venissero con curiosità e mente aperta, e che andassero via con qualcosa che risuona oltre il semplice vestito. Sabato 22 febbraio c’è il vernissage, tutti sono i benvenuti, vi aspetto>>.
Qual è la tua idea di moda e di sostenibilità nell’industria fashion?
<<La mia idea di moda è che sia arrivato il momento di un cambiamento. L’industria, per come la vediamo oggi, non è sostenibile né dal punto di vista ambientale né da quello creativo. Ci siamo abituati all’“effetto Amazon” per tutti i nostri bisogni primari, compreso l’abbigliamento. Con questo intendo dire che ci aspettiamo una gratificazione immediata per tutto ciò che acquistiamo, con l’idea che debba arrivare domani.
Questo è insostenibile per l’ambiente perché porta a una perdita di qualità e all’uso di materiali dannosi per rispettare scadenze impossibili, ma è insostenibile anche dal punto di vista creativo perché non c’è più attenzione nel creare. La bellezza spesso sta nelle cose che richiedono tempo per crescere. Basta guardare la natura—i fiori, per esempio—ognuno ha il suo tempo di crescita, e il risultato è sempre qualcosa di meraviglioso.
Credo che sia il momento di fare un passo indietro e rivalutare sia i materiali che i tempi impossibili imposti dall’industria. Il movimento della slow fashion esiste già e penso che sia sulla strada giusta>>.
Le fibre sintetiche sono un grande problema per l’inquinamento. Qual è il tuo contributo alla sostenibilità con la tua collezione?
<<Ho scelto consapevolmente di eliminare le fibre plastiche dalle mie collezioni già da diversi anni. Al loro posto, utilizzo esclusivamente fibre naturali: lana, seta, cotone e lino. Inoltre, impiego tessuti deadstock, contribuendo così a ridurre ulteriormente gli sprechi tessili nell’industria della moda.
Dal momento che le cose belle richiedono tempo, ho anche adottato un modello made-to-order, che elimina ulteriormente gli sprechi, evitando di accumulare inventari di capi che potrebbero diventare rifiuti se invenduti.
Ogni pezzo è unico o realizzato su ordinazione, venite a dare un’occhiata a quello che ho realizzato a Chiasso Perduto!>>
Foto: Mike Tamasco
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