Borghi, da luoghi della nostalgia a motori del turismo sostenibile

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Il “Piano Strategico Turismo 2023/27” punta su turismo sostenibile, borghi e destagionalizzazione. Serve visione nazionale, politiche integrate e formazione mirata.


Il Piano strategico per il Turismo 2023/2027 ha l’obiettivo di «rafforzare le grandi destinazioni culturali attraverso la promozione di forme di turismo sostenibile anche mediante la promozione di proposte di soggiorno più duraturo in cui siano previste attività di esplorazione esperienziale del patrimonio culturale e itinerari articolati verso aree meno note e conosciute; promuovere il turismo tutto l’anno (garantire un’offerta destagionalizzata segmentando l’offerta per interessi specifici quali enoturismo, turismo delle radici, turismo di formazione, turismo sociale, e intercettarla attraverso la creazione di eventi, mostre, ecc. tematizzati limitati nel tempo); rendere attrattive e competitive le realtà culturali “minori” attraverso la realizzazione di reti o network tematici sovraregionali capaci di valorizzare le eccellenze locali».

Leggendo sembrerebbe un radicale cambio di paradigma che punterebbe proprio sui borghi come destinazioni di viaggio capaci di garantire uno sviluppo turistico equilibrato e resiliente, evitando la dipendenza da segmenti che creano massificazione e cercando il giusto equilibrio tra cittadini residenti e “cittadini temporanei”. Il documento pone l’accento su quel concetto di sviluppo del turismo responsabile, che guarda al turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica, rispettoso dell’ambiente e delle culture; sulla richiesta di esperienze di vacanza più autentiche e “lente”; attraverso cui i turisti possano “vivere come un locale” apprezzando la cultura del luogo in modi nuovi; sulla crescita del turismo di prossimità, utilizzando mezzi di trasporto alternativi, sulle nuove aspettative in materia di salute e sicurezza come le migliori qualità per la propria vacanza.

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TURISMO SOSTENIBILE E BORGHI: UN CAMBIO DI PARADIGMA O UNA PROMESSA NON MANTENUTA?

Addirittura nel rapporto 2024, il Comitato del Turismo dell’OCSE sottolinea che «Il turismo può svolgere un ruolo chiave nel promuovere uno sviluppo economico che crea posti di lavoro dignitosi, rafforza la coesione sociale e contribuisce agli interessi comuni di turisti, residenti e aziende. Ma gli impatti possono spesso essere economicamente, socialmente e ambientalmente sbilanciati e i benefici non sempre, o automaticamente, vanno a beneficio delle comunità locali».

Quel che è accaduto a Roccaraso (e non solo lì) o l’overtourism dilagante, che soffoca le città rendendole invivibili ai residenti che organizzano proteste eclatanti (Roma, Firenze, Barcellona, ecc.), e devasta i piccoli centri, viene da chiedersi cosa ancora non sia chiaro che di “turismo senza visione e senza regole si muore”. Questo settore ha bisogno prima di tutto di una visione complessiva di Paese.

Le politiche turistiche devono guardare alle specificità dei Territori, non prescindendo dalle politiche di trasporti, sanità, ambiente, comunicazione e formazione, per esempio. Di quante altre prove abbiamo bisogno per capire che questo tema non può essere lasciato alla buona volontà di Amministratori locali e regionali, all’improvvisazione di avventurieri del web o, peggio, in balia del solo mercato?! Occorrono professionalità e sinergie che traducano sui Territori le politiche nazionali e quelle regionali, da cui stiamo aspettando piani strategici e risorse adeguate.

Quando si parla di sostenibilità del turismo, declinato come strumento di rigenerazione urbana, nel senso di una costante azione di riqualificazione territoriale, con il coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, del mondo delle imprese e del Terzo Settore, parliamo anche dell’opportunità concreta che concorra a migliorare la condizione economica delle comunità locali, ottenendo l’effetto di risvegliare anche una coscienza collettiva positiva legata alla tutela del territorio. Ci stiamo riuscendo? Mi sembra di no.

BORGHI SENZA ABITANTI, UN TURISMO SENZ’ANIMA: LA SFIDA DELL’OSPITALITÀ

Se si parla di formazione, il pensiero quasi sempre corre a quella degli operatori del settore. Ma è davvero sufficiente? Oppure anche in questo caso è necessario che la formazione sia rivolta a creare sensibilità collettive verso temi come la sostenibilità dell’impatto che i turismi posso avere sui Territori? La formazione è certamente una priorità per chi ospita, dall’operatore turistico, al vigile urbano, al cameriere, al cittadino del luogo. Ma deve essere “formato” anche chi arriva su un Territorio, per conoscerlo e gustarlo senza lasciare segni indelebili del suo passaggio. Creare “Comunità Ospitali” (progetto strategico di Borghi Autentici d’Italia) è una delle precondizioni per fare ospitalità (che non deve necessariamente coincidere con forme di turismo ) nei borghi (dove la filiera è più corta che in città e spesso mancano i “professionisti” del settore) ed allo stesso tempo ne costituisce l’attrattore più importante.

Cosa sarebbe un borgo senza i suoi abitanti, i loro usi, le loro consuetudini, sapori e odori della tradizione se non un luogo della nostalgia del tempo che fu o, peggio, ripopolato (come si fa con la fauna selvatica) ma senza un’anima?

* Rosanna Mazzia, presidente dell’Associazione Borghi Autentici d’Italia Sindaco di Roseto Capo Spulico (CS) dal 2014 al 2024

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