Cure anticancro, Primo Capital di Gianluca Dettori punta sul pharma con la ricerca rivoluzionaria di CheckmAb

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Massimiliano Pagani e Sergio Abrignani fondatori di CheckmAb

E se fosse un team di ricerca italiano a creare il farmaco capace di sconfiggere per sempre il male del secolo? Non è un film distopico, ma un possibile scenario di un futuro neanche troppo lontano.

Protagonisti una startup italiana, CheckmAb e uno dei fondi di venture capital pionieri nel nostro Paese, quella Primo Ventures che lo scorso novembre si è tramutata in Primo Capital Sgr, evolvendo nella prima piattaforma di investimento italiana indipendente dedicata a settori tecnologici cruciali per lo sviluppo economico del Paese e affiancando il Pe alle sue attività più tradizionali.

Un’evoluzione frutto della strategia di Gianluca Dettori, ex manager in Olivetti e uno dei papà di Internet in Italia, che mise la firma sul primo motore di ricerca al mondo, da general manager di Lycos Bertelsmann e che nel 1999 cofondò Vitaminic, piattaforma per la distribuzione di musica digitale su web e mobile (una Spotify ante litteram), portandola alla quotazione sul Nuovo Mercato di borsa italiana nel 2000.

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Oggi, a sette anni dal primo fondo europeo sull’aerospace, Dettori ha scelto di puntare anche su un diverso settore emergente con la solita ottica del pioniere: l’healthcare, lanciando alla fine del 2024 Primo Health, il primo fondo italiano (il secondo in Europa) focalizzato sulle pmi in fase di scale up che innovano nei medical device, nella medicina territoriale, nell’indotto del pharma e nella animal health.

L’attenzione all’ambito della salute da parte di Primo Capital esiste però da tempo, come testimonia il fatto che CheckmAb sia nel suo raggio di azione da oltre un anno. Una startup sui generis: perché nasce in ambito accademico, nel 2018, come spin off dell’Università degli Studi di Milano, ma ha stretto un accordo strategico con la big pharma tedesca Boehringer Ingelheim che in pochi anni le ha consentito di scalare fino a raggiungere – la notizia è di questi giorni – la seconda fase nello sviluppo di un anticorpo monoclonale per l’immunoterapia oncologica.

Una molecola che lavora su linfociti T-reg, che svolgono una funzione regolatrice e che nella fattispecie vengono utilizzati per limitare la formazione di cellule tumorali e facilitarne la distruzione. Il trial clinico sugli umani è previsto a inizio 2026.

CheckmAb cambia prospettiva con la medicina di precisione

“Il nostro obiettivo è sviluppare una nuova classe di farmaci per l’immunoterapia dei tumori che, rispetto a quelli attuali, possano avere minori effetti collaterali a parità di efficacia – così Sergio Abrignani, Massimiliano Pagani fondatori di CheckmAb e Renata Grifantini, direttore scientifico – I farmaci che oggi si usano per il melanoma, il carcinoma ai polmoni e altri tumori caldi, tolgono il freno alla risposta immunitaria bloccata dalle cellule cancerose e in una frazione dei pazienti riescono a riattivare le risposte difensive inducendo le cellule del sistema immunitario a riconoscere il tumore e a impedirne la crescita. Ma finiscono con l’innescare anche qualche forma di autoimmunità a danno di molti organi – parliamo di epatiti, dermatiti, polmoniti, coliti – che nel 5-10% circa dei casi è rilevante a tal punto che bisogna interrompere la terapia”.

CheckmAb cambia prospettiva: con i suoi anticorpi fa medicina di precisione, cioè “Anziché bersagliare le molecole che sono sulle cellule immunitarie di tutto l’organismo, bersagliano solo quelle che stanno nel microambiente tumorale e così riescono a togliere il freno in modo selettivo – continuano i professori – evitando così che il sistema immunitario si attivi inopportunamente inducendo danni collaterali in tessuti sani”. Una ricerca che può essere rivoluzionaria.

“La peculiarità di questa startup sta nella lungimiranza di aver stretto un accordo con una big pharma – spiega a Mf Andrea Pavero, che fa parte del team di gestione che affianca Dettori nella ricerca delle migliori occasioni healthcare sul mercato – il che garantisce un boost senza precedenti per il nostro Paese”. Dove, seppur esista una straordinaria capacità di ricerca pura, manca spesso la messa a terra sul mercato.

“In questo caso, questo pezzo c’è ed è determinante – aggiunge Dettori – con la parte industriale e il funding non è impossibile che una piccola biotech italiana diventi un unicorno. È successo con Advanced accelerator applications (Aaa) di Stefano Buono, fisico italiano”, che ha sviluppato terapie innovative per il trattamento del cancro basate sulla medicina nucleare e che ha portato la sua società a quotarsi sul Nasdaq e a essere acquisita da Novartis nel 2018 per circa 3,9 miliardi di dollari.

“Noi crediamo che con CheckmAb possa accadere lo stesso – dice continua Dettori – alla guida della ricerca c’è Sergio Abrignani, immunologo con all’attivo oltre 100 articoli scientifici e circa 30 brevetti internazionali. Ma anche ex responsabile della ricerca e sviluppo presso la Chiron corporation in Usa: il suo approccio combina ricerca scientifica avanzata e competenze manageriali nel trasferimento tecnologico, aspetto fondamentale per il successo delle startup biotech”.

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Per scalare nel biotech c’è proprio bisogno di questo: della figura di un ricercatore imprenditore. E infine, servono fondi. “Noi ora abbiamo investitori di vc per le fasi iniziali – conclude Pavero – ma i numeri che servono per fare la ricerca biotech avanzata e per scalare non sono sostenibili se non da grossi fondi o big pharma. Per essere attrattivi per questi colossi, non trovandoci a Cambridge o a San Francisco, bisogna avere cose interessanti. Ed è l’unico modo per trasferire e sviluppare le potenzialità di questo Paese”. Passo dopo passo ce la stiamo facendo.



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