Dovranno abbatterne tanti (e dovranno essere eradicati) per realizzare il gasdotto “Linea Adriatica” sul crinale dell’Appennino.
Avete capito bene: in cima alle montagne.
E non si tratta, come qualcuno afferma, di un semplice “tubo sottoterra”.
Questo mostro ha un diametro di 120 cm e all’interno la pressione è altissima (75 volte quella dell’atmosfera). Per realizzarlo deve essere eliminata tutta la vegetazione per un’ampiezza di 40 metri, per centinaia di km di lunghezza, in mezzo ai boschi.
Difficilmente lì ritornerà il bosco, sia perché la pista di servizio e servitù dev’essere accessibile in qualsiasi momento, sia perché non esistono vivai in grado di fornire piante in tale quantità. Che per giunta dovrebbero essere autoctone, com’è ovvio e come afferma lo stesso Gruppo SNAM, che il gasdotto vuole realizzare.
Inoltre, quando si abbattono alberi adulti, la compensazione consisterebbe nella messa a dimora di un numero di piantine (della stessa specie di quelle abbattute) di gran lunga superiore a quelle che vengono abbattute.
Di fatto il Gruppo SNAM (e le ditte appaltatrici) si apprestano a realizzare la più grande devastazione ambientale della storia del nostro Paese, se riferita all’unità di tempo.
I lavori sono già iniziati alle due estremità del gasdotto: in Abruzzo (centrale di Sulmona) da un lato e in Emilia Romagna (tratto Sestino Minerbio) dall’altro.
Il filmato si riferisce alla realizzazione del tracciato lungo la valle del fiume Savio, vicino a Cesena, in pianura e accanto alla superstrada E45. Il fiume Savio, a quanto pare, dovrebbe essere attraversato 22 volte.
Per quanto l’entità reale dei lavori risulti già dal filmato, si tratta di poca cosa rispetto a quello che avverrà quando i giganteschi mezzi della Snam attaccheranno l’Appennino, dove l’impatto sarà inimmaginabile: boschi sventrati, milioni di alberi abbattuti e trasformati in biomassa combustibile, piste accessorie (per far passare mezzi speciali) sui fianchi delle montagne, enormi piazzali di cantiere da realizzare in mezzo ad aree “vergini”, attualmente irraggiungibili con la viabilità ordinaria.
Riattivazione di frane, dissesto idrogeologico diffuso.
E tutto per un‘opera sostanzialmente inutile, con il consumo del gas in discesa da vent’anni e che in tre anni (2021 – 2024) è passato da 76 miliardi di metri cubi ai 61 miliardi. Le infrastrutture esistenti permettono già il transito di oltre 100 miliardi di metri cubi di metano e presto bisognerà pensare alla dismissione di interi gasdotti.
L’opera è pericolosa: le immagini delle esplosioni dei gasdotti (di dimensioni equivalenti) in Siberia sono spaventose. Un’opera simile sui fianchi instabili dei monti italiani appare un autentico azzardo.
Il Gruppo SNAM rassicura, l’elenco dei gasdotti esplosi in Italia negli ultimi venti anni no.
Si è trattato spesso di esplosioni innescate da motivi banali, come modesti movimenti di terreno (che neppure meritavano l’appellativo di “frane”).
E il tracciato dell’opera interessa aree a elevatissimo rischio sismico.
La Regione Umbria, interessata dal gasdotto per 130 km ha scritto: “l’intervento sia in fase di cantiere che di esercizio, comporta rilevanti problemi di natura paesaggistica in quanto il tracciato interessa solo in minima parte terreni agricoli pianeggianti, mentre la restante interessa un territorio variegato dal punto di vista geomorfologico ed estremamente delicato e di pregio sotto il profilo paesaggistico e ambientale.
Nella fase di cantiere gli impatti prodotti dall’opera, sia visibili che modificativi, risulteranno estremamente negativi, in quanto l’attraversamento di aree boscate con il consistente abbattimento della vegetazione, dei corsi d’acqua con l’abbattimento della vegetazione ripariale e lo scortico dei prati sommitali, non potranno essere attenuati con nessun accorgimento di mitigazione paesaggistica.
Inoltre l’alterazione paesaggistica prodotta dall’opera, nonostante le misure di graduale ripristino ambientale previste nel progetto, rimarrà visibile per un tempo considerevole e costituirà un segno pregiudizievole per la salvaguardia dei caratteri paesaggistici del territorio umbro” (determinazione dirigenziale Regione Umbria – Servizio Energia n. 4411 del 3 giugno 2004).
Insomma, con quest’opera l’Italia verrà sfregiata, il cuore verde dell’Italia sarà sfregiato, il segno sarà irreversibile.
Noi perderemo il paradiso, la Snam perderà la faccia, perché tutto, ogni metro di avanzamento, ogni albero abbattuto verrà documentato e divulgato al mondo.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) – Marche
(foto da mailing list ambientalista, A.L.C., archivio GrIG)
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