non gli è consentito rilevare la prescrizione di un reato esclusa esplicitamente dal giudice di merito con provvedimento confermato dalla Cassazione (Vincenzo Giglio) – TERZULTIMA FERMATA

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Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 6069/2025, udienza del 15 novembre 2024, ha affermato che non spetta al giudice dell’esecuzione il potere generale di accertare ed esprimere l’esatto contenuto di un giudicato, che pure può essere equivoco, in quanto non è ipotizzabile che a questa fase sia riconosciuta la funzione di rendere un’interpretazione autentica dei contenuti dei provvedimenti divenuti irrevocabili, anche quando l’esecuzione degli stessi faccia capo ad altre autorità giudiziarie.

Provvedimento impugnato

La Corte di appello di Reggio Calabria, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 22 luglio 2024, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta da RP di dichiarare inefficace il titolo esecutivo in relazione all’imputazione di intestazione fittizia oggetto della sentenza definitiva pronunciata il 7 luglio 2021 dalla Corte di appello di Reggio Calabria.

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Il condannato ha proposto incidente di esecuzione in ordine all’efficacia del titolo esecutivo evidenziando che, a seguito del giudizio di rinvio che aveva escluso la sussistenza dell’aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen., il reato di intestazione fittizia avrebbe dovuto essere dichiarato prescritto.

Il giudice dell’esecuzione – rilevato che la questione circa la prescrizione del reato era stata oggetto di valutazione da parte del giudice di cognizione che l’aveva respinta, così anche da ultimo la Cassazione che aveva rigettato il ricorso sul punto – ha dichiarato inammissibile l’istanza. Ciò sul presupposto che, a prescindere dalla correttezza o meno della conclusione cui è pervenuto il giudice della cognizione, il dictum sul punto sia coperto dal giudicato e che il giudice dell’esecuzione non abbia pertanto il potere di intervenire.

Ricorso per cassazione

Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge in relazione agli artt. 670 e 624 cod. proc. pen. evidenziando che la conclusione cui è pervenuto il giudice sarebbe errata in quanto la prescrizione del reato, venuta meno l’aggravante, era sopravvenuta in un periodo addirittura antecedente la pronuncia della sentenza di annullamento della Corte di cassazione che aveva disposto il rinvio proprio in merito alla sussistenza o meno della medesima circostanza. Ragione questa per cui sul punto, evidentemente, non poteva (così come indicato dalla giurisprudenza di legittimità citata nel ricorso) essersi formato il giudicato, come invece hanno erroneamente ritenuto sia il giudice di rinvio che, successivamente la Corte di cassazione.

In via subordinata la difesa chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 624, comma 1, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3, comma secondo, e 24 della Costituzione.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è inammissibile.

Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge evidenziando che la prescrizione del reato, esclusa l’aggravante, era già intervenuta nel corso del giudizio precedente all’annullamento per cui avrebbe dovuto essere dichiarata in tale sede. Il ricorrente, in via subordinata, chiede alla Suprema Corte di sollevare sul punto questione di legittimità costituzionale dell’art. 624, comma 1, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3, comma secondo, e 24 della cost.

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La doglianza è manifestamente infondata, e la questione di costituzionalità che si chiede di sollevare è irrilevante, prima ancora che manifestamente infondata.

L’ambito delle attribuzioni del giudice dell’esecuzione è stabilito dal codice di rito e tra questi non è incluso il potere generale di accertare ed esprimere l’esatto contenuto di un giudicato, che pure può essere equivoco, in quanto non è ipotizzabile che a questa fase sia riconosciuta la funzione di rendere un’interpretazione autentica dei contenuti dei provvedimenti divenuti irrevocabili, anche quando l’esecuzione degli stessi faccia capo ad altre autorità giudiziarie.

Tale potere di interpretazione, d’altro canto, può e deve essere esercitato dal giudice ai fini dell’accoglimento o meno dell’istanza proposta in diretta strumentalità con l’esercizio di una delle attribuzioni tipiche allo stesso espressamente riconosciute.

In questo senso, infatti, si è già espressa la giurisprudenza di legittimità evidenziando che «il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne espliciti il contenuto e i limiti, ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, quando ciò sia necessario per finalità esecutive, nel senso di finalità proprie del processo esecutivo penale» (Sez. 1, n. 14984 del 13/03/2019, Rv. 275063 – 01; Sez. 1, n. 36 del 09/01/1996, Rv. 203816 – 01).

Il potere così riconosciuto al giudice dell’esecuzione, come pure evidenziato dalle Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260696 – 01, d’altro canto, non può estendersi fino ad effettuare una nuova e diversa valutazione di e nel merito in ordine agli elementi già considerati, anche erroneamente, dal giudice della cognizione.

Ciò in quanto l’incidente di esecuzione non è e non può mai diventare un mezzo di impugnazione ulteriore deputato a verificare la correttezza, in fatto e in diritto, della decisione emessa, ormai divenuta irrevocabile. I poteri del giudice dell’esecuzione trovano infatti un limite nelle statuizioni adottate dal giudice della cognizione (Sez. 1, n. 359 del 26/10/2023, dep. 2024, Rv. 285784 – 01; Sez. 1, n. 2357 del 12/10/2023, dep. 2024, Rv. 285786 – 01; Sez. 3, n. 17402 del 10/03/2021, Rv. 281071 – 01; Sez. 1, n. 28135 del 28/05/2021, Rv. 281678 – 01; Sez. 1, n. 16958 del 23/02/2018, Rv. 272604 – 01) e sul punto si deve ribadire il principio per cui «In sede di incidente di esecuzione, il giudice non può emendare un errore di diritto, ancorché incidente sulla legalità del trattamento sanzionatorio, nel caso in cui la relativa questione sia stata devoluta alla cognizione dei giudici della impugnazione con gli ordinari mezzi di gravame previsti dalla legge» (Sez. 1, n. 43268 del 04/07/2018, Rv. 274532).

Nel caso di specie quanto richiesto dal ricorrente non è consentito in quanto, come in precedenza già evidenziato, il giudice dell’esecuzione non ha il potere di “interpretare” il giudicato nel senso richiesto, non può, cioè, verificare la correttezza della soluzione adottata dal giudice della cognizione e, ora per allora dichiarare l’estinzione del reato, anche se intervenuta prima della sentenza di appello.

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Nel caso in esame, infatti, come pure evidenziato dal giudice dell’esecuzione nel provvedimento impugnato, la Corte di cassazione in sede di impugnazione del giudizio di rinvio è già stata investita della questione della prescrizione del reato e con la sentenza n. 11944 del 05/10/2022, dep. il 21/03/2023, n.m., ha concluso in termini inequivoci nel senso che “quanto alla eccezione di prescrizione, si deve rilevare come l’annullamento disposto dalla Sesta Sezione di questa Corte aveva ad oggetto soltanto la contestata aggravante, per cui l’affermazione di responsabilità sul reato era passata in giudicato: come precisato da Sez. unite, sentenza n. 3423 del 29/10/2020 Cc. (dep. 27/01/2021) Rv. 280261, Gialluisi: “Sulla base delle considerazioni sin qui svolte è possibile affermare che l’annullamento parziale della sentenza di condanna, limitatamente all’esclusione di una circostanza aggravante o al riconoscimento di una circostanza attenuante, implica la formazione del giudicato relativamente alla parte della sentenza che concerne l’affermazione di responsabilità, con la conseguente inoperatività nel giudizio di rinvio della causa di estinzione del reato della prescrizione (Sez. 2, n. 12967 del 14/03/2007, Mazzei, Rv. 236462; Sez. 2, n. 8039 del 09/02/2010, Guerriero, Rv. 246806; Sez. 4, n. 114 del 28/11/2018, dep. 2019, Malventi, Rv. 274828)” (…) Pertanto, deve ribadirsi che, in caso di annullamento parziale, l’autorità di cosa giudicata può essere riconosciuta, a norma dell’art. 624 cod. proc. pen., anche a punti relativi a un capo della sentenza oggetto di annullamento parziale e, segnatamente, a quelli relativi all’affermazione di responsabilità per un fatto-reato (accertamento del fatto e attribuzione dello stesso all’accusato), non legati da connessione essenziale con la parte annullata. In tal caso, al giudicato progressivo sono associati quali effetti tipici sia limitazioni ai poteri cognitivi e decisori in sede di rinvio, sia la “barriera invalicabile” alla rilevazione di determinate cause di estinzione del reato quale la prescrizione”.

Ragione questa per la quale il giudice dell’esecuzione non ha il potere di rivedere e modificare la decisione resa dal giudice della cognizione in sede di legittimità e, pertanto, non sussistono i presupposti tipici che consentono di adire il giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 670 c.p.p., mirando l’istanza a una sostanziale e non consentita rivisitazione della decisione intervenuta in sede di cognizione sul punto controverso. Laddove, nel caso in cui pure vi sia stata una violazione di legge ovvero il giudice sia incorso in errore, si sarebbe dovuto fare ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione nel corso del processo di merito ovvero, una volta divenuta irrevocabile la sentenza e sempre che ne sussistessero le condizioni, con il ricorso straordinario o con la revisione.

La richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale, prima ancora di essere manifestamente infondata è irrilevante.

A fronte delle considerazioni esposte in precedenza, infatti, quello che assume rilievo nel caso di specie non è la portata dell’art. 624 cod. proc. pen. in sede di annullamento con rinvio quanto, piuttosto, il fatto che si sia formato il giudicato e che questo esclude alla radice il potere di intervento del giudice dell’esecuzione cui, d’altro canto e in generale, in assenza di situazioni eccezionali, è comunque precluso di dichiarare l’estinzione del reato (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260696 – 01), che, pertanto, non può essere dedotta quale causa di inefficacia del titolo esecutivo.

Il ricorso è quindi inammissibile.

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