Lunedì 3 febbraio 2024 al Teatro Ciro Menotti di Milano Luigi De Magistris ha presentato il suo nuovo libro Poteri Occulti (Fazi Editore, 2024). Il politico ed ex magistrato, in dialogo con il giornalista Gianni Barbacetto («Fatto Quotidiano»), ha parlato dell’intreccio tra potere, “masso-mafie” e “criminalità istituzionalizzata”. Al termine dell’incontro Martino Giannone gli ha posto alcune domande.
Poteri occulti: il nuovo libro di Luigi De Magistris
Non solo la P2, non solo la criminalità organizzata degli anni ’90: i poteri occulti che hanno messo in serio pericolo la nostra democrazia sono stati sempre molteplici. Come se non bastasse, oggi più che mai agiscono indisturbati. Oltre ai massoni e ai mafiosi, infatti, agiscono nell’ombra (ma anche alla luce del sole) politici, imprenditori, servizi segreti, forze dell’ordine e, talvolta, settori deviati della magistratura.
Un conseguente “golpe perenne” ai danni della democrazia è così assicurato. Le scelte morali di certi funzionari, onesti “servitori dello Stato” passano in secondo piano. Vincono solo le forze oscure intenzionate a favorire gli interessi (economici e non solo) di circoscritte sacche di potere.
Come spiega Luigi De Magistris nel suo libro Poteri Occulti, questi ultimi non sono più (solo) silenziose cosche che agiscono muscolarmente, con metodi militari e violenti. Ben più incisivi, infatti, si rivelano essere i – più volte citati nel libro – “proiettili istituzionali”.
Infatti, la regia dei poteri deviati, perfettamente integrati nelle istituzioni, si occupa delle nomine di “uomini di comodo” nei gangli del potere. In questo modo si scoraggia – se non si ostruisce concretamente – il lavoro di chi prova ad rendere sostanziale il dettato della Costituzione (la “più bella del mondo”, cfr. p.136).
Un passato in dialogo con il presente
Questo inquietante scenario eversivo non è un progetto dell’ultimo minuto. Sono stati diversi i suoi prodromi, specialmente negli ultimi trent’anni (ma non solo): la strategia della tensione, il piano di rinascita democratica di Licio Gelli, la trattativa Stato-mafia dopo le stragi degli anni ’90. Solo alcuni esempi di manovre anti-democratiche ordite dai poteri occulti, progressivamente capaci di confondersi con lo Stato, anche in maniera trasversale ai partiti.
Nel presente, con il governo Meloni, tra politiche illiberali e spasmodico garantismo (esclusivamente nei confronti dei potenti), lo scenario piduista sembra essersi inverato del tutto. Il sistema imposto dal neoliberismo negli ultimi decenni è d’altronde l’humus perfetto per un simile disegno. Nell’era della deregulation più sfrenata una sempre più dilagante corruzione, infatti, trova terreno fertile. E le “masso-mafie” ringraziano, mentre le risorse pubbliche vengono prosciugate.
Il potere di queste forze è solido e difficilmente scalfibile, ma i funzionari di Stato onesti (come De Magistris) esistono e sono pronti a pagare un prezzo altissimo per il loro operato. Poteri occulti è dunque un importante documento di cronaca capace di svelare le connessioni tra politica, sicurezza, affari e crimine, ma diventa anche un invito al risveglio civico ed etico: siamo ancora in tempo per combattere uniti contro chi scambia il potere per occasione di profitto.
De Magistris: la questione morale come valore guida
Luigi De Magistris è attualmente un attivista politico e guida il suo movimento Democrazia e Autonomia. Pur portando avanti le sue lotte con dedizione e passione, dal libro dell’ex sindaco di Napoli (dal 2011 al 2021) emerge come la scelta della carriera politica sia stata per certi versi un percorso di vita imposto. Quello iniziale, vale a dire la carriera da magistrato, si è infatti bruscamente interrotto contro le sue intenzioni.
Figlio di due generazioni di magistrati – sia suo padre che suo nonno lo sono stati – De Magistris ha cominciato la sua carriera come Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro (1995-1998) e quello di Napoli (1998-2002). In quindici anni di lavoro si è occupato di reati contro la pubblica amministrazione, criminalità economica, corruzione e mafie (celebri le sue inchieste Poseidone e Why Not).
Per presunti “conflitti di interesse”, però, è stato però costretto a lasciare l’incarico, dopo essere stato ostacolato nelle sue indagini. La magistratura ha però accertato in seguito la correttezza del suo operato, riconoscendo piuttosto gravi aporie da parte delle istituzioni.
Dal 2009, invece, ha intrapreso la carriera politica, prima come europarlamentare tra le fila di Italia dei Valori e poi diventando – come già detto – sindaco di Napoli. Dopo una candidatura per la presidenza della Regione Calabria, nel 2022 è stato portavoce di Unione Popolare. De Magistris ora, nella sua “terza vita” (così l’ha definita Gianni Barbacetto introducendo la presentazione del libro), è impegnato nei teatri a difendere i valori della democrazia e della Costituzione. Sempre nel segno dell’etica, unica guida (dimenticata) in un mondo dominato dalle ingiustizie.
La “questione morale” – tema introdotto da Berlinguer negli anni Settanta per condannare le connivenze tra politica e interessi privati – ritorna infatti ad essere, più che mai, una questione da affrontare.
Martino Giannone: Mi collego alle sue conclusioni e all’introduzione del suo libro, dove ha detto esplicitamente che la P2 “vive oggi più che mai” (p.14, ndr). A partire da questo assunto, lei riconosce le stesse dinamiche del nostro Paese anche a un livello internazionale, soprattutto in seguito all’insediamento dell’esecutivo Trump negli Stati Uniti?
Luigi De Magistris: Io sono assolutamente persuaso del fatto che non ci siano confini nell’operatività e nel consolidamento di questi poteri, perché c’è una matrice internazionalista di tipo economico, finanziario e politico. Questa ha poi molto a che fare anche con la crisi del capitalismo della fase attuale, vale a dire un liberismo senza regole.
Quando forme come questa si trovano in difficoltà reagiscono anche con modelli autoritari, oligarchici e violenti. Dunque, anche se nel libro mi soffermo soprattutto sulle dinamiche internazionali intravedo senza dubbio le connessioni e le interconnessioni tra i due piani.
M.G.: Quindi si può parlare di “internazionale nera” (termine molto utilizzato dalla stampa internazionale, ndr)?
L.D.M.: Assolutamente sì.
M.G.: Una domanda più relativa alla sua carriera. Come ha spiegato, nel percorso di un magistrato l’ambiente circostante — talvolta omertoso e immorale — spesso può influenzarne le prerogative: pur partendo da buoni propositi, infatti, può poi essere deviato dalla ‘retta via’. Nella sua professione è stato, almeno una volta, tentato da logiche correntizie o d’interesse? E se sì, come ha superato questo impasse?
L.D.M.: Devo dire la verità, mai. Interiormente ho sempre avuto con convinzione l’idea della magistratura come una missione dotata di una forte tensione morale. Inoltre, ho avuto dei riferimenti importanti nella mia vita che non mi hanno mai fatto dubitare, tentennare o prendere scelte sbagliate. Mio padre, ad esempio, ma anche figure come Falcone e Borsellino che, quando ero ragazzo, per me erano dei modelli incrollabili.
Di conseguenza, ho sempre avuto a cuore non solo l’indipendenza esterna, quindi quella dai poteri esterni alla magistratura, ma anche l’indipendenza interna. Ho lavorato sulla base di questo concetto come su quelli dell’autonomia, della soggezione alla legge e alla Costituzione. Ho quindi portato attenzione a non avere nessun tipo di vincolo di appartenenza e ad apparire, oltre che essere, indipendente.
M.G.: Questo tema si collega certamente alla coscienza civica e dunque riguarda anche i giovani, come peraltro lei stesso ha spiegato poco fa. Il fattore generazionale, accompagnato all’eventuale crescita dell’approccio morale (nel senso non bigotto del termine), può permettere ai servitori onesti dello Stato di superare in numero coloro intenzionati a sabotarlo? E quindi iniziando a lavorare già da adesso, rafforzando la coscienza di classe delle nuove generazioni, la situazione sul lungo periodo può cambiare?
L.D.M.: È proprio questo [ciò su cui concentrarsi ndr]. Negli ultimi tempi siamo passati “dalle mele marce al frutteto contaminato”. Adesso bisogna invertire la rotta immettendo sangue nuovo. Non possiamo pensare che la cura di questa malattia venga affidata a coloro che l’hanno prodotta. I malati, altrimenti, al posto di essere curati verranno portati in terapia intensiva, in rianimazione, al camposanto. Dunque dobbiamo introdurre valori nuovi, ovviamente puntando sulle generazioni più giovani, ma anche, secondo me, su storie coerenti e credibili.
È quello che sto cercando di fare concretamente: mettere insieme fatti, riferimenti e testimonianze. Perché se le parole (per quanto belle, ndr) sono pura retorica e non fanno riferimento a persone affidabili, sono pericolose. Credo quindi che per poter mettere in campo un’azione di ricambio dobbiamo unire la voglia di lottare, valori diversi e costruzioni di alternative nel tentativo di farli incontrare, facendo squadra; perché quando si è soli o isolati un sistema così forte ha una strada assolutamente facilitata per ostacolare e abbattere i tentativi di cambiamento.
M.G.: Proprio in merito alla necessità di una coscienza civica da parte di tutti, non crede ci sia anche un problema culturale? Secondo la mia esperienza personale la “questione morale” è spesso definita un sogno da ingenui, un’utopia o addirittura una perdita di tempo: per vivere meglio, infatti, il profitto del singolo e la soddisfazione materiale appaiono necessari. Dietro a tutto questo c’è un disegno culturale voluto?
L.D.M.: Ovviamente si tratta di un fatto culturale. Basta pensare banalmente ai due principali verbi che ci insegnano quando cominciamo ad andare a scuola: ‘avere’ ed ‘essere’. Il verbo ‘essere’ dovrebbe essere nettamente più importante di ‘avere’, in quanto dovrebbe essere uno strumento per trovare un percorso di vita improntato alla felicità, alla dignità sociale; invece, soprattutto negli ultimi quarant’anni, tutto si è concentrato sull’avere, sul possesso e sul consumismo. Sembra contare più l’apparenza che l’essere.
Invece, tutti i valori che, dal punto di vista culturale, filosofico e antropologico, attengono all’essere – l’onestà, la generosità, l’amore, la gratitudine e la passione – non vengono considerati. In caso contrario la persona di turno viene etichettata come un’utopista, un’idealista o una sognatrice.
Tutto sembra essere funzionale solo alla materialità, all’oggettistica, al potere, alla sopraffazione, motivo per cui l’individuo onesto viene visto quasi come un fesso. Purtroppo, anche questo è un effetto collaterale di un modello economico che ha in sé il morbo della violenza, la stessa che sta dietro alle guerre, alla mafia, alla sopraffazione di genere, a quella dei bulli e di strada, così come a quella istituzionale e sui luoghi di lavoro.
Si tratta ovviamente di un modello fallimentare, forse anche già in crisi e proprio per questo portato a reagire con veemenza. Io mi sono occupato soprattutto di mafia e di corruzione e non a caso cito sempre Falcone e Borsellino che parlavano di “rivoluzione culturale”. Anche nel mio mandato di sindaco di Napoli, infatti, il riscatto della città è partito innanzitutto dalla cultura – quindi dal sapere e dalla conoscenza –, per creare le condizioni per mettere in campo percorsi alternativi.
M.G.: Quindi, in definitiva, anche un certo anti-intellettualismo diffuso, come quello propinato su tutti da Berlusconi, è pensato per rafforzare lo status quo a garanzia di un sistema che avvantaggia sempre (e solo) i soliti?
L.D.M.: Esatto, non c’è dubbio: questi poteri si servono anche dei ceti intellettuali e di un sub-modello culturale a sostegno dei modelli economici correnti.
(In copertina, foto da ANSA/Ciro Fusco)
Quali poteri occulti minacciano la nostra democrazia? – Luigi De Magistris al Teatro Menotti è un’intervista a cura di Martino Giannone; trascrizione a cura di Mattia Pallotta.
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