Si è tenuto ieri all’Abbazia di Praglia, a Teolo (Padova) l’evento dal titolo “Cambiamento climatico, vite e paesaggio“, un convegno organizzato dalla Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Veneto (FODAF) che segna l’inizio di una serie di incontri annuali dedicati alla viticoltura veneta.
Un’occasione per fare il punto sull’andamento della produzione e sulle strategie per affrontare le nuove sfide climatiche, grazie al confronto tra esperti, agronomi e produttori che sarà fondamentale per costruire una viticoltura sempre più resiliente, capace di affrontare il cambiamento climatico senza rinunciare alla qualità e alla sostenibilità.
Il cambiamento climatico sta mettendo alla prova anche la viticoltura veronese, costringendo gli operatori del settore a ripensare le strategie di gestione del vigneto per preservare la qualità delle uve e garantire una produzione sostenibile. Con 30.491 ettari di superficie vitata, di cui 52,71% a bacca bianca e 47,29% a bacca nera, la provincia di Verona rappresenta uno dei poli vitivinicoli più importanti del Veneto, ma anche uno dei più esposti alle trasformazioni climatiche in atto.
L’anticipo del germogliamento, determinato dall’aumento delle temperature, sta allungando il periodo di sensibilità della vite, rendendo più complessi gli interventi di protezione e aumentando il rischio di attacchi da parte di parassiti e malattie. Le piogge persistenti nei mesi di maggio e giugno, seguite da estati sempre più calde, hanno reso indispensabile un monitoraggio continuo per evitare perdite di produzione e garantire la qualità del raccolto.
Lorenzo Tosi, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Verona, sottolinea come il 2024 sia stato particolarmente impegnativo per i viticoltori. “Le alte temperature e l’irregolarità delle precipitazioni hanno imposto ai tecnici agronomi un lavoro straordinario per garantire la buona qualità delle uve”, afferma Tosi. La corretta gestione dei vigneti, dunque, diventa sempre più una questione di competenze professionali e tecnologie avanzate, essenziali per contrastare l’impatto dei cambiamenti climatici.
Oltre alle condizioni meteorologiche estreme, un’altra minaccia in forte crescita è rappresentata dalla cocciniglia, un fitofago che si nutre della linfa della vite e che ha trovato un ambiente favorevole alla sua proliferazione a causa dell’innalzamento delle temperature. Il controllo biologico e l’uso di tecniche innovative sono strumenti indispensabili per contenere la diffusione di questi insetti, ma richiedono un costante aggiornamento da parte dei viticoltori e degli esperti del settore.
L’importanza della viticoltura nel territorio veronese non è solo economica, ma anche culturale e paesaggistica. Secondo Renzo Trevisin, presidente della Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali del Veneto (FODAF), è necessario un approccio che coniughi innovazione e sostenibilità, tutelando il paesaggio e garantendo un equilibrio tra tradizione e nuove tecnologie. “Il ruolo dell’agronomo non è mai stato così centrale. Solo attraverso una gestione integrata del territorio possiamo garantire una viticoltura sostenibile”, sottolinea Trevisin.
Il convegno “Cambiamento climatico, vite e paesaggio”, organizzato da FODAF, ha messo in evidenza anche le difficoltà legate alla viticoltura biologica. Gli eventi climatici estremi e l’aumento di fitopatie stanno rendendo sempre più complessa la certificazione biologica, che nella regione Veneto copre poco più di 4.000 ettari di vigneti. Il mantenimento del biologico richiede investimenti significativi e un’attenta programmazione, soprattutto in presenza di malattie come la Peronospora, che nel 2023-2024 ha colpito duramente diverse aree della regione.
Federico Caner, assessore regionale all’Agricoltura, evidenzia la necessità di avere agronomi sempre più preparati per supportare gli agricoltori in questa fase di transizione. “La viticoltura veneta non è solo un asset economico, ma un patrimonio culturale che va preservato. Solo attraverso la ricerca e la sperimentazione possiamo garantire il futuro di questo settore”, afferma Caner.
Nonostante le difficoltà, i dati di Veneto Agricoltura confermano che il Veneto continua a essere leader nella produzione vitivinicola italiana, contribuendo per il 37% all’export nazionale e registrando un incremento del 2% nel prezzo medio del vino. Tuttavia, per mantenere questa posizione di leadership, sarà indispensabile adattare le pratiche agronomiche alle nuove condizioni climatiche e investire in innovazione e formazione.
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