Da Scorsese a Rossellini dal mondo mobilitazione per sale a Roma

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Appello a Mattarella e Meloni, sacrilegio diventino supermercati

Di Redazione |

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ROMA, 23 FEB – Da Isabella Rossellini a Léa Seydoux,
da Alfonso Cuaron a Olivier Assayas, è lunga la lista di registi
e star che hanno sottoscritto l’appello di Martin Scorsese,
Francis Ford Coppola con Jane Campion, Wes Anderson, Ari Aster
rivolto al presidente Sergio Mattarella e alla premier Giorgia
Meloni per scongiurare di riconvertire in centri commerciali o
in altre destinazioni d’uso le sale cinematografiche chiuse a
Roma (e non solo). La preoccupazione, per cui già tanti autori
italiani si erano mobilitati in queste settimane e che già il
senatore a vita l’architetto Renzo Piano aveva approfondito con
ulteriori spunti, è arrivata oltreoceano.
Scorsese aveva invitato i colleghi di tutto il mondo a firmare
la lettera “per salvare l’ultima possibilità di redenzione di
una delle città culturali e artistiche più importanti al mondo”.
Ad ora hanno firmato tra gli altri Fanny Ardant, Pedro Costa,
Mark Cousins, Willem Dafoe, James Franco, John Landis, Radu
Mihaileanu, Mark Ruffalo, Paul Schrader, Damien Chazelle, John
Turturro, Thomas Vinterberg, Debra Winger.
“Come ben riflette in modo eloquente Renzo Piano sulla
situazione attuale di Roma, è chiaro che il tentativo di
riconvertire spazi destinati al possibile rinascimento culturale
della Città Eterna in hotel, centri commerciali e supermercati è
del tutto inaccettabile. Tale trasformazione rappresenterebbe
una perdita irreparabile: un profondo sacrilegio non solo per la
ricca storia della città, ma anche per il patrimonio culturale
da lasciare alle future generazioni”.
Scorsese, primo firmatario , è deciso a “impedire qualsiasi
conversione degli spazi culturali di Roma. È nostro dovere
trasformare – conclude sollecitato ad intervenire dal Piccolo
America in prima fila su questa emergenza – queste “cattedrali
nel deserto” abbandonate in veri templi della cultura, luoghi
capaci di nutrire le anime sia delle generazioni presenti che di
quelle future”.

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