Il vulnus più castrante di ogni democrazia è la regola ineliminabile dell’uno vale uno. Che è il fondamento del principio di uguaglianza ma anche la causa di rallentamenti, inciampi, complicazioni applicative se il voto di un mentecatto vale quello di un genio (nulla però al confronto con la dittatura di uno solo al comando, dove gli oppositori sono fatti fuori semplicemente sopprimendoli). Eppure la più grande democrazia del mondo ha retto a questo potenziale ostacolo e lo ha superato, dalla Costituzione approvata a Filadelfia nel 1787 ed entrata in vigore nel 1789 (lo stesso anno della Rivoluzione Francese) e dai primi dieci emendamenti – gli United States Bill of Rights – che esaltano le tutele civili e le libertà individuali.
Un’alleanza
Situata all’entrata del porto sul fiume Hudson, al centro della baia di Manhattan, dove fu collocata nel 1885, la Statua della Libertà è stata ed è tuttora un mito per l’America e un simbolo per l’intero mondo libero. La speranza è che possa restare tale anche per il futuro, per noi, per l’Europa, per i popoli oppressi dalle tirannie, per tutti coloro che credono nella libertà e nell’amicizia con gli Stati Uniti in nome di un’alleanza che non è solo militare o economica, ma espressione di consonanza di ideali in cui riconoscersi e rispettarsi, di una visione condivisa della Storia e del mondo.
L’inversione di tendenza
Ci si chiede se questi solidi legami di amicizia, che hanno unito i due continenti, sopravviveranno intatti ai conflitti bellici che infiammano il pianeta, a partire dalla guerra in Ucraina, invasa e martoriata da tre anni. E ora arrivano le affermazioni sorprendenti del presidente Trump, che segnano una frattura assai più netta e marcata con il sostegno a Kiev sempre dato dal suo predecessore Biden (e questo oltre la loro rispettiva militanza politica). Si ha l’impressione che possa essere imboccata una deriva che inizi un’inversione di tendenza, nella direzione di un nuovo ordine mondiale che segni un distacco e una soccombenza dell’Europa e dell’Ucraina stessa.
Ucraina e Russia
La propaganda filoputiniana sembra aver inciso nel cambio di rotta della linea politica presidenziale degli Usa: non riguarda solo Trump ma il suo entourage, da Elon Musk a Marco Rubio, passando per J. D. Vance. Troppi segnali eloquenti: le raggelanti esternazioni del vicepresidente degli Stati Uniti, ritornato anche successivamente alla carica con un’intervista al Daily Mail, invitando Zelensky a piantarla (“Questa è la politica del presidente, non si basa sulla disinformazione ma sul fatto che Trump conosce molto bene la geopolitica”); le parole con cui il tycoon ha apostrofato il leader ucraino a suon di offese anche personali (“Dittatore mai eletto, comico modesto, vive nella disinformazione”). E poi il solito copione: l’Ucraina non doveva iniziare questa guerra; la popolarità di Zelensky è al 4%; servono nuove elezioni a Kiev; ci devono essere restituiti i 500 miliardi dati all’Ucraina e ciò avverrà con la cessione di parte delle terre rare; non è escluso che tra qualche anno l’Ucraina faccia parte integralmente della Russia, non può essere ammessa nella Nato.
Ucraina senza il sostegno degli Usa
Insomma, falsità inaccettabili e anticipazioni tendenziose e violente che ribaltano la realtà delle evidenze. Non una parola sul massacro dei civili, sulla deportazione dei bambini, sull’invasione russa iniziata unilateralmente il 24 febbraio 2022 e sul fatto che anche ora – nonostante Putin parli di pace – continui a bombardare l’Ucraina senza sosta e senza pietà. Improvvisamente e drammaticamente, l’Ucraina è rimasta senza il sostegno degli Usa a tre anni dall’inizio del massacro russo, mentre l’Europa è stordita e confusa, ancora una volta non consona al suo interno sul da farsi. Purtroppo l’uscita di Trump non è dovuta solo alla sua personalità aggressiva e dirompente (ma quanto aveva ragione Federico Fubini quando affermava che molte faccende politiche cui attribuiamo una lettura oggettivata andrebbero considerate al cospetto di uno psicanalista): di fatto, ormai, coincidono in modo sovrapponibile con le teorie di Putin, e la faccenda ucraina sembra un fardello di cui liberarsi presto per stabilire un nuovo ordine mondiale bipolare. Errore che la Storia non mancherà di rimarcare, presentando un conto salato non solo per gli Stati Uniti (che scelgono anche la via del protezionismo, dell’isolazionismo e dei dazi commerciali) ma per l’intero mondo occidentale e per gli equilibri geopolitici e demografici del pianeta.
Ora tocca all’Europa
L’Ucraina e l’Europa sono state tradite dalla Casa Bianca e messe all’angolo. L’idea stessa di democrazia è stata tradita, quella di The Donald non è più la nostra: sono stati calpestati in modo brutale i valori che dal Dopoguerra a oggi ci hanno accomunato e resi amici e alleati. Trump e Putin dicono le stesse cose, e questa fase critica non porterà a una pace giusta. Ora tocca all’Europa dimostrare di essere consapevole dei rischi che corre se l’Ucraina avrà negli Stati Uniti un nemico invece che un sostegno. E anche a casa nostra – dimora del filoputinismo più acceso – siamo attesi da scelte dirimenti che riguardano la Ue, i posizionamenti e le alleanze interne. Decidere chi essere, cosa dire e con chi stare in questa fase buia della Storia.
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