Il mondo del carcere, a Sassari convegno del Psi

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Da sinistra, il provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Sardegna Domenico Arena, il segretario provinciale del Psi Roberto Desini e il segretario cittadino Vinicio Tedde

Sassari. È stata la prima uscita ufficiale del nuovo provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Sardegna Domenico Arena, la prima occasione pubblica per conoscere la neoeletta garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Sassari Anna Cherchi ed è stata anche la prima volta che una forza politica – il Partito Socialista Italiano – ha avuto il merito di trattare, in un evento pubblico, un tema sensibile e complesso come quello dei carcerati. Lo scorso 15 febbraio la federazione provinciale e il direttivo cittadino del PSI (in collaborazione con l’Associazione Socialismo Diritti Riforme e la Garante Regionale dei Diritti delle Persone Private della Libertà Personale della Sardegna) hanno promosso nella Sala Angioy del Palazzo della Provincia Palazzo Sciuti un evento dedicato alla realtà carceraria, con particolare riferimento al carcere sassarese di Bancali, in cui, negli ultimi tempi, si sono manifestate evidenti criticità, talvolta sfociate in atti anticonservativi di diversi detenuti, nonché un diffuso disagio determinato dal sovraffollamento e dalla mancanza di pene alternative alla carcerazione tout court.

Erano presenti come relatori, oltre al segretario cittadino del Psi Vinicio Tedde (che ha introdotto i lavori del convegno) e al segretario provinciale Roberto Desini (che ha moderato e coordinato gli interventi e il dibattito), la garante dei diritti delle persone private della libertà personale della Sardegna Irene Testa, Maria Grazia Caligaris (presidente associazione “Socialismo Diritti Riforme), ma anche delegati e rappresentanti di altre realtà associative e di volontariato (sia civili che religiose) che, da diverso tempo, sono impegnate ed operano in tale difficile campo sociale: Domenico Arena (provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Sardegna, Giuseppe Mascia (sindaco di Sassari), Lalla Careddu (assessora alle Politiche Sociali Comune di Sassari), Vannina Masia (presidente Commissione Politiche Sociali Comune di Sassari), l’ex garante dei detenuti del Comune di Sassari Gianfranco Favini, don Gaetano Galia (cappellano del Carcere di Bancali), padre Salvatore Morittu e padre Stefano Gennari dell’Associazione “Mondo X”, Gianluca Carboni (presidente Comunità “Giovani in Cammino”), Giampaolo Cassitta (scrittore e giornalista), Andrea Dessì (scuola di Teatro “La Volpe Bianca”), Pietrina Putzolu (avvocato e presidente Federazione Provinciale Psi) e Matteo Piga (presidente dell’Associazione “Progetto Gensper Onlus”).

L’intervento del sindaco Giuseppe Mascia

Il tema che poteva essere considerato divisivo, soprattutto se trattato in “sede politica”, ha invece suscitato un notevole interesse, ponendo al centro del dibattito la precarietà di una condizione carceraria che a Sassari ha assunto dimensioni emergenziali a causa del sovraffollamento, della insufficiente assistenza sanitaria e psicologica all’interno del carcere e di un malessere diffuso trai detenuti e gli stessi agenti della polizia penitenziaria.

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Il segretario cittadino Vinicio Tedde e quello provinciale del Psi Roberto Desini, infatti, hanno ribadito che non può essere definita “divisiva”, né tantomeno deve essere sottaciuta una problematica come quella carceraria la quale, invece, deve essere posta al centro dell’agenda politica inerente ai diritti civili, al pari di quella che attiene alle politiche del lavoro, della sanità, dell’ambiente, della transizione energetica, della sicurezza etc.

L’autorevole richiamo fatto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio di fine anno agli italiani ne è un esempio concreto, quando afferma che: «Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione, che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere. Il sovraffollamento vi contrasta e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario. I detenuti devono poter respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine».

Papa Francesco, da parte sua, ha voluto richiamare la questione carceraria con un gesto altamente simbolico e carico di significato, andando ad aprire al carcere di Rebibbia seconda Porta Santa del Giubileo (subito dopo quella aperta in Vaticano), pronunciando parole altamente espressive: «Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi, che siamo qui dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude».

Il dibattito è stato arricchito dal contributo dei diversi relatori che hanno portato le loro esperienze come operatori sociali ed espressione del più autentico volontariato messo a disposizione, quotidianamente, a favore di chi all’interno degli istituti di pena soffre dei disagi sopra richiamati.

«La struttura carceraria – ha detto il sindaco Mascia – deve essere considerata non come un ambiente a sé stante e avulso dal contesto urbano. Il penitenziario di Bancali, viceversa, va inteso come una realtà con la quale è necessario confrontarsi in quanto portatrice di interessi e di necessità primarie, di fronte alle quali una società civile non può rimanere indifferente», sottolineando inoltre il ruolo che l’amministrazione comunale è chiamata a svolgere in tale specifico campo di azione.

Maria Grazia Caligaris, militante Socialista, da sempre impegnata in difesa delle ragioni dei detenuti e attivissima in tutti i campi dei diritti civili, ha posto l’accento sui tanti problemi che ancora oggi affliggono le carceri sarde a causa di un non più tollerabile sovraffollamento e sulle criticità gestionali per il sistema penitenziario sardo. La difficoltà di comunicazione e la carenza di mediatori culturali – ha detto la Caligaris – rendono più complesso il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria, specie nelle case circondariali. Inoltre, nonostante una sentenza della Corte Costituzionale abbia sancito il diritto all’affettività, la Sardegna non ha ancora avviato alcuna sperimentazione. La regione potrebbe giocare un ruolo chiave con spazi come quelli di Is Arenas, dove si potrebbe realizzare un progetto pilota a livello nazionale, citando anche il problema delle madri carcerate con figli in tenera età: un problema specifico ed ancora più peculiare all’interno della più ampia problematica del sovraffollamento.

Irene Testa, garante regionale, ha sottolineato, tra le tante altre informazioni relative alla questione carceraria, la difficile situazione presente nelle strutture carcerarie deputate sia alla detenzione comune che a quella del 41bis. Ha inoltre sottolineato il preoccupante aumento, anche nelle carceri della Sardegna, dei rischi suicidari tra i detenuti e la carenza dei necessari supporti psicologici per scongiurare possibili atti di autolesionismo. Altra criticità è quella relativa alla mancata applicazione del principio della territorialità della pena, insieme all’insufficiente organizzazione di corsi professionali sia all’interno delle strutture detentive sia nelle altre realtà collaterali.

La nuova garante dei detenuti del Comune di Sassari Anna Cherchi ha subito annunciato che si appresta a svolgere il suo delicato ruolo sapendo che il lavoro da fare è tanto, ma ribadendo che la sua azione sarà ispirata dalla consapevolezza che il carcere di Bancali fa parte di Sassari e che i detenuti sono cittadini come tutti gli altri. Per essi – ha detto la Garante – si dovrà realizzare una vera integrazione per far sì che tutti possano avere un’altra possibilità, praticando l’ascolto a favore delle persone all’interno della struttura e promuovendo diversi progetti da mettere in campo.

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Gli atti del convegno saranno resi disponibili dal Psi di Sassari, che porterà all’attenzione del sindaco e dell’Amministrazione comunale la proposta di istituire un tavolo permanente sulle problematiche del Carcere di Bancali, che abbia la finalità di monitorare la situazione ed il benessere all’interno dello stesso istituto di pena, attraverso il coinvolgimento diretto del direttore (o di un suo delegato), dell’assessora alle Politiche Sociali, della garante dei detenuti, di un rappresentante della Polizia Penitenziaria e di un esponente delle diverse realtà associative e di volontariato che quotidianamente sono impegnate concretamente sul campo.



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